EVENTI – 25° CONGRESSO DELLA SID A BOLOGNA A FINE MAGGIO

I cinquant’anni della Sid

La Società italiana di diabetologia celebra con le sue assise scientifiche il mezzo secolo di vita e ripercorre storia, presente e prospettive della lunga lotta contro il diabete: la patologia cresce, ma aumentano anche le strategie per contrastarla

Quest’anno, dal 28 al 31 maggio, toccherà alla dotta Bologna, città universitaria per eccellenza, ospitare il 25° Congresso nazionale della Società italiana di diabetologia. Il grande appuntamento scientifico degli specialisti coincide questa volta con il cinquantenario dell’attività della Sid, come ricorda il presidente Stefano Del Prato, dell’Università di Pisa, che concluderà così il suo mandato per passare il testimone al presidente eletto Enzo Bonora dell’Università di Verona.

“Il 25° Congresso -dice Del Prato nel presentare le assise- vuole essere un punto di arrivo, che marchi la crescita di una società che, dal suo nucleo iniziale, è andata sviluppandosi e acquisendo sempre maggiore rispetto a livello nazionale e internazionale, come testimoniato dall’entusiasta partecipazione di esperti di valenza mondiale. Nello stesso tempo, il 25° Congresso vuole anche siglare il punto di partenza verso obiettivi scientifici sempre più ambiziosi, contando, come sempre, sull’attiva partecipazione delle forze scientifiche più giovani e più nuove”.

Proprio per rendere omaggio all’importanza dell’anniversario, la manifestazione sarà inaugurata da una relazione dall’eloquente titolo “Sid: i miei primi cinquant’anni” e da una lettura su “patogenesi e terapia del diabete; il vecchio, il nuovo e il possibile”. Un’introduzione che già ben esemplifica quello che intende il professor Del Prato quando dice: “Proveremo con questo Congresso a costruire un fil rouge, attraverso il quale dipanare la storia di questi 50 anni di attività, e, nello stesso tempo, generare un testimone da affidare nelle mani non solo di chi ci seguirà nella gestione della società, ma anche, e soprattutto, in quelle di una comunità diabetologica che da anni si è dimostrata vivace, curiosa, pronta ed entusiasta”.

Ricco programma

I simposi che danno corpo al programma (consultabile sul sito www.siditalia.it) seguono alcuni grandi filoni della tematica diabetologica: la clinica, la ricerca, l’innovazione. Spicca in particolare la serie dedicata alle “sfide” che il diabetologo deve affrontare qui e ora: la terapia del paziente ricoverato, il paziente di tipo 1 gravemente scompensato, il piede diabetico e l’amputazione, emoglobina glicata-complicanze-mortalità, i microinfusori insulinici, la nefropatia, l’empowerment del paziente con diabete.

Sul fronte della ricerca, tra i temi al centro di relazioni e dibattiti troviamo: i nuovi meccanismi del danno renale (macrosimposio, giovedì 29), il ruolo patogenetico delle cellule progenitrici nelle complicanze, i nuovi farmaci e i nuovi bersagli terapeutici nel diabete di tipo 2, il ruolo di alfa e deltacellule nella patogenesi, le prospettive della genetica nel diabete di tipo 2 (macrosimposio, sabato 31). In materia di innovazione, si parlerà, tra l’altro, di espansione del tessuto adiposo e di come controllarla (macrosimposio, giovedì 29), di terapia cellulare e funzione betacellulare (macrosimposi, giovedì 29), di “quando, perché e in chi sospettare forme specifiche di diabete”, telemedicina e diabete, dei nuovi farmaci chiamati incretine.

Non poteva mancare il simposio di Diabete Italia, in programma nella mattinata di venerdì 30, che tratterà le strategie dell’Aifa nel campo dei farmaci antidiabete, il controllo di qualità dei presidi per il diabete in Europa, i finanziamenti alla ricerca. Il titolo di questo simposio è significativo: “Il diabete mellito alla ricerca dell’attenzione perduta”. In effetti, questo 25° congresso della Sid cade in un periodo in cui è necessario che l’attenzione sul diabete sia massima, perché tutti gli indicatori ci dimostrano che la sua espansione è costante e pervasiva.

Scenario allarmante

“Lo scenario è purtroppo allarmante -ha commentato il professor Del Prato in un recente incontro con la stampa a Milano- soprattutto perché le stime indicano che a livello mondiale i numeri sono destinati a crescere. Oggi, secondo la Idf, si contano 382 milioni di soggetti con diabete, nel 2035 si calcola che diabetici e persone a rischio saranno circa un miliardo. Si stima che ogni anno circa 5,1 milioni di persone muoiano per cause riconducibili a questa patologia. Anche a livello nazionale lo scenario non è confortante: secondo i dati Arno-Cineca, elaborati con la Sid, il numero delle persone con diabete è di circa 4 milioni di adulti ed è prevedibile un forte aumento nei prossimi 10-15 anni”.

Con queste cifre, se non si riesce a intervenire, si pone un problema importante di sostenibilità dei costi. “La voce che più incide è quella delle ospedalizzazioni per le complicanze -prosegue il diabetologo- ma va anche ricordato che il diabete comporta un aumento del rischio di ricovero per tutte le condizioni patologiche. Il 30-35% dei pazienti ricoverati negli ospedali italiani per varie cause sono affetti da diabete o presentano alterazioni della glicemia. I ricoveri dei diabetici sono generalmente più lunghi, gravati da maggiori complicazioni e per questo più costosi. In Italia un diabetico costa al sistema sanitario circa 2500 euro l’anno, il doppio di un non diabetico, e il 54% di tale spesa è da imputare all’ospedalizzazione. Occorre quindi trovare soluzioni per prevenire il diabete, ma anche per evitare l’insorgere di complicanze in chi ne è già affetto. Per risparmiare, vale la pena di spendere risorse prima, al fine di ottenere un buon controllo glicemico, agendo sullo stile di vita, sull’alimentazione, sul buon uso dei farmaci, sull’aderenza del paziente alla terapia prescritta. Spendere meglio oggi per spendere meno domani”. Naturale, quindi, che il congresso di Bologna dedichi ampio spazio al paziente ospedalizzato, ma anche all’empowerment del soggetto con diabete, cioè la crescita della sua autonoma e consapevole capacità di gestirsi, tema di un simposio di sabato 31.

La sana alimentazione

Nell’affrontare il diabete, il nodo dell’alimentazione è sempre più cruciale: lo si vede nell’aumento recente dei casi di tipo 2 nei giovani e anche nei bambini, spesso correlato a obesità: come osserva Del Prato, “ormai questa tendenza all’aumento di peso, a causa di sbagliate abitudini alimentari riguarda tutta la popolazione e va contrastata, dando anche messaggi chiari. Per cominciare, è bene affermare che non è vero che chi non ha il diabete può fare quello che vuole, mentre chi ce l’ha deve essere “punito” con rinunce e sacrifici. Per fare prevenzione bisogna che tutti seguano un’alimentazione sana e corretta”.

Sulla strada della prevenzione e della tempestività degli interventi terapeutici vi sono però tuttora gli ostacoli della scarsa informazione, quando non dell’ignoranza diffusa nella popolazione. Conseguenza di ciò è per esempio il cospicuo fenomeno del diabete sommerso, non diagnosticato, che in Italia si stima riguardi 1,3 milioni di persone. Dice in proposito Del Prato: “Molte persone non sanno di essere diabetiche e pertanto rimangono esposte a livelli di glicemia alterati per molto tempo, con tutte le possibili conseguenze del caso, in particolare riguardo alle complicanze. Per questo la diagnosi deve essere precoce e il controllo glicometabolico ottimale: il buon controllo della glicemia, instaurato il prima possibile, costituisce il modo migliore per ridurre le complicanze, soprattutto quelle microvascolari come retinopatia, nefropatia e neuropatia”.

Convinzioni sbagliate

Anche sulla buona nutrizione e sugli appropriati stili di vita da adottare pesano negativamente conoscenze inadeguate o errate convinzioni, come quella (condivisa dal 55% degli italiani, secondo un’indagine di Doxapharma) che chi ha il diabete è “perché mangia troppi dolci”. Non sono quelli le cause del diabete di tipo 2, ma piuttosto le troppe calorie.

Prosegue infatti Del Prato. “Le cause principali del costante aumento del diabete di tipo 2 sono essenzialmente lo stile di vita alterato (aumentato introito calorico, diminuzione della spesa calorica e poca attività fisica) e il progressivo aumento della popolazione, fatto, questo, che comporta un maggior numero di anziani fragili e affetti da diabete con più patologie concomitanti”.

D’altronde, le strategie per contrastare il diabete di tipo 2 esistono e funzionano: “Nella fase precoce della malattia -ricorda il professor Del Prato- un radicale controllo degli stili di vita permette addirittura di non ricorrere a trattamenti farmacologici. Il ripristino di stili di vita più consoni (maggiore attenzione alla quantità e qualità di calorie introdotte, maggiore spesa energetica con attività fisica e, nei soggetti in sovrappeso, perdita del 5-10% del perso corporeo) sono la base sulla quale costruire la terapia farmacologica necessaria. Le possibilità terapeutiche sono molto cresciute negli ultimi tempi”.

Importante è avere ben chiaro “che il diabete di tipo 2 è una patologia complessa in cui contano sia lo stile di vita sia il quadro patogenetico. È quindi indispensabile individualizzare la terapia, perché le persone con diabete non sono tutte uguali, anche per età, cultura, abitudini di vita eccetera. La terapia deve perciò essere in grado di rispondere alle esigenze della singola persona, facilitarle la vita e rendergliela normale, cosa che poi permette anche di ottenere una maggiore aderenza alla terapia stessa”.
 

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