Diabetici superstar

Il punto

Diabetici superstar

Vite Straordinarie con il diabete

Nessun traguardo è irraggiungibile per chi ha il diabete. Alcuni esempi (non certo gli unici) di personaggi dello sport e dello spettacolo che hanno ottenuto successi non semplicemente notevoli, ma addirittura eccezionali

Abbiamo spesso detto e scritto che una persona con diabete può condurre una vita assolutamente normale, a condizione che rispetti alcune regole fondamentali. Ma questa è soltanto una parte della verità, nel senso che può vivere persino una vita “super”, raggiungendo traguardi che tanti “normali” non diabetici non riuscirebbero a toccare. Per esempio, può essere la donna più sexy del mondo, scalare le montagne più alte della terra, fare spericolate acrobazie in gare internazionali di snowboard, calcare i palcoscenici mondiali per acclamati concerti sold out, fare incetta di medaglie nel nuoto olimpico. Non mancano infatti i diabetici che hanno ottenuto risultati davvero straordinari e a cui il diabete non ha impedito di diventare star.
Una vera stella è, per esempio, l’attrice afroamericana Halle Berry, premio Oscar nel 2002 per il film “Monster’s Ball” e protagonista di moltissimi altri titoli di successo come “Agente 007 – La morte può attendere”, “Catwoman”, “Gothika”, il trittico dedicato agli “X-Men” eccetera. Intensa interprete e dotata di un fisico splendido e atletico, adatto anche ai film d’azione, nel 2008 ha ricevuto dal mensile statunitense alla moda “Esquire” il lusinghiero titolo di “donna più sexy dell’anno”, un riconoscimento ancor più significativo se si pensa che è stato assegnato a una signora di quarant’anni, capace di surclassare le più giovani.
Halle non ha mai nascosto la sua condizione, che l’ha colpita a poco più di vent’anni, con un drammatico coma diabetico durante le riprese della serie tv “Living Dolls” nel 1989, ed è stata anche testimonial per la Juvenile diabetes association, contribuendo a campagne di raccolta fondi. Come si può constatare dalle tante interviste rilasciate, l’attrice ha sempre raccontato volentieri il modo in cui ha imparato, dopo l’iniziale paura, a combattere la sua battaglia con il diabete e a vincerla, arrivando a gestire insulina, alimentazione, esercizio fisico e autocontrollo nel modo migliore. Per capire che sta bene, basta guardarla, si potrebbe dire. Inoltre, poco più di un anno fa ha messo serenamente al mondo una bellissima bambina.
Sex symbol non meno potente di Halle è Sharon Stone la diabolica donna fatale di “Basic instinct”, nel 1992, alcuni anni più tardi antagonista della stessa Berry in “Catwoman”: anche la bionda Stone ha il diabete (di tipo 1), ma, a differenza della collega, non risulta che ne abbia mai parlato pubblicamente. Superati i cinquant’anni, resta un inossidabile modello di bellezza femminile che proprio in questi giorni ci sorride dai cartelloni pubblicitari di un noto marchio cosmetico e che incontriamo ancora spesso sul grande schermo in film di valore (per esempio, nell’ottimo “Broken Flowers” di Jim Jarmusch, con Bill Murray).
Grande protagonista, invece, soprattutto del piccolo schermo è stata per anni Mary Tyler Moore (che però si è fatta apprezzare anche al cinema in “Gente comune” di Robert Redford, nel 1980): anche in Italia ci si ricorda la classica serie televisiva americana di sit-com (commedia brillante di impianto realistico) che porta il suo nome e che ha attratto milioni di spettatori per quasi tutti gli anni Settanta. Anche Mary Tyler Moore (nata nel 1936 a New York) è diabetica di tipo 1 e nel mondo tutti lo sanno, perché è rappresentante della Juvenile diabetes research foundation international (Jdrf) e impegnata personalmente nella promozione della ricerca e dell’informazione sul diabete, consapevole che avere un nome e un volto famosi può contribuire molto al successo di una buona causa.
Restiamo negli Stati Uniti, da dove è giunta di recente la notizia della riunione e di una nuova serie di concerti, nell’estate di quest’anno, del trio di musica soul Labelle. Se a qualcuno il nome dovesse dire poco, per ravvivare la memoria basterà richiamare il ritornello di una loro immortale canzone degli anni Settanta, “Lady Marmalade”: chi non ricorda l’irresistibile “Voulez-vous coucher avec moi ce soir”? La strepitosa cantante che dava il nome al trio, Patti LaBelle, oggi vicina ai 65 anni, con una lunghissima e notevole carriera alle spalle, è diabetica dal 1995 e, in sintonia con il suo modo di cantare, caldo ed estroverso, non è mai stata reticente sulla sua condizione: ricordando che sua madre morì troppo giovane proprio per un diabete trascurato, è diventata portavoce della autorevolissima American diabetes federation, ha collaborato a campagne di informazione e ha voluto scrivere libri di cucina dedicati ai diabetici. E alla sua non più verde età è pronta a tornare a scatenarsi sul palco insieme con le storiche partner Nona Hendryx e Sarah Dash. Vale la pena di citare una sua frase emblematica: “Il diabete non è una cosa così cattiva se lo tieni sotto controllo”.
