Dal diario di Mattia: riflessioni sulla spedizione

Svalbard Ski Tour 2007

Ormai è una settimana che i ghiacciai del polo non sono più il nostro terreno di scoperta, in sottofondo metto una canzone dal ritmo lento e dolce (‘Time has told me’, Nick Drake) e i pensieri corrono lontano.
Il nostro piccolo viaggio è nato come sempre: guardando il mappamondo e le mille fotografie nascoste sul web. A questo si è fusa poi la voglia di sognare e di toccare con mano, il tutto è stato condito da un po’ di spirito d’avventura e da una instancabile voglia di scoprire. Il gioco era già fatto a metà, non restava che mettersi la roba in spalle e partire.
Con l’appoggio di molti amici e conoscenti, di Alpinisti Diabetici In Quota e di Bayer, l’idea ed il sogno delle Svalbard si sono trasformati nella realtà che puntualmente vi è stata raccontata su questo sito.

Ora ci sono i ricordi e le emozioni, gli occhi incantati davanti ai paesaggi e le piccole scoperte.
Durante questa avventura vissuta con un gruppo stupendo di amici, ho assaporato la fragilità della condizione di diabetico, ho toccato con mano l’importanza dell’attività fisica nella cura della malattia ma soprattutto per l’ennesima volta ho consolidato la convinzione che un attenta preparazione terapeutica e una autentica preparazione fisica possono essere la chiave di entrata della porta di ogni aspirazione.

Percorrere 20 Km di media al giorno in un territorio polare, bardato e protetto da strati di vestiti, lontano da ogni cosa, con una slitta di 40 Kg attaccata alla vita, un bagaglio completo e un apporto totale calorico determinato e non modificabile sono stati una sfida particolare. La gestione del diabete è mutata giorno per giorno, imponendomi flessibilità e un pizzico di sfacciataggine nei confronti delle ordinarie regole di controllo. Modificare le terapie, fare il counting dei carboidrati e valutare lo sforzo effettuato sono stati i problemi principali ai quali rivolgevo una buona parte dei pensieri quotidiani, il resto era stare a bocca aperta di fronte all’infinità della terra polare.
Là l’uomo, diabetico o no, è fragile, legato al suo fardello: al piumino, alle muffole, al fornello per cucinare, alle provviste, alla tenda, ad uno sci in buono stato, alla solidità della slitta, alla necessità di difendersi da un potenziale predatore qual è l’orso bianco. In questi frangenti la condizione di diabetico si fonde con i mille impegni quotidiani, il ritmo dei pasti viene modificato, le calorie ingerite se ne vanno alla velocità di discesa della colonnina di mercurio, la dispensa nella slitta si svuota velocemente senza possibilità di riempirla.

