
24 giugno: pennacchi e salsiccie
Quale giornata può essere migliore di una il cui mattino è salutato dal pennacchio dell’Etna stagliato sul cielo azzurro, il cui tramonto è allietato da un pennacchio di fumo che s’alza dalle salcicce arrostite sulle braci? Questi l’alfa e l’omega ora vediamo il resto dell’alfabeto.
La partenza è programmata per le 8.30 per cui ci si sveglia alle 6.30 per preparare gli zaini e liberarci delle cose che non servono per la giornata e che verranno trasportate direttamente al rifugio Monte Scavo da Giorgio Pace, membro del CAI, che fornisce il suo indispensabile supporto logistico per tutte le prenotazione e trasporti necessari per sviluppare il trekking.
L’Etna colpisce. Non è una montagna come le altre, non è roccia come la roccia delle alpi, i boschi frusciano nel vento come se attendessero qualcosa, le ginestre sono pennellate di Van Gogh sulla terra scorticata da colate laviche. Faggeti e pinete si succedono, si mescolano, le lingue del vulcano li tagliano, li sezionano, talvolta li ricoprono lasciando tronchi bruciacchiati a sbiancare al sole come ossa. L’aria è tersa anche se nell’allungarsi della giornata un velo di foschia confonde i contorni del panorama a valle.
Siamo in 19. Lungo il percorso della strada forestale il gruppo si sgrana e si ricompone ritmicamente. Qualcuno ha un passo più lento e va “motivato” a rimanere al passo con gli altri.
L’organizzatore del CAI ci ha messo a disposizione un pulmino che ci aspetterà nei pressi di Monte Maria, una delle decine di antiche bocche eruttive dell’Etna, per il pranzo, dove arriviamo attorno alle 13.45.
Le misurazioni della glicemia metodicamente registrate da Gustavo e Luciano già evidenziano l’efficacia della attività fisica continua sul controllo della glicemia ma aspetteremo le conclusioni dello studio. Tutti partiamo infatti un po’ più alti con la glicemia per evitare repentine ipoglicemie. Capita anche che qualcuno esagera o dimentica di farsi l’insulina e si trova a dover compensare glicemie piuttosto alte sotto il controllo del dr. D’Agati.
La fatica si fa sentire, dopo il pranzo a circa metà dei 20 km del percorso, facciamo salire Francesco Leone e Giuseppe sul furgone del CAI sono troppo stanchi ed andranno direttamente al rifugio, gli altri proseguono. La menzione d’onore è per il piccolo Giacomo, instancabile camminatore con il grande desiderio di raggiungere la cima del vulcano. Arriva stanco ma tranquillo.
Dopo cena si crea una particolare atmosfera con candele accese sul tavolo rotondo attorno al tronco che fa da pilastro principale del tetto. L’atmosfera è rilassata, calda, si scherza con i siciliani che parlano in veneto ed i veneti che fanno i picciotti. Ce n’è per tutti. Buonanotte.