L’autoironia ci salverà. Quando ridere di sé stessi e della propria patologia è terapeutico

Cosa salverà il mondo? Secondo David, l’autoironia. Questo ci salverà.
“Sdrammatizzare fa bene alla salute”, mi dice. E non solo lo dice: lo fa.
Lo fa quasi quotidianamente sulla sua pagina Instagram, @diabetiamo2.0, nella quale, con il suo irresistibile accento napoletano, mostra gli alti e i bassi della vita di un diabetico, che si snoda tra pregiudizi da combattere e pratiche salvavita da normalizzare.

David è diabetico dal 2018. In un tempo brevissimo dimagrisce 20 kg.
Sta male ma non riesce a capire cosa sia. È diabete. Prima ancora dell’accertamento delle analisi, che attestano 380 di glicemia, è internet che lo annuncia. I sintomi sono talmente chiari, che il responso suona inevitabile.
Al tempo, David aveva 28 anni e lavorava come barman.
“E com’è cambiata la tua vita?”, gli chiedo. “Paradossalmente ora faccio una vita più normale. Prima, lavorando di notte, passavo la giornata a letto, mangiavo quello che capitava senza alcuna cura. A volte penso che il diabete sia stato un grande segnale e che in un qualche modo mi abbia salvato da altre patologie. Ora, nonostante continui con lo stesso lavoro, mi sveglio alle 9, sono attento alla mia alimentazione e alla salute. Ho dovuto attraversare un periodo di pesante transizione. L’accettazione del diabete non è stata immediata, anzi. E come potrebbe esserlo? Eppure resta la cosa più importante. Credo che difficilmente si possa arrivare a un’accettazione completa, del 100%, ma più la nostra percentuale sarà alta e più sarà semplice.
Ho imparato a non fare la guerra al mio diabete, ma a cercare di vivere in simbiosi, che non significa vivere per il diabete, ma vivere con”.

“Ora mi rendo conto che parte della mia accettazione è legato alla realizzazione della pagina Instagram. Eravamo in piena pandemia. Ero a casa, solo, e ho pensato: ‘Devo usare la mia vita in modo produttivo. Parlerò della mia patologia. Utilizzerò la pagina come sfogo personale, ma anche condiviso’. E in effetti in molti hanno trovato in quella pagina una voce che volevano ascoltare. Il dolore se condiviso è più lieve. Per questo io rispondo sempre a tutte le persone che mi scrivono. Lo faccio cosciente del tempo che necessita – che è molto – ma lo considero doveroso. Ci sono muri da abbattere, e i social servono anche a questo”.

Mentre David parla, penso al male che tutti i non detti del mondo producono.
I non detti di una patologia portano ignoranza. L’ignoranza si nutre di sé stessa, si autogenera dalla sua stessa materia, si crogiola dentro credenze limitanti e pregiudizi incrollabili, si spertica nella creazione di opinioni non richieste dure e pesanti come macigni e si basa su nozioni che non si posseggono. L’ignoranza è tremendamente comoda, sinuosa e suadente ed è sorella gemella del giudizio. Un binomio letale.

David ha sentito l’urgenza di aprire una pagina anche a seguito di un video pubblicato tempo fa. Seduto al ristorante con amici, si faceva l’insulina.
I commenti di disprezzo non si sono fatti attendere. “Ma non ti vergogni?”, “Sei indecente”, “Ma ti sembra il caso?”.
Ignoranza e giudizio. Binomio letale.
La risposta di David non si è fatta attendere. Altri video, altra insulina al ristorante, all’aperto, in luoghi pubblici e affollati. La sua è una pagina per diabetici e per normoglicemici. Per condividere informazioni e buone pratiche.
Per tutti quei non detti che una volta detti, ci fanno capire quanto distanti eravamo dalla verità.

Da lì si parte. Anche se la partenza è in salita, come la diagnosi di una patologia cronica.
E da lì si impara, soprattutto grazie a coloro che si mettono a disposizione per insegnarcelo.

A cura di Patrizia Dall’Argine