Due nuovi ospiti a tavola: il diabete e la celiachia

Ce l’avete voi una strategia?
Un piano di battaglia, uno stratagemma, un escamotage.
Ce l’avete?

Perché senza, come si fa a stare al mondo? Come si fa a mettere ordine in questo disordine? Come si tutela la quotidianità, senza che finisca a gambe all’aria?

Le cose di cui non abbiamo il controllo, che accadono e basta, che richiedono la nostra accettazione, reclamano tutto il coraggio che abbiamo in dote. E anche di più.

Le cose che accadono e basta. La malattia. La propria o quella di qualcuno che ami.
La malattia di una figlia, ad esempio, come si affronta?

Me lo racconta Ilaria, una mattina di novembre di un freddo sincero e inequivocabile.
A illuminarla, la mattina, ci pensa lei.

Questa donna che mi accoglie con sorrisi, entusiasmo e forza da vendere. Questa donna combattiva, luminosa, concreta, tenace, profonda, piena di cose da dire e dare.
Questa donna messa alla prova, che si ricorda tutte le date di un percorso tribolato e doloroso, che ha visto come protagonista Gaia, sua figlia, e la famiglia tutta, di conseguenza; perché in una famiglia ci si muove all’unisono e quello che capita a te, capita anche a me. Non ci sono alternative. Non c’è un’altra possibilità. O si sta insieme, o si sta insieme.
O si combatte insieme, o si combatte insieme. Punto.

L’8 febbraio 2010 Gaia scopre di avere il diabete.
Il 7 febbraio, il giorno prima, Ilaria mi racconta di aver passato una domenica di una semplicità perfetta, con suo marito Stefano e i suoi due figli (il più piccolo si chiama Nicolò).

“Mi sento così felice, che ho paura”, dice a suo marito. Perché la felicità quando arriva così piena e pura, lo sappiamo già, non c’è modo di tenerla con noi per sempre.
Ilaria lo sente, lo sente forte.
Lo sente, forse, perché lavora come traduttrice, e forse perché ha imparato a tradurre anche i segni della vita; o forse, più semplicemente, perché è una mamma.

Gaia fa la pipì troppo spesso, fatica a trattenerla, deve correre in bagno.
Mentre accade questo, casualmente, Ilaria incontra due mamme che le raccontano dei rispettivi figli con diabete e celiachia. Forse è un caso… ma lei, l’abbiamo detto, è una che traduce e che al caso non ci crede.

Fanno gli esami a Gaia. “Ma non preoccuparti, amore mio, non sarà niente”, si dicono stringendosi.

E invece è qualcosa. È diabete. È ospedale. È ricovero urgente. Sono medici e infermieri sul corpo di sua figlia; sul suo corpo pieno di tubicini e di verità che non sono più quelle di prima.

Mi racconta Ilaria che nel tragitto verso l’ospedale – con le parole del medico di base, che pesano come macigni, dopo aver misurato la glicemia “Andate immediatamente. Avviso che state arrivando” – guarda l’immagine di sua figlia riflessa nello specchietto retrovisore.

No, le verità non sono più quelle di prima.
Ilaria non sa quali siano, Gaia non chiede.

Una cosa è certa, questa è la fine della prima vita di questa famiglia e l’inizio di una seconda.
E l’inizio di una seconda, perché non c’è fine senza inizio e viceversa.

“Cos’ è cambiato?”, le chiedo. “Molto, moltissimo. Ma una cosa è certa: non controlliamo la malattia, ma abbiamo controllo sulla nostra qualità della vita e io ho voluto, con tutte le mie forze, che fosse alta. Ho voluto che fosse una gioia mangiare insieme, anche dopo che ci hanno detto che Gaia era risultata positiva alla celiachia”.

Perché dentro all’atto di dare da mangiare, ci passa l’amore più ancestrale e antico che ci sia.
Ti do da mangiare perché tu cresca, perché tu sia forte, perché tu possa stare bene, essere felice, avere gambe robuste e spalle solide per affrontare il mondo.
Gaia non può più mangiare come prima e allora tutta la famiglia cambia alimentazione con lei.

Stefano e Ilaria non hanno dubbi a riguardo.
O si combatte insieme o si combatte insieme. Punto.
Si toglie tutto dalla cucina. Tutti quei cibi tanto amati e conosciuti.
Via tutto. Si ricomincia.

I primi 3 mesi sono un inferno. Prodotti che non piacciono, gusti che non si riconoscono, il diabete da gestire, l’umore che crolla. Come la terra sotto i piedi, quando la quotidianità finisce gambe all’aria, perché manca una strategia e manca per davvero.

Ma io davanti a me ho una guerriera. Una mamma con un cuore grande così, che per la gioia dei suoi figli combatte come una leonessa. E la strategia la trova.

È un corso di cucina, poi un incontro per capire come contare i carboidrati, poi è un quaderno dove comincia a scrivere le ricette, chiedendo ai suoi figli di giudicarla e trasformando un limite in un gioco.
La mamma è anche uno chef; i figli sono anche esperti culinari.

Questa è la seconda vita di una famiglia, ed è fatta di piatti eccezionali, prelibati, gustosi, sani e buoni.

Questa è la seconda vita di una famiglia, che grazie a un gioco ha creato un libro, Uno chef per Gaia, con ricette con o senza glutine e con o senza zucchero. Un libro, che nella prefazione di Massimo Bottura, è descritto come “una dichiarazione d’amore” e lo è. Lo è già dalla copertina che ritrae quattro persone e un cavallo, Pandoras, il cavallo di Gaia, il sogno di Gaia.

Quattro persone che non si sono lasciate sopraffare, che si sono sapute ricreare, modellare, che hanno avuto paura e l’hanno vinta, che hanno scelto di parlare chiaro e di essere sinceri su quello che stava accadendo; che hanno scelto di non edulcorare, ma sono stati in grado di non privarsi di pace e gioia.

Attorno a questa tavola, hanno accolto due nuovi ospiti: il diabete e la celiachia e sapete cosa? hanno comunque vinto loro.

Patrizia Dall’Argine

Si ringrazia l’autore della foto Lorenzo Moreni (fonte www.unochefpergaia.it)