Ti trovi allora a contemplare quel paesaggio infinito con una nuova attenzione di te: meticolosa, estremamente puntuale e particolareggiata, lungimirante e, a volte, un pelo spudorata. Ridurre la quantità totale di insulina dell’80% non è stato semplice perché questo ha significato eliminare delle iniezioni, eliminare quindi dei punti fissi che ormai da anni scandiscono la mia giornata.
Abbandonare il rapporto 70 mg/dL di zucchero = 1 unità mi ha lasciato a bocca aperta per poi dopo dodici ore trasportarmi nella versatilità che una tale condizione permette. Il controllo della glicemia effettuato 10 volte al giorno è stato il supporto necessario affinché le sensazioni avessero un riscontro valido e reale.
Estraevo insuline e strumenti dalle speciali tasche a contatto della pelle e in velocità, togliendo i guanti, effettuavo la glicemia o facevo l’iniezione; riponevo poi l’occorrente di nuovo al caldo sotto i vestiti.
La validità della strumentazione in mio possesso Elite®, Elite XL® e Breeze 2® (grazie Bayer!!) mi ha permesso, nonostante le condizioni particolarmente avverse di funzionamento, di fare completo affidamento sui dati che visualizzavo e sui quali basavo le mie decisioni.
I giorni passati al polo restano per me la dimostrazione di come una sana attività fisica, anche se non praticata con tanta intensità, mi possa dare una libertà di vita inaspettata. Ecco che allora la terapia diventa un meccanismo attraverso il quale gioco con il mondo ed i suoi paesaggi, un piacevole momento di controllo per  dare forza allo strumento del viaggio: il mio corpo.
Le Svalbard sono il regno dei ghiacci, delle montagne a punta rocciosa e delle distese di ghiaccio che si fondono con il mare ghiacciato, sono il regno degli orsi con i quali fortunatamente non abbiamo fatto incontri, sono il regno della neve compatta e degli sci che vi scivolano velocemente ma soprattutto sono, in questo periodo, il regno del sole che splende per 24 ore.
Giorno e “notte”, la nostra più grande fonte di energia ci seguiva, rimanendo alta all’orizzonte ogni istante e girando in tondo, modificando la neve, le ombre e le visuali.
Con il sole alto ci addormentavamo la sera e con il sole alto ci svegliavamo la mattina, ricaricati e pronti per un nuovo percorso.
Smontavamo il campo, stipavamo il materiale nelle slitte e camminavamo per 8/9 ore fermandoci ogni tanto per rifocillarci, fare qualche foto, sorridere per una scena buffa o per qualche battuta. Il ritmo del cammino era scandito dalla canzone di qualcuno o dal fischiettare di qualcun altro, alle sei e mezza fermavamo la carovana costruivamo con le pale un riparo e piantavamo le tende, si cenava, si scioglieva la neve per avere l’acqua da bere e si crollava in un sonno profondo.
Questa è stata la nostra vita in questi 12 giorni di immersione polare, una vita che ci ha permesso di esplorare a nostro modo un ambiente stupendo e particolare, di guardare alla bellezza della natura ed ancora rimanerne stupiti.
Ora dal balcone di casa guardo il sole che lascia l’orizzonte e vorrei tanto che non se ne andasse, vorrei lasciarlo lì per assaporare di nuovo quel senso di libertà che un paesaggio spoglio di civiltà può dare. Ascolto l’ennesima canzone della giornata come se fosse il vento che soffia da nord: “ormai è ora di montare la tenda, la stanchezza si fa sentire”.

Buon viaggio
Mattia

In pillole
Di seguito riporto alcuni dati che sintetizzano le condizioni ed il tipo di esperienza vissuta.
Km percorsi: 200
Temperatura media: – 10 ° C difficile stimare quella percepita data la presenza di vento
Latitudine raggiunta: 78° 39’ 35’’
Riduzioni terapeutiche: 80 %
Apporto calorico giornaliero medio: 2500 Kcal
Ho inserito in un grafico i dati raccolti:

L’andamento della linea rossa mostra le variazioni totali di apporto insulinico, la linea gialla le calorie ingerite (per problemi di scala del grafico divise per 100) mentre la linea arancione i Km percorsi che sono indice dello sforzo effettuato.
L’apporto calorico è stato praticamente costante e di quantità non eccessiva date le particolari condizioni climatiche e ambientali che ci vincolavano ad avere un bagaglio ridotto. Guardando il grafico si capisce come l’intensità dello sforzo abbia influito sulla gestione quotidiana in maniera costante suscitando aumenti ed abbassamenti della terapia con benefici che si prolungavano anche oltre le giornate di sforzo. L’aumento della terapia infatti avviene successivamente al periodo di rallentamento evidenziando come l’attività fisica abbia dei benefici sull’efficienza dell’insulina che si protraggono nel tempo.
Un alimentazione controllata e cosciente dal punto di vista calorico permette di eliminare le incognite legate alla tipologia di cibo e di ragionare solo ed esclusivamente sulle variazioni di terapia in ragione della fatica da svolgere.