Si può parlare di burnout da diabete? In termini strettamente tecnici, probabilmente no, perché il burnout è definito come una patologia correlata al lavoro (di recente l’OMS l’ha inserito nell’International Classification of Disease, specificando proprio questa caratteristica).
Alcuni ricercatori hanno provato ad adattare questo costrutto ad un particolare stato vissuto dalle persone con diabete dal momento che il diabete e la cura del diabete possono causare un prolungato distress (lo stress negativo).
Ma sono proprio alcune persone con diabete a utilizzare questo termine, in un senso metaforico che sembra sottolineare quanto le pratiche legate al monitoraggio e alla gestione della malattia siano assimilabili a un vero e proprio lavoro, anzi a un lavoro stressante, che non prevede “vacanze” e che si protrae, talvolta superando la soglia delle risorse emotive e fisiche disponibili.
Una recente pubblicazione scientifica, dal titolo “Improving Diabetes Care: Should We Reconceptualize Diabetes Burnout?”, descrive uno studio volto a esplorare e comprendere le esperienze di burnout tra le persone con diabete, analizzandone le narrazioni pubblicate online, all’interno di blog che raccontano la vita con il diabete.
Sono state raccolte 35 narrazioni pubblicate in 21 diversi blog in lingua inglese, scritti da persone con diabete. Dall’analisi sono emersi 5 temi principali:
1. il burnout come “distacco” dalla cura del diabete;
2. la vita richiedente del diabete porta al burnout;
3. la lotta per mantenere numeri perfetti porta al burnout;
4. gli “eventi della vita” sono catalizzatori del burnout;
5. superare il burnout è difficile come “uscire da un pozzo”.
I blogger scrivono di “sentirsi in burnout” o di “essere in burnout” riferendosi a un ampio spettro di vissuti che vanno da “la sensazione di essere sopraffatti, con un preoccupante esaurimento e mancanza di determinazione nell’affrontare la gestione quotidiana del diabete”, fino a “rinunciare completamente a gestire la malattia, prendendo solo l’insulina necessaria per sopravvivere”. Un graduale processo di distacco dalle cure che può durare giorni, mesi o anche anni, durante i quali si mettono in atto meccanismi di distacco, di abbandono della cura di sé: non soltanto in termini di comportamenti alimentari, stile di vita, aderenza alla terapia e monitoraggio del glucosio, ma anche distacco dalla comunità e dai gruppi di altre persone con diabete.
Il diabete viene descritto come “un faticoso lavoro 24 ore su 24, 7 giorni su 7, senza vacanze né premi”, durante il quale il livello di responsabilità e il carico lavorativo per continuare a sopravvivere diventano sempre più difficile da sopportare. Un “vampiro” che ti succhia il sangue dalle dita, letteralmente.
Il continuo bisogno descritto dai blogger di dimostrare a sé stessi e agli altri che potevano raggiungere il “perfetto” controllo della glicata è un altro fattore che contribuisce a sperimentare il burnout. Le aspettative dei curanti deluse quando i risultati delle analisi non sono buoni (“quello