Diabetologi a confronto

Congressi

Diabetologi a confronto

A Rimini dal 27 al 30 Maggio le assise di AMD

Per il XVII convegno nazionale dell’Associazione sono attesi da tutta Italia specialisti, studiosi e rappresentanti di tutte le categorie coinvolte nelle problematiche del diabete per discutere dello stato dell’arte di assistenza e cura

Quest’anno tocca a Rimini ospitare il Congresso nazionale della Associazione medici diabetologi (Amd), che celebrerà la sua diciassettesima edizione nelle giornate dal 27 al 30 maggio. E’ un convegno che si apre all’insegna della presa di coscienza della crescente diffusione del diabete e della necessità di un impegno corale da parte di tutti i soggetti coinvolti per contrastare questa espansione.
Dice infatti il dottor Adolfo Arcangeli, presidente uscente di Amd, nella presentazione dell’evento sul sito dell’Associazione: “Oramai siamo tutti consapevoli che il diabete rappresenta una vera e propria epidemia e che lo strumento per intervenire efficacemente è la condivisione di un percorso assistenziale declinato in una ottica di qualità e di clinical governance. Riteniamo che sia compito di una società scientifica formare i professionisti al cambiamento, produrre strumenti utili a coloro che praticano assistenza, creare la cultura dell'integrazione, formare i professionisti alla centralità della persona con diabete e collaborare con le istituzioni”.

Il ruolo di Amd

La storia, il ruolo e le prospettive di Amd come punto di riferimento della battaglia al diabete nel campo dell’assistenza, della ricerca sociale e clinica, della formazione, sarà il tema inaugurale dei lavori. L’Associazione, nata nel 1974, è una realtà consolidata e in evoluzione: ha ormai 35 anni e conta oltre duemila iscritti. I suoi congressi sono un momento di dialogo e confronto non soltanto per i diabetologi iscritti, ma per gli specialisti di tutta Italia, le società scientifiche, le associazioni professionali e quelle di volontariato a vario titolo interessate al problema diabete. E’ significativo l’elenco dei simposi congiunti in programma nella giornata di venerdì: sono previsti incontri con le organizzazioni dei farmacisti (Federfarma), degli endocrinologi (Ame), dei cardiologi (Anmco), degli endocrinologi pediatrici (Siedp), dei nutrizionisti e dietologi (Adi), dei medici di medicina generale (Simg), degli infermieri diabetologici (Osdi), senza dimenticare Slow Food, l‘associazione di Carlo Petrini per la promozione del mangiar sano, con cui Amd ha da tempo instaurato un proficuo rapporto di collaborazione. E sono inoltre attesi i rappresentanti di Idf e Ada.

I temi sul tappeto
Quanto al programma del congresso, Arcangeli sottolinea che saranno in discussione tematiche di grande attualità: dalle linee guida per il trattamento del diabete di tipo 2, alle nuove evidenze sul diabete in gravidanza, dalle novità in tema di terapia farmacologica al rapporto tra iperglicemia e rischio cardiovascolare, dall’importanza dell’autocontrollo glicemico alle opportunità offerte dall’archiviazione elettronica dei dati clinici. Altro rilevante tema in agenda saranno le complicanze microvascolari, “con particolare attenzione a retinopatia e nefropatia, considerando anche come esse possano essere indicatori/predittori di complicanze macrovascolari”.
Uno spazio significativamente ampio sarà poi dato alla ricerca di Amd, con particolare riferimento agli Annali 2008 (vedi box) il rapporto sull’assistenza diabetologica in Italia che l’Associazione elabora da tre anni a questa parte e che rappresenta un fondamentale punto di riferimento per comprendere come funziona la gestione della patologia nel nostro Paese. Nel corso del congresso -precisa Arcangeli- l’analisi dei dati sarà svolta “con una visione longitudinale, che confronta i risultati ottenuti negli ultimi anni e che va a integrarsi con i progetti di ricerca in corso e quelli futuri”.

