Diagnosi di diabete 2: per la ricerca è da rivedere

 

Non tanto obsoleta, quanto tardiva. Secondo uno studio pubblicato su PLoS ONE, la diagnosi di diabete di tipo 2 basata sulla misurazione della glicemia deve essere rivista al più presto perché arriverebbe in ritardo e non aiuta a prevenire i comuni problemi associati al diabete a carico del cuore e dei vasi sanguigni di cervello, occhi e reni. La presenza di cambiamenti nel metabolismo del grasso nel sangue delle persone con diabete può anticipare la diagnosi e permettere di preservare la salute dei loro vasi sanguigni.

Il dottor Simon Anderson e colleghi dell’Università di Manchester, nel Regno Unito, hanno preso in analisi giovani donne in gravidanza a rischio basso o intermedio di diabete di tipo 2 e sane. Attraverso le analisi del sangue, i ricercatori hanno trovato nelle donne a rischio di diabete di tipo 2 una variazione delle quantità di metaboliti del tessuto grasso, in particolare di fosfolipidi, acilcarnitina, acidi grassi a lunga catena e digliceridi. Questi parametri sono risultati alterati a fronte di valori normali delle misurazioni del glucosio a digiuno, dopo pranzo e dell’emoglobina glicata, che se alterati indicano la presenza di diabete.

“Il nostro studio aggiunge peso complessivo alla tesi che il diabete di tipo 2 non dovrebbe essere classificato come ‘diabete’ come noi lo intendiamo attualmente da solo con la misurazione della glicemia.” Gli autori, in sostanza, suggerirebbero di considerare una nuova definizione  di diabete di tipo 2 basandosi, stavolta, sull’osservazione dei metaboliti del tessuto grasso nel sangue. ” Per contribuire a chiarire le condizioni metaboliche che portano allo sviluppo di diabete di tipo 2, è necessaria un’ulteriore valutazione delle sostanze chimiche totali nel sangue – il metaboloma. “In ultima analisi questo potrebbe tradursi in un esame del sangue specifico per identificare le persone a rischio di diabete di tipo 2 nella fase iniziale, ma soprattutto, può consentire consigli su come modificare lo stile di vita in una fase precoce per ridurre l’impatto a lungo termine del diabete.”

Alessandra Gilardini

Fonte: PLOS ONE