I pregiudizi su età, genere ed etnia influenzano le decisioni delle persone con diabete

In medicina, le diseguaglianze, che si possono manifestare con discriminazioni e pregiudizi nei confronti di minoranze e di categorie marginalizzate, sono un problema reale, che peggiora notevolmente l’assistenza sanitaria in ogni ambito. Sono stati condotti numerosi studi su quanto per esempio occorrano professioniste sanitarie di genere femminile e/o di etnie diverse da quella caucasica (specie in paesi come gli Stati Uniti o il Canada) per garantire a tutti i pazienti e le pazienti un’adeguata comprensione e la costruzione di un rapporto di fiducia autentico con chi si prende cura di loro. 

Eppure sono pochi gli studi che analizzano il contrario, ovvero di come i pazienti nutrano pregiudizi nei confronti dei propri operatori sanitari e di quanto ciò influenzi anche gli esiti clinici nella gestione della loro condizione. Questo è vero soprattutto per quanto riguarda i processi decisionali di gestione delle malattie croniche, come il diabete, in cui il rapporto di fiducia tra operatori sanitari e pazienti è importante per costruire quei comportamenti che rientrano a pieno titolo nella gestione della malattia (come aderire alle terapie, praticare attività fisica e modificare la propria alimentazione).

Per questi motivi un gruppo di ricercatori canadesi ha condotto interviste semistrutturate a 28 persone con diabete di tipo 1 e di tipo 2, per indagare in che modo le percezioni dei pazienti sull’età, il genere e l’etnia dei loro operatori sanitari influissero sul processo decisionale nella gestione del diabete. Pur considerando che i risultati sono condizionati dal limitato numero di persone intervistato e dal contesto culturale del paese in cui è stato condotto lo studio (ovvero il Canada), gli autori hanno evidenziato alcuni aspetti interessanti riguardo ciò che influenza le decisioni condivise con i professionisti sanitari in caso di diabete e spiana la strada per studi futuri.

Il processo decisionale condiviso

Il processo decisionale condiviso è un processo collaborativo con cui pazienti e operatori sanitari lavorano insieme, dialogando tra loro, per trovare le strategie di gestione che meglio si adattino ad ogni singolo paziente, tenendo conto dell’unicità di ogni persona. 
Se le opzioni migliori di gestione vengono dalla ricerca e dalla cosiddetta “medicina basata sulle evidenze”, ogni decisione clinica deve essere sempre presa considerando la persona a cui si deve applicare, la sua unicità biologica, le sue esperienze, il suo contesto socio-culturale e il suo sistema di valori. 
Il processo decisionale condiviso è una vera e propria partnership tra l’operatore sanitario e il paziente, in cui entrambe le parti coinvolte apportano contributi fondamentali per prendere una decisione clinica: se i professionisti sanitari sono gli esperti della malattia, le persone che devono essere curate hanno autorità perché riportano la propria esperienza. È largamente accettato che questo tipo di approccio possa migliorare l’assistenza sanitaria. Non solo: esso si rivela particolarmente appropriato quando si tratta del diabete, perché la gestione di questa malattia richiede scelte comportamentali che incidono in maniera significativa sulla persona con diabete e sulla sua vita. Per questo, negli ultimi anni è stato dimostrato che il processo decisionale condiviso può migliorare il controllo della salute e la gestione del diabete.

Affinché sia davvero efficace, alla base del processo decisionale condiviso ci deve essere un rapporto di fiducia tra operatori sanitari e pazienti: questo non sempre accade, perché a volte, specie nelle categorie di persone marginalizzate, i pregiudizi degli operatori sanitari fanno sì che non tutte le persone si sentano rappresentate, e quindi, comprese. Tuttavia è vero anche il contrario: i pregiudizi dei pazienti nei confronti dei loro professionisti sanitari possono influenzare il rapporto di fiducia e di conseguenza peggiorare il processo decisionale condiviso nella gestione del diabete.

Lo studio: focus sulle differenze di genere e sulla fiducia

Lo scopo dello studio, quindi, era capire se e in che modo i pregiudizi dei pazienti con diabete di tipo 1 e di tipo 2 nei confronti dell’età, del genere e dell’etnia dei professionisti sanitari potessero influire sul processo decisionale condiviso. I ricercatori hanno condotto interviste semistrutturate con 28 partecipanti canadesi di età compresa tra 34 e 81 anni, in cui sono emersi alcuni temi principali:

  • Il processo decisionale dei pazienti è fortemente influenzato dal genere degli operatori sanitari;
  • I pazienti tendono a preferire i professionisti sanitari caucasici;
  • L’età dei professionisti sanitari non risulta particolarmente importante nel processo decisionale condiviso;
  • Il processo decisionale è invece influenzato dalla fiducia dei pazienti in sé stessi.

Dallo studio è emerso che i pazienti con diabete hanno aspettative di cura diverse in base al genere dei professionisti sanitari e in particolare aspettative più elevate nei confronti delle donne. I partecipanti allo studio ritenevano, infatti, che le professioniste sanitarie di genere femminile, soprattutto le dietologhe e le infermiere, dovessero dare anche l’opportunità di farli parlare dei loro sentimenti e di come il diabete stesse influenzando la loro vita, mentre questa aspettativa non era presente nei confronti degli operatori sanitari di genere maschile. Di conseguenza, i pazienti erano meno tolleranti nei confronti delle professioniste sanitarie che avevano poco tempo per “sedersi e parlare” con loro. 
In generale, nelle percezioni dei pazienti nei confronti degli operatori sanitari è emersa una forte differenziazione dei ruoli di genere: ci si aspettava che le donne, oltre alla loro attività professionale, dovessero agire come vere e proprie motivatrici, mentre agli uomini era richiesto che assolvessero solo a mansioni relative al loro ruolo, come prescrizioni di farmaci e indirizzamento ad altri specialisti. 

Per quanto riguarda l’etnia, i partecipanti allo studio avevano aspettative contrastanti: se da una parte i pazienti consideravano gli operatori sanitari di etnie diverse da quella caucasica totalmente in grado di fornire cure specifiche e contestuali (la società canadese è spiccatamente multietnica e multiculturale), i partecipanti mostravano diversi pregiudizi, ritenendoli meno professionali e più inclini alle barriere linguistiche e culturali.

Infine, lo studio ha evidenziato un altro fattore molto importante per il processo decisionale condiviso: la fiducia in sé stessi e negli operatori sanitari. I partecipanti con un alto grado di fiducia nelle proprie decisioni e con una mancanza di fiducia negli operatori sanitari, infatti, si sono rifiutati di impegnarsi attivamente nel processo decisionale. Allo stesso modo, i partecipanti nutrivano dubbi su sé stessi e che ritenevano che i dottori sapessero di più e conoscessero meglio la malattia erano riluttanti a contribuire alle decisioni sanitarie. Non solo: sebbene il genere, l’etnia o l’età degli operatori sanitari fossero collegati all’inclinazione dei partecipanti a fidarsi di loro, era proprio la percezione del rapporto di fiducia a incidere maggiormente sul processo decisionale

In conclusione, lo studio suggerisce che i pregiudizi possono impedire ai pazienti di sviluppare relazioni di fiducia con operatori sanitari, impongono maggiori richieste alle professioniste sanitarie di genere femminile e possono rappresentare una potenziale barriera per il processo decisionale condiviso e, in generale, una barriera nei confronti di un’assistenza sanitaria equa
Nonostante il numero di partecipanti allo studio non sia elevato e il contesto socio-culturale in cui sono state condotte le interviste abbia un peso importante sui risultati, questi ultimi sono comunque interessanti, ed evidenziano punti critici del processo decisionale nella gestione del diabete che dovranno essere oggetto di ricerche future. Pertanto, sottolineano gli autori dello studio, è necessario condurre ulteriori studi per comprendere le implicazioni per gli operatori sanitari (in particolare quelle di genere femminile e quelli di etnie differenti da quella caucasica) nell’assistenza sanitaria centrata sui pazienti con diabete.

A cura di Chiara Di Lucente


Fonti:

  • S. Tamhane, R. Rodriguez-Gutierrez, I. Hargraves, et al. Shared decision-making in diabetes care Curr Diab Rep, 15 (2015), p. 112
  • Ahmad T, Hari S, Cleary D, Yu C. “I Had Nobody to Represent Me”: How Perceptions of Diabetes Health-Care Providers’ Age, Gender and Ethnicity Impact Shared Decision-Making in Adults With Type 1 and Type 2 Diabetes. Can J Diabetes. 2021 Feb;45(1):78-88.e2. doi: 10.1016/j.jcjd.2020.06.002. Epub 2020 Jun 7. PMID: 32855076.