Diabete di tipo 2 e motivazione nell’esercizio fisico, è fondamentale un “ambiente gentile e sicuro”

Ormai è assodato: il movimento fa bene al corpo e alla mente e l’attività fisica rappresenta un importante fattore protettivo per l’insorgenza di molte malattie, oltre a migliorare la gestione e il decorso di numerose condizioni croniche. 
Questo vale anche per il diabete: sempre più evidenze scientifiche, infatti, mettono in luce come l’esercizio fisico svolga un ruolo cruciale nel controllo della glicemia e nella cura di diversi aspetti legati a questa condizione. In effetti, proprio come nella popolazione generale, si raccomanda alle persone con diabete di tipo 2 di fare almeno 30 minuti di attività fisica al giorno, meglio se supervisionata e sotto forma allenamento aerobico e di forza combinati. Eppure, esiste un grande ostacolo al raggiungimento di questo obiettivo: l’aderenza al trattamento stesso e la sua sostenibilità a lungo termine; in altre parole, per molte persone, specie quelle con complicanze di salute legate a condizioni croniche come il diabete di tipo 2, modificare il proprio stile di vita a favore di un maggior livello di attività fisica è difficile.

Come avere uno stile di vita più attivo?

D’altro canto, finora non vi sono molte conoscenze sulla progettazione di interventi di esercizio fisico che promuovano la partecipazione, la motivazione e l’adesione a cambiamenti dello stile di vita per i pazienti con diabete di tipo 2. A questo riguardo, le linee guida internazionali raccomandano che i cambiamenti dello stile di vita siano promossi attraverso l’educazione e il supporto all’autogestione del diabete incentrati sul paziente stesso e sulle sue preferenze, bisogni e valori. 
Questo vale anche per quanto riguarda l’esercizio fisico: ecco perché un recente studio danese ha voluto indagare i bisogni, le barriere e la motivazione relativi all’esercizio fisico tra le persone con diabete di tipo 2 per adattare e sviluppare nuovi tipi di lezioni di ginnastica personalizzate e supervisionate all’interno di cure specialistiche per questa condizione. Secondo lo studio, la motivazione sembra trasformarsi da uno stato iniziale di incertezza in uno stato di determinazione più forte, se supportata da un ambiente definito sicuro e gentile

Lo studio si inserisce all’interno di un’iniziativa, durata tre anni in tre ospedali danesi, di trattamento supplementarecon esercizio fisico nella cura specializzata del diabete, che mirava a sviluppare interventi centrati sui pazienti e rivolti a individui con complicanze del diabete di tipo 2. In particolare, nel corso dei tre anni, sono state offerte ai partecipanti allo studio 24 sessioni supervisionate di esercizio fisico di gruppo, che comprendevano un allenamento combinato aerobico e di forza. Contestualmente, sono state indagate le prospettive di 30 partecipanti di età compresa tra 49 e 88 anni attraverso interviste semi-strutturate e focus group, analizzate attraverso analisi tematica riflessiva. 

L’importante è iniziare

Inizialmente i partecipanti hanno descritto aspetti comportamentali, fisici e mentali associati al diabete di tipo 2, riflettendo su come uno stile di vita sedentario abbia potuto contribuire al suo sviluppo (“potrebbe esserci un motivo per cui siamo noi ad avere il diabete, giusto? Probabilmente è perché non eravamo così attenti a muoverci e ad avere un’elevata autodisciplina. Persone come noi… avrei dovuto fare più esercizio fisico”, afferma una partecipante allo studio di 61 anni). 
In particolare, molte persone hanno descritto un circolo vizioso di scarsa forma fisica, sedentarietà e problemi muscoloscheletrici, con una conseguente reticenza nell’intraprendere attività fisica, soprattutto per la paura di farsi male. Comunque sia, hanno accettato di partecipare alle lezioni di ginnastica: tra le motivazioni più diffuse vi erano, ad esempio, il desiderio di riprendere gli sport che avevano praticato in giovane età oppure il desiderio di cambiare la sensazione di perdere una certa funzione fisica.

Lo studio ha sottolineato come le relazioni sociali servano a promuovere la motivazione e l’autoefficacia, soprattutto per iniziare a fare attività fisica: da un lato, essere accolti da professionisti sanitari che offrono attenzione e supporto personalizzati è molto importante per iniziare a partecipare alle attività fisiche, generando una sensazione di sicurezza fisica e mentale (“Sicuramente i fisioterapisti [dello studio] sono molto attenti. Se ci fermiamo a causa del dolore o della stanchezza, allora sono molto gentili con noi e ci chiedono cosa sta succedendo. E questo è molto, molto importante. Ti senti al sicuro…”, afferma una partecipante di 62 anni). Al tempo stessole altre persone che fanno esercizio sono percepite come amici con cui i partecipanti potevano sentirsi vicini e condividere storie, esperienze, approfondire la gestione del diabete e stabilire una comunità, elementi fondamentali per la motivazione a iniziare e perseguire gli allenamenti (“penso che il modo in cui ci siamo conosciuti e abbiamo imparato i nomi l’uno dell’altro all’inizio… all’improvviso eravamo una squadra”, afferma un partecipante di 74 anni).

Un punto di svolta

Man mano che l’intervento proseguiva, le esperienze di soddisfazione, divertimento e realizzazione hanno portato i partecipanti a cambiamenti notevoli nella loro motivazione per l’esercizio, rafforzando la fiducia nelle loro possibilità: secondo i ricercatori, questi risultati in termini di competenze, fiducia e motivazione sono elementi fondamentali per sostenere a lungo termine l’attività fisica, rendendo questa fase un vero punto di svolta nel cambiare stile di vita. (“Ho imparato che sudare fa bene, e fa anche sentire bene”, afferma un partecipante di 62 anni; “ho imparato, di sicuro, che posso fare più di quanto pensassi. Posso mettermi alla prova più di quanto pensassi. Questo mi rende felice”, dice una partecipante di 61 anni)Infine, i ricercatori hanno sottolineato che, dopo la conclusione dell’intervento, molti dei partecipanti non si sentivano pronti a continuare l’esercizio fisico da soli(“Mi ci sono voluti dieci anni per iniziare a fare sport. Ci sono volute una diagnosi di diabete e anche un po’ di gomitate. E poi l’allenamento dura solo tre mesi e quel tempo è passato così. Ed eccoti di nuovo tutta sola, e io ho paura che se non trovo degli alleati allora non riesca ad allenarmi”, riporta una partecipante di 61 anni).

In conclusione, i diversi temi emersi dallo studio sono connessi dal macrotema della trasformazione della motivazione a fare esercizio fisico in un ambiente sicuro e gentile: si passa dall’essere motivati ​​esternamente allo sviluppo della fiducia in sé stessi e a interiorizzare la motivazione stessa
Al tempo stesso, gli autori sottolineano l’importanza di supporto professionale e sociale nell’attività fisica: questo è cruciale a livello della salute pubblica, perché spesso esiste un divario tra la raccomandazione di uno stile di vita fisicamente attivo tra le persone con diabete di tipo 2 e la mancanza di opportunità di esercizio continuo e supervisionato.

A cura di Chiara Di Lucente


Fonte

Nielsen SG, Danielsen JH, Grønbæk HN, Molsted S, Jacobsen SS, Vilsbøll T, Varming AR. Transforming Motivation for Exercise in a Safe and Kind Environment-A Qualitative Study of Experiences among Individuals with Type 2 Diabetes. Int J Environ Res Public Health. 2022 May 17;19(10):6091. doi: 10.3390/ijerph19106091. PMID: 35627628; PMCID: PMC9141646