Gli Annali 2008

L’ultima edizione degli Annali, presentata qualche mese fa, ci rivela già alcuni dati importanti per misurare l’assistenza in Italia, un sistema con caratteristiche originali rispetto al resto d’Europa, perché fondato su una capillare diffusione sul territorio di centri diabetologici (se ne contano circa settecento). Nel complesso, si può affermare che la qualità dell’assistenza italiana, sebbene variabile da zona a zona, sia buona: è d’altronde ovvio che possa e debba essere migliorata e l’inchiesta svolta per la compilazione degli Annali serve proprio a questo.
Questo studio -spiega Arcangeli- rappresenta “il primo passo, indispensabile, nella clinical governance”, cioè l’insieme delle strategie per la miglior gestione della pratica clinica, e Amd lo mette a disposizione di chiunque si occupi di politica e programmazione sanitaria: Ministero, Regioni, aziende per i servizi sanitari, società scientifiche, organizzazioni professionali.
Di clinical governance -sottolinea Sandro Gentile, vicepresidente di Amd e presidente eletto per il prossimo mandato “Amd ha cominciato a occuparsi già negli anni Novanta, sviluppando una serie di strumenti per fornire ai diabetologi italiani informazione e formazione verso l’approccio multidisciplinare alla malattia e l’assistenza integrata. Ma la nostra ricerca non è rivolta soltanto ai diabetologi e ai diabetici, intende raggiungere tutta la popolazione generale, perché occorre che il cittadino sia bene informato per poter fare prevenzione”.

Curare le persone

Ultimo (ma non certo per importanza) appuntamento congressuale che il presidente Arcangeli tiene a mettere in evidenza è la tavola rotonda conclusiva, “Curare o guarire?”, in calendario sabato 30, “nella quale istituzioni, informazione mediatica e un esperto nella cura centrata sulla persona si confronteranno sull'impegno comune a valorizzare l'aspetto umanistico della cura delle persone con diabete, per ricordare a tutti noi, qualora ve ne fosse bisogno, che siamo tutti impegnati a curare persone e non una malattia”.

Un’assistenza che funziona

Vale la pena di ricordare qualche cifra emersa dagli Annali Amd 2008 sulla situazione del diabete in Italia. Anzitutto, vi sono più uomini che donne: 54 contro 46%. Circa l’83% ha più di 55 anni, il 10,3% tra 45 e 55, l’8% ne ha meno di 35. La grande maggioranza (91,6%) ha diabete di tipo 2: fra queste persone, il 3% ha meno di 45 anni, una percentuale pericolosamente in crescita. La maggioranza dei diabetici di tipo 2 (il 61%) si cura con farmaci ipoglicemizzanti, il 9% deve associare a questi l’insulina, il 19,6% assume soltanto insulina, il 10% si gestisce soltanto con dieta ed esercizio fisico. I centri diabetologici visitano le persone con diabete mediamente 3,5-3,2 volte l’anno se sono in cura con insulina (da sola o associata a ipoglicemizzanti orali), 2,5-2,2 se in terapia solo con farmaci o dieta.
Un primo dato confortante sottolineato dagli Annali è l’aumento della percentuale di pazienti che controllano il parametro fondamentale dell’emoglobina glicata: si è passati dall’84% del 2006 a oltre il 90% nel 2007 (94,9% nel tipo 1 e 91,3% nel tipo 2). E i risultati sono abbastanza positivi: circa la metà dei diabetici di tipo 2 riesce a mantenere valori uguali o inferiori alla soglia del 7%, indicata dalle linee guida come primo obiettivo per la prevenzione delle complicanze microvascolari (retinopatia, nefropatia, neuropatia periferica). Per quelle macrovascolari (arteriosclerosi, infarto, ictus) il limite prescritto si abbassa al 6,5%: sotto questo valore sta il 17% dei pazienti di tipo 1 e il 32% di quelli di tipo 2. Il confronto con indagini comparabili e autorevoli svolte negli Stati Uniti dimostra che la situazione italiana è migliore di quella di un Paese avanzato come gli Usa: lì i diabetici hanno un’emoglobina glicata superiore al 9,5% in percentuali che oscillano tra il 20 e il 40% e superiore all’8% tra il 40 e il 50%.
Naturalmente, esistono margini di miglioramento per l’assistenza e la gestione del diabete in Italia. Osserva in proposito Giacomo Vespasiani, coordinatore degli Annali: “L’emoglobina glicosilata dovrebbe essere misurata a tutte le persone con diabete e anche i dati sulla valutazione del profilo lipidico e della pressione arteriosa, oggi effettuati nel 70% e nel 75% dei casi rispettivamente, indicano la necessità di interventi più incisivi, soprattutto verso i principali fattori di rischio cardiovascolare. Infatti, meno del 40% dei diabetici italiani presenta valori di colesterolo Ldl inferiori a 100 mg/dl. La glicemia è controllata bene, gli altri parametri non abbastanza. Occorre fare di più, anche rafforzando la collaborazione con i medici di medicina generale”.
Per migliorare occorre agire su due piani, argomenta Adolfo Arcangeli: “Da un lato potenziando il controllo organizzato della patologia, dall’altro facendo un grosso sforzo sulla prevenzione, agendo sul cambiamento degli stili di vita, spostandoci quindi dall’ambito sanitario a quello sociale, incontrando interlocutori diversi da quelli della sanità, cioè, per esempio i Comuni, le associazioni ambientaliste eccetera”.