Mentre salivo verso il campo 1, durante una sosta per recuperare il fiato ed alla ricerca di particelle d’ossigeno, mi è balzata alla mente un’immagine di qualche tempo addietro. Ricordo che si trattava di un bivacco su di una via di roccia sulle Pale di San Lucano, nelle Dolomiti. Sistemato il giaciglio, aperto il sacco da bivacco e accovacciatomi insieme al compagno di cordata, in controluce sul soffitto dell’anfratto di roccia che ci ospitava, apparve una coccinella che stava cercando di districarsi dalla tela di un ragno nella quale era rimasta imbrigliata, grazie a delle gocce d’umidità che colando dall’alto rendevano meno stringente l’intricato filo. I movimenti della coccinella, inizialmente, sembravano estremamente goffi ed inefficaci, forse paralizzati dal pericolo incombente, ma poi con l’aiuto delle gocce d’acqua pesanti sui fili, sgusciò con un battito d’ali.
Tentai di fotografare la scena con scarso successo, ma l’impressione nella memoria, quella rimase. Cerco ora di individuare quali siano le gocce d’umidità nella mia vita, tanto nelle esperienze alpinistiche, quanto negli intrecci di vita quotidiana.
Quante volte ci si sofferma sulle gocce d’umidità che ci soccorrono nei vari frangenti?
In questo ennesimo viaggio, qui sul ghiacciaio del Baltoro ai piedi di immani montagne, volente o nolente il diabete gioca la sua parte. La prima puntata verso l’alto mi ha presentato subito un conto salato: una bella iperglicemia. A quasi 6000 metri l’equilibrio glicemico per mantenersi efficienti risulta determinante. E’ sempre dura, ogni volta correggersi e ritrovare la motivazione. Quando il tempo non è dei migliori, le condizioni fisiche pure, il morale un po’ sotto tono, vado alla ricerca delle mie gocce di umidità, per continuare, per cercare di salire ancora. La salita di una montagna di 8000 metri è una questione di estenuanti tempi di attesa, per non dire di tempi morti, di alti e di bassi, una dimensione mentale che mette in discussione ed alle volte a dura prova. Ecco perchè cerco le mie gocce di umidità indispensabili come l’aria ricca di ossigeno della pianura. Che si tratti di una facile camminata o di una difficile parete da superare, il diabete rappresenta un fardello in più da tenere in debita considerazione. In alta quota il diabete significa poi peso in più, più fatica e fiato più corto. Anche qui al campo base le mie gocce d’umidità mi confortano liberandomi dalla tela delle difficoltà ambientali: la mia umidità è rappresentata dall’appoggio e dall’amore dei miei cari, dalla preparazione (fisica in primo luogo ma anche mentale), dalla conoscenza del diabete e dal suo autocontrollo e dalla terapia insulinica, poi dal senso di responsabilità verso me stesso e verso chi mi sta vicino.
Tiro il fiato, mi riposo ed attendo l’effetto della lispro. Il sole è già alto e non fa troppo freddo, le tendine del campo 1 sono già lasciate alle spalle. La disidratazione del momento è superata grazie a delle gocce d’umidità, così proseguo verso l’alto.
Marco.