3 gennaio 2004

3 gennaio 2004

Tempo inclemente e pive nel sacco! Per i nostri “scivolatori” è sfumato il tentativo di perlustrazione dell’altopiano Italia fino al Cerro Torino. Si sono svegliati in piena bufera, dopo una notte all’addiaccio, in tendina, bersagli involontari delle raffiche rabbiose del vento patagonico e della pioggia: ciò significa che le temperature non sono troppo rigide (un vantaggio), ma con il caldo la neve potrebbe mollare e quindi ostacolare il movimento (grosso svantaggio). Viste le condizioni proibitive hanno deciso, in ogni caso, di tornare sui propri passi: cosa non semplice da farsi con il tempo pessimo. Non sarà una prova facile e tranquilla discendere verso il bivacco nei pressi del Cerro Cristal con la slitta che spinge verso valle, con scarsissima visibilità e il rischio incombente di incappare nei crepacci disseminati lungo il ghiacciaio (quest’ultimi particolarmente presenti quando il piano ghiacciato subisce inclinazioni più o meno accentuate). Per quanto conosciamo Mattia, Ivan e Pietro sono ragazzi tosti, esperti, ma soprattutto prudenti. Ciò non significa annullare ogni eventualità di rischio, perché chi va in montagna e pratica l’alpinismo sa che questa alea c’è, può essere calcolata e prevenuta solo in parte, ma mai esclusa completamente. Rientra nelle scelte che ciascuno compie nella propria vita, assumendosi responsabilità precise, compresa quella di affardellarsi il diabete, con tutti i suoi contro ma anche con qualche pro: per esempio l’approfondita conoscenza delle reazioni del proprio corpo grazie al monitoraggio continuo effettuato con l’autocontrollo, condizione preliminare ed indispensabile per ideare progetti come quello che Mattia e gli altri stanno realizzando. Un alpinista diabetico può e deve accettare il fato, purché esso non sia inficiato da una scarsa consapevolezza dei limiti, da una approssimativa cura di se stesso. Parliamo di una pratica quotidiana di autodisciplina e di rigore, protratta negli anni, nel lungo e non nel breve periodo che però può dare riscontri più che positivi. Brutti vocaboli, che richiamano alla mente concetti come sacrificio e volontà di affrontare a viso aperto e quindi capire il diabete.
Il vantaggio di Mattia è che “si è preso per mano” fin da subito: lunga sarà per lui (come per tutti noi!) la strada verso un’approfondita conoscenza, ma i sogni fin’ora realizzati gli danno ampiamente ragione.

Hasta la vista

ADIQ