Ma se vi pare poco (e in ogni caso sbagliereste) lo sforzo di sostenere una tournée cantando e ballando, vi segnaliamo il caso di un giovane (ventiseienne) diabetico insulinodipendente, l’inglese Chris Southwell, che è uno dei migliori venti atleti del mondo in uno sport spericolato come lo snowboard, che consiste nel saper scivolare e saltare sulla neve su una tavoletta di materiale composito. Quando, quattro anni fa, si sentì male e gli diagnosticarono la patologia, certo entrò in crisi e si domandò “e adesso cosa faccio?”. Ma oggi sa che allenandosi regolarmente, controllando costantemente la glicemia e dosando opportunamente insulina e alimentazione può continuare a praticare il suo sport favorito ai massimi livelli. Chris è un eccellente esempio di come si possa tenere il diabete sotto controllo e ha accettato perciò di diventare ambasciatore ufficiale della Juvenile diabetes research foundation international. Suo intento è di rivolgersi innanzitutto ai giovani con diabete per esortarli a non rinunciare alle loro aspirazioni: “Con un buon controllo, con l’aiuto dei medici, la determinazione e un atteggiamento positivo si possono realizzare anche i sogni più audaci. Io sto realizzando il mio”. Nonostante il diabete.
E, nonostante il diabete, si possono anche vincere quattro medaglie (di cui due d’oro) nel nuoto alle Olimpiadi del 2000 e altre due (di cui una d’oro) quattro anni più tardi, aggiungendole alle quattro (due d’oro e due d’argento) conquistate nel 1996, prima dell’insorgere della patologia. E’ ciò che ha fatto il fenomenale americano Gary Hall Junior (figlio d’arte di padre nuotatore e campione), sfidando anche il parere di alcuni medici che avevano frettolosamente decretato l’incompatibilità fra il suo diabete e la carriera agonistica. Non è stato facile accettare la nuova condizione e affrontarla -come racconta lui stesso sul suo sito- ma Hall ha trovato la forza per reagire e ne è stato premiato con risultati eccezionali. Ecco perché anche questo grande campione è diventato un modello pubblico di come, con il self management, la rigorosa gestione di sé, una persona con diabete possa godere di buona salute e riuscire davvero a fare quello che vuole.
Un altro bell’esempio da segnalare ci viene da un teenager, star della tv e della musica giovane, Nick Jonas: se cercate il suo nome sul motore di ricerca Google trovate su internet oltre cinque milioni di riferimenti che lo riguardano. E’ americano -nato a Dallas, Texas, nel 1992- ma i suoi cd, da solista o con i due fratelli maggiori (insieme sono i Jonas Brothers), occhieggiano regolarmente sugli scaffali dei megastore di tutto il mondo, Italia compresa. Qualcuno lo avrà visto recitare su Disney Channel in “Camp Rock”, altri avranno ascoltato l’orecchiabile pop song adolescenziale “Sos”, brano di successo realizzato ed eseguito con i fratelli.
Questo già famoso sedicenne, artista precoce e polivalente, è anche un giovane diabetico insulinodipendente, che dimostra una volta di più, con i fatti e con l’impegno personale, che nessun traguardo è precluso a chi ha il diabete. Nick non ha avuto problemi a dichiararlo pubblicamente (se ne trova testimonianza anche su YouTube), diventando così un simbolo vincente della possibilità di ben convivere con il diabete (al tema ha addirittura dedicato una canzone “A little bit longer”, “un po’ più a lungo”, “un po’ di più”). Colpito dal manifestarsi della patologia quando nemmeno sapeva che cosa fosse il diabete, è riuscito a superare lo smarrimento iniziale (“perché a me?”) e ha vinto la sua sfida: microinfusore di insulina più volte al giorno e primi posti nelle classifiche e concerti in tutto il mondo non fanno a pugni.
E, infine, visto che abbiamo parlato di stelle, non possiamo dimenticare chi è capace di salire così in alto da arrivare quasi a toccarle, come il veneto Marco Peruffo -ben conosciuto dai nostri lettori- uno dei fondatori della Adiq (Alpinisti diabetici in quota), il primo alpinista italiano a scalare una vetta di oltre 8000 metri.