Andrea Chiandotto, una vita sulla bicicletta e un matrimonio nel quale dolcezze e glicemia pedalano insieme

“Lessico famigliare” è un famoso libro di Natalia Ginzburg nel quale viene narrata la cronaca della sua famiglia, non soltanto basandosi su avvenimenti storici, ma anche e soprattutto attraverso abitudini, atteggiamenti, modi di dire, parole che ricorrono all’interno di ogni nucleo famigliare, creandone un tessuto linguistico immediatamente riconoscibile e codificabile per tutti i membri che ne fanno parte.

Di Andrea Chiandotto potrei dire che pratica ciclismo agonistico, che si è girato mezza Europa e mezza Italia in bicicletta, che si allena praticamente ogni giorno, per molte ore, e che il ciclismo l’ha aiutato e l’ha salvato allo stesso tempo.
Potrei stare a parlare tutto il tempo dell’ultima impresa, ovvero il tour del Triveneto, al quale ha partecipato anche Erica, sua moglie, e che ha visto coinvolti, oltre a loro due, altri 5 ciclisti con diabete.
Eppure, è proprio sulla parola moglie che vorrei soffermarmi.
Perché mi interessa capire come cambia il lessico famigliare tra due persone che devono gestire quotidianamente il proprio diabete e quello della persona che amano.

“Siamo in quattro”, ride Andrea,“io, Erica, il mio diabete e il suo… A volte si parla solo di numeri…”
Sì, perché forse, chiedersi come va la glicemia è molto più di augurarsi il buongiorno.
Assomiglia più a un “Come stai?”
O ancor meglio a: “Se non stai bene, non preoccuparti… Ora sistemiamo le cose”.
“Essere entrambi diabetici non è un peso, anzi. Ci offre la possibilità costante di confrontarci e di confortarci nei momenti di malessere. Perché il diabete incide profondamente anche sul comportamento, sull’emotività. Ti porta dall’euforia alla nevrosi. Un tempo, appena ci siamo conosciuti, ognuno gestiva le proprie ipoglicemie, ma ora no. Adesso le viviamo come coppia, le superiamo insieme”.
E mi racconta, Andrea, di quanto questa profonda condivisione renda profondo tutto, e alla mia provocatoria domanda “C’è qualcosa che il diabete ti ha dato?”, risponde senza esitare: “Mi ha dato Erica.”
E mi sembra ci sia poco da aggiungere.

Un incontro reso possibile da un concatenarsi di fortuite casualità (se così vogliamo considerarle): a entrambi viene segnalata una diabetologa a Monfalcone, entrambi ci vanno, entrambi iniziano a seguire un gruppo sui social, entrambi sono stanchi e spossati dalla difficile gestione del diabete, entrambi amano lo sport, la natura e – non ultimo – la vita.
Se non si accende una scintilla tra due persone così, ditemi voi quando.
Il lessico famigliare include la famigliarità con una patologia, che ha bisogno di tempo, pazienza e forza per essere compresa e accettata.

Per Andrea c’è voluta tutta la determinazione di cui era capace, con un esordio a 7 anni, in un momento storico che lui considera – a livello sanitario – preistoria, tratteggiato dalla sistematica mancanza di informazioni precise, dalla glicemia che saltava alle stelle, dalla completa inconsapevolezza di cosa fosse la conta dei carboidrati, da risultati che non arrivavano mai. Ma questa visita a Monfalcone, me la descrive come un cambio radicale: “Mi trovavo in alto mare da una vita e finalmente ho visto una spiaggia”, e da lì inizia una ricerca continua, il cui obiettivo è star bene.

“Come hai vissuto questo tour del Triveneto? Tu, da ciclista agonista eri certamente più preparato alla fatica”.
“La fatica è stata rallentare un po’ il passo. Eppure mi ha arricchito. Ho avuto modo di guardarmi intorno, di aiutare le persone che mi erano di fianco, magari preda di crolli psico-fisici, e ho sentito chiaramente, che in realtà erano loro ad aiutare me. Il gruppo è stato la nostra forza”.
Ecco perché ora, l’idea che si evince dalle sue parole è quella di dare continuità a questa esperienza, portando un chiaro messaggio anche nei luoghi dell’Italia dove c’è meno disponibilità dal punto di vista sanitario.
“Nessuna persona col diabete deve avere l’impressione di essere solo, mai.”
Ottime parole, di un ottimo – esteso – lessico famigliare.

A cosa di Patrizia Dall’Argine