Cibo d’asporto e diabete

A fine di una giornata intensa di lavoro l’unica cosa che ci vuole è un po’ di relax e una bella cena. Peccato che il frigorifero abbia l’eco ed è troppo tardi per una spesa. Ma sulla strada di casa c’è sempre la salvezza in formato pizza o sushi, per i più moderni. È così che l’appuntamento serale domestico ormai è diventato, per molti, un ripiego su cibi pronti d’asporto. Quanto è diffuso questo fenomeno in Italia? Chi consuma spesso cibo d’asporto rischia di più di sviluppare malattie metaboliche, come obesità e diabete?

I numeri del cibo d’asporto in Italia. In barba alla crisi, tra le principali attività artigianali che secondo la Camera di Commercio hanno vissuto un momento di espansione ci sono pizzerie al trancio, gastronomie, rosticcerie e friggitorie. Siamo diventati dipendenti? Di certo, visto il ritmo degli ultimi tempi, forse ci stiamo abbandonando alle comodità del cibo d’asporto. Vuoi poi che, per alcuni cibi, c’è anche una questione di risparmio per cui il “pronto, sfizioso e poco costoso” ci conquista sempre più spesso. Ora, poi, sono nate le “food delivery”, un aggregatore di locali che fa consegne in autonomia, una specie di mercato online degli affari che fa da ponte tra produttore, il ristorante, e il consumatore chiedendo una piccola percentuale su ogni vendita.

take awayQuale cibo va di più. Le aziende di food delivery ormai sono solidamente organizzate su internet, capaci di raggruppare centinaia di ristoranti da diverse città italiane ed offrire una decina di cucine diverse. Secondo i dati forniti da una di queste aziende, in Italia la cucina più in voga è l’etnico, con il 22% di fatturato nell’ultimo anno, con la città di Bologna a beneficiarne di più (52%). In Lombardia, invece, va di moda l’internazionale tra sushi-cinese e americano. Si può gustare un bel piatto di sushi nel salotto di casa propria, magari con la forchetta al posto delle bacchette, perché al ristorante ci si vergogna di chiederla. Il consumatore tipo è spesso lo studente universitario o un lavoratore under 35. Ma io personalmente ho consumato molti spaghetti di soia insieme a mia mamma. Ma la pizza? Per fortuna sembra reggere il confronto. Se mai la nazionalità cambia nel pizzaiolo, bravo sì ma non più italiano.

Attenzione a cuore e diabete. Chi consuma cibo d’asporto 2 o più volte alla settimana aumenta il rischio di soffrire di patologie cardiache e diabete. È quanto sostiene uno studio pubblicato su European Journal of Clinical Nutrition e condotto dai ricercatori dell’Università della Tasmania, in Australia. I ricercatori hanno studiato le abitudini alimentari di circa 1900 uomini e donne di età tra i 26 e i 36 anni, tenendo conto del peso, dell’indice di massa corporea ed effettuando esami del sangue per i parametri associati al rischio di sviluppare disturbi metabolici o cardiaci. Tra i partecipanti allo studio, il 40% degli uomini e il 20% delle donne erano soliti mangiare due o più volte fuori casa. Dalle analisi del sangue, soprattutto le donne hanno mostrato l’insorgenza di resistenza all’insulina, segnalata da una glicemia più elevata e dalla presenza di una maggiore concentrazione di insulina nel sangue. Una bandiera rossa che segnala il possibile rischio di sviluppare insulina.  La minaccia per il cuore, invece, arriva dal riscontro nel sangue di elevate quantità di grassi.

Come combattere questi rischi? Il Regno Unito si sta già mobilitando per far fronte a questa moda a rischio salute, e i suoi risultati pubblicati sulla rivista scientifica British Medical Journal (vedi “Cibo d’asporto: lontano dagli occhi, lontani da obesità”), ci dicono che basterebbe limitare il numero di negozi o ristoranti che fanno servizio d’asporto. Un piccolo suggerimento, che però non può essere messo in pratica da noi cittadini. A noi basterebbe un po’ più di buon senso: cibo pronto ogni tanto, e molta più della nostra buona tavola, apparecchiata da moderazione ed equilibrio.

Alessandra Gilardini