“Ho addosso, continuamente, un vivo senso di frustrazione. Ho provato a combattere. Ma contro chi? Di me, Don Quixote era molto meno sprovveduto e molto meno in difficoltà. Sapeva buttarsi contro i suoi mulini a vento.…Io sul lavoro ci passo, ci ho passato una vita. Contro quali ingranaggi me la devo prendere? E con quali speranze di successo? Tutti furbacchioni della stessa risma. E queste sarebbero le soddisfazioni dell’esistenza?”
(Armando Biancardi, “Rivista Mensile del C.A.I., maggio 1974)
5 gennaio 2004
Abbandonato il rifugio Pascal, situato al termine del ghiacciaio Upsala, Mattia, Ivan e Pietro, caricati gli sci e appese le slitte agli zaini, si sono incamminati verso l’Estancia Cristina. Hanno camminato per tutta la giornata, si sono accampati per l’ultima volta. Hanno compiuto una serie di azioni divenute quasi rituali dopo tanti giorni trascorsi isolati e solitari. Montare la tenda, sciogliere l’acqua sul forellino, fare e disfare la slitta, infilarsi nel sacco piuma e godere del suo caldo tepore; tutte queste “ultime volte” hanno un significato particolare e riescono a procurare strane sensazioni ed intime emozioni.
Non si sono ancora permessi il lusso di rilassarsi, almeno fino a quando non raggiungeranno l’approdo del traghetto che li condurrà al mondo civilizzato, a El Calafate, “Villa turistica” di seimilacinquencento anime posta sulla riva del Lago Argentino, a 300 chilometri circa di distanza da Rio Gallegos, capoluogo della provincia di Santa Cruz.
Hasta la vista.