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I segreti dell’aceto
Un cucchiaio nel condimento dell’insalata aiuta l’abbassamento della glicemia in soggetti con diabete di tipo 2 e resistenza insulinica: lo dimostra uno studio dell’Università statunitense dell’Arizona
Che l’aceto potesse ridurre la risposta glicemica e insulinemica all’assunzione orale di saccarosio, in soggetti sani, era noto sin dalla fine degli anni ’80 (Ebihara K, et al.- Agric Biol Chem 1988; 52: 1311-1312). Alcuni anni dopo, da parte di altri autori (Brighenti F. et al.- Eur J Clin Nutr 1995; 49: 242-247) è giunta la conferma che la somministrazione di 20 ml di aceto di vino, contenente il 5% di acido acetico, sotto forma di condimento per insalata, era in grado di ridurre di oltre il 30%, in modo significativo, in soggetti normoglicemici, la risposta glicemica a un pasto misto contenente 50 g di carboidrati.
Più recentemente Carol Johnston e i suoi collaboratori del Department of Nutrition della Arizona State University (Diabetes Care 2004; 27: 281-282) hanno dimostrato che questa proprietà dell’aceto si estende anche a soggetti con resistenza insulinica e diabete di tipo 2. Hanno partecipato allo studio, impostato come studio di crossover, soggetti di controllo normoglicemici e insulino-sensibili, soggetti con insulino-resistenza ma non diabetici e pazienti con diabete di tipo 2. A tutti veniva somministrata, a digiuno, una bevanda composta di 20 g di aceto e 40 g di acqua o una bevanda placebo. Dopo 2 minuti ogni soggetto assumeva un pasto prova contenente 87 g di carboidrati. Il test di crossover veniva eseguito dopo una settimana. Sia prima sia 30 e 60 minuti dopo il pasto, venivano eseguiti prelievi per il dosaggio del glucosio e della insulina plasmatici. La sensibilità all’insulina era calcolata mediante un indice composito derivato dall’andamento delle curve glicemica e insulinemica.
L’assunzione di aceto ha ridotto in modo sensibile l’incremento della glicemia e della insulinemia indotto dal pasto nei soggetti insulino-resistenti. Notevole è stata anche la riduzione della risposta insulinemica nei controlli. Anche nei soggetti diabetici si è rilevata una riduzione della risposta glicemica e insulinemica, peraltro non significativa, verosimilmente per l’esiguità numerica dei soggetti studiati. L’analisi della sensibilità insulinica nei 60 minuti successivi al pasto ha dimostrato, nei soggetti insulino-resistenti, un aumento rielvante del 34% (p<0.01), mentre l’incremento osservato nei diabetici è stato del 19%, ai limiti della significatività (p<0.07).
I meccanismi attraverso i quali l’aceto interferisce con l’andamento della glicemia post-prandiale non sono interamente noti. Si ritiene tuttavia che l’acido acetico possa agire sopprimendo le attività della saccarasi, lattasi e maltasi, proprietà questa non condivisa da altri acidi organici come l’acido succinico, citrico o lattico. Non sembra invece coinvolta una riduzione della velocità di svuotamento dello stomaco.
E’ suggestiva, sia pure nella differenza quantitativa degli effetti, l’analogia fra gli effetti dell’acido acetico e quelli dell’acarbose che, ritardando l’assorbimento intestinale del glucosio attraverso l’inibizione delle disaccaridasi, è in grado di ridurre i picchi iperglicemici post-prandiali e di prevenire la comparsa di diabete in soggetti affetti da intolleranza al glucosio, come dimostrato dallo studio Stop-Niddm (Chiasson JK et al. Lancet 2002; 359: 2072-2077).
(P.B.)