Dal 2004 è cresciuto il livello di qualità dei centri diabetologici sul territorio nazionale: oggi i pazienti sono curati meglio e hanno un minore rischio di complicanze. Lo stabilisce il rapporto annuale dell’AMD, Associazione Medici Diabetologi, che fotografa la situazione in Italia in termini di assistenza e qualità delle cure prescritte ai pazienti con diabete di tipo 1. A promuovere nel 2011 i centri di riferimento nazionali è il valore dell’indice Q che valuta diversi parametri di ‘qualità’. Il centro diabetologico ‘ideale’, ad esempio, monitora regolarmente i propri pazienti attraverso la misurazione di emoglobina glicosilata, pressione arteriosa, profilo lipidico e microalbuminuria, parametri fondamentali per delineare l’andamento del quadro clinico individuale e prevedere l’insorgenza di complicanze legate alla malattia diabetica. Inoltre, le cure prescritte presso un centro di qualità si dimostrano efficaci nel mantenere HbA1c al di sotto dell’8%, la pressione inferiore a 140/90mmHg, colesterolo LDL a meno di 130mg/dl e comprendono anche l’adozione di farmaci adatti alla protezione renale in caso di microalbuminuria.
“Dal 2004 ad oggi è cresciuto di quasi la metà, dal 28,3% al 41%, il numero di persone con diabete di tipo 1 con indice Q superiore a 25, che sono quindi curati bene, con minor rischio di complicanze – commenta Giacomo Vespasiani, coordinatore dell’équipe che dal 2006 produce il documento – Contemporaneamente è sceso da 11,5% a meno di 8%, quelle con indice Q inferiore a 15. Un altro dato di grande rilievo è il cambio di approccio alla malattia avvenuto in questi anni. Non ci si preoccupa più soltanto di tenere sotto controllo la glicemia, ma si dedica maggiore attenzione a tutti i parametri di una condizione multifattoriale come il diabete: è cresciuto, ad esempio, dal 50 al 72% il numero di persone cui viene controllato il profilo lipidico, che nel 40% dei casi è ricondotto alla normalità; stesso discorso per l’ipertensione. Ma crescono significativamente anche il numero di persone con diabete di tipo 1 controllate sistematicamente per valutare le complicanze al rene (+20%), alla vista (+45%) e ai piedi, anche se occorre segnalare come quest’ultima rappresenti ancora una ‘cenerentola’, con solo il 17,7% dei controlli sul totale”.
Gli Annali AMD, questo il nome del rapporto annuale pubblicato dall’associazione medica, fotografano la situazione italiana sulla base di un database che registra, oggi, i profili di oltre 500 mila persone con il diabete e oltre 300 centri di diabetologia. Dall’ultima versione del documento in Italia il 54,5% delle persone con diabete di tipo 1 è maschio, il 29,7% ha meno di 35 anni, il 57,2% tra 36 e 65, ma ben il 13,1% più di 66, con quasi il 5% oltre i 75 anni.
Cinzia Pozzi
24 ottobre 2012 [FONTE: Infosalute]