Adolescenti e diabete: insieme anche a distanza

L’emergenza COVID e il distanziamento fisico che ne è conseguito ci ha costretti a molti cambiamenti: le attività che eravamo abituati a svolgere l’uno a contatto con l’altro, nella prossimità e nel contatto umano, si sono trasferite su piattaforme digitali. Anche i campi scuola.
Il primo campo scuola online per adolescenti col diabete è stato organizzato dall’equipe della pediatria diabetologica del Policlinico di Sant’OrsolaMalpighi di Bolognadiretta dal professor Andrea Pession e dai dottori Stefano Zucchini e Giulio Maltoni, dal 7 all’11 settembre 2020. 

La proposta di un campo scuola online trae ispirazione dall’efficacia dell’utilizzo della telemedicina e della formazione a distanza quali valide alternative di formazione e cura all’esperienza sul campo. Il progetto è frutto della collaborazione tra AGD (Associazione Giovani Diabetici) Bologna, la pedagogista Natalia Piana e la diabetologia pediatrica dell’Ospedale S. Orsola-Malpighi ed è stato realizzato con il contributo incondizionato di Ascensia. 

Ne abbiamo parlato con la dottoressa Natalia Piana, pedagogista e formatrice, esperta in metodologie e pratiche autobiografiche e medicina narrativa nell’educazione terapeutica di pazienti affetti da diabete.

Come è nata l’idea? 
“Nello scenario che si presentava, ovvero l’impossibilità di svolgere il nostro consueto campus in presenza, sono stati il dott. Giulio Maltoni e il dott. Stefano Zucchini a proporre di svolgerlo a distanza, per garantire l’aiuto e il supporto agli adolescenti, in questa situazione generale di disorientamento: se è vero che il diabete già di per sé rischia di portare a sentirsi isolati, tanto più in questo distanziamento sociale diventa necessario mantenersi in contatto”.

Optare per il digitale è stata una scelta difficile?
“È stato un esperimento. Il punto di forza dei campi scuola è proprio quello della vicinanza, per questo inizialmente avevo qualche timore rispetto alla modalità a distanza. Invece posso dire che è andata meglio di quanto mi aspettassi. Anche sullo schermo siamo riusciti a creare quella grande intimità tra i partecipanti e la serietà nell’impegno che contraddistingue i campi. Anzi, a pensarci bene la modalità a distanza ha ridotto alcuni elementi di distrazione, quando per esempio nel gruppo qualcuno chiacchiera o è particolarmente agitato. A distanza, tutti erano individualmente chiamati alla presenza”.

Come era organizzato il corso? Quale il programma?
“Abbiamo mantenuto lo stesso format del campus tradizionale per quello che riguarda l’attività educativa in gruppo: dal lunedì al venerdì, tutti i pomeriggi ci siamo riuniti per 2 ore, per garantire continuità all’intervento e alla partecipazione. Il numero di partecipanti era limitato a 10 ragazzi proprio per avere la sicurezza di una buona organizzazione e gestione del gruppo. Abbiamo preparato il setting, una serie di spunti e di stimoli, un programma di massima. Partiamo sempre con un canestro di proposte, ma poi il lavoro segue il gruppo: se emergono temi “fuori programma” ci fermiamo ad approfondirli e il programma si adatta. Ci confrontiamo sempre con le paure, i disagi e con le risorse. Come in un viaggio dantesco si parte dagli inferi, si impara insieme a guardare il dolore, a nominarlo e affrontarlo, ma poi si arriva a esplorare strategie e possibilità, e, a volte, se possibile, a far emergere che cosa di positivo il diabete può aver portato nella vita.
A questo si affianca il contributo indispensabile del dott. Giulio Maltoni che, con grande competenza umana e scientifica, affronta i problemi legati alla gestione del diabete in una fase evolutiva così delicata e complessa quale quella dell’adolescenza: non soltanto ipo e iperglicemia, focus su alimentazione e attività motoria, ma anche gestione del diabete nelle tante, prevedibili ‘prime volte’ dell’adolescenza. In questo modo i ragazzi acquisiscono anche una maggiore competenza e sicurezza tecnica”. 

Come avete sfruttato le opportunità della tecnologia?
“Ascensia ci ha offerto la formazione tecnica per l’utilizzo della piattaforma. Conoscere gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione ci ha permesso di sfruttarli al meglio. Per esempio è stato molto facile organizzare tutti i materiali, immagini, video, musica, che abitualmente uso come spunti di narrazione: mi bastava raccogliere tutti i link in anticipo e poi condividerli in chat, avendo ben chiaro il tempo necessario per la fuizione del testo/video, prima di ritrovarci tutti in video. È servito a dare ritmo e a ottimizzare la gestione dei tempi. Un altro strumento indispensabile è stato quello di poter coinvolgere i ragazzi in momenti di riflessione e scrittura personali garantendo l’anonimato dei testi e dunque la libertà espressiva e la tutela della propria sensibilità, ma avendo comunque la possibilità di condividere le scritture in gruppo grazie alla creazione di form strutturati ad hocsulla piattaforma”.

Qual è stato l’impatto della pandemia per il gruppo di adolescenti che hanno partecipato?
“Durante il primo incontro abbiamo proposto una riflessione proprio sul momento di eccezionalità e crisi che stiamo vivendo a causa del COVID, attraverso riflessioni e scritture focalizzate sulle criticità e le risorse personali. Abbiamo usato la crisi esplosa con la pandemia per capire come ciascuno di noi affronta le situazioni difficili, le paure e le incertezze. Modalità cosiddette di coping che ciascuno di noi agisce a fronte di difficoltà o crisi, incluse quelle legate al diabete. Abbiamo “usato” il COVID per costruire maggiore consapevolezza su noi stessi e il nostro modo di funzionare. Abbiamo domandato ai ragazzi di condividere le proprie esperienze di questo periodo, i cambiamenti nello stile di vita e nelle abitudini quotidiane e che cosa si sono “inventati” per affrontarlo al meglio. Grazie a questo lavoro di gruppo, ciascuno ha potuto attingere alle risorse e alle strategie utilizzate dagli altri”.

Leggendo il programma del corso mi ha molto colpito il tema delle “stanze”. Potresti spiegarci in che modo lo avete affrontato?
“Uno degli aspetti eccezionali del campus online è stata la possibilità di incontrare i ragazzi nelle loro stanze, quelle fisiche, attraverso il video. Una stanza racconta la persona che la abita: lo stile dell’arredamento, i colori, la presenza di strumenti musicali o di poster legati a passioni o interessi, la convivenza con un fratello o la presenza di qualche animale domestico. Abbiamo sfruttato questo setting per connotare le caratteristiche individuali e favorire la conoscenza reciproca. Siamo partiti dalla descrizione delle stanze fisiche, esteriori, per accedere gradualmente e dolcemente alle “stanze interiori”, incoraggiando i ragazzi a raccontare di sé e della propria vita con il diabete”.

Qual è stata la risposta dei partecipanti?
“La risposta dei ragazzi è stata ottima, per molti aspetti sovrapponibile a quella dei campi in presenza: abbiamo ritrovato la stessa capacità di confidarsi, di emozionarsi. Anche i ragazzi hanno manifestato una capacità di raccontarsi che solitamente è prerogativa delle ragazze. In poco tempo siamo stati in grado di cogliere le specifiche caratteristiche di ciascun membro del gruppo e ci siamo “adottati” a vicenda: per esempio quando il ragazzo che sembrava il più spavaldo si lascia andare a manifestare il suo senso di solitudine o quando un altro racconta della solitudine vissuta in famiglia a causa della mancata integrazione dei momenti di cura nella routine dei familiari… ecco che tutto il gruppo si stringe intorno al ragazzo che si racconta. 
In particolare, i ragazzi hanno trovato il coraggio di affrontare quella che in questa fase della vita è una delle principali criticità: la socialità. Come portare il diabete da quella stanza interiore, nelle stanze “esteriori”, in particolare quelle della scuola, dove è spesso fonte di imbarazzo, di vergogna e di stigma? 
Alla fine del campus il risultato è un senso di rinnovata energia, una ricarica buona che dà speranza e fiducia, un rinnovato coraggio ad affrontare il mondo e gli altri”.

Lo ripeterete? 
“A fine novembre riproporremo un campo dedicato ai genitori di adolescenti e stiamo immaginando per gennaio un campo per i genitori di bambini più piccoli. Il campus online è un’alternativa in una situazione di eccezionalità ma si è dimostrata un’alternativa efficace e sono molto grata di aver avuto l’occasione di sperimentarla. Mi auguro che anche altre diabetologie pediatriche possano provarci, per colmare il vuoto che si è creato. Vale la pena provare, non c’è nulla da perdere! Anzi, i campus online hanno indubbi vantaggi in termini organizzativi e di costi. In futuro, il campus online potrebbe essere anche una modalità da integrare con i campi in presenza per garantire la continuità del contatto, con un impatto significativo sulla qualità della cura e della vita”.

A cura di Francesca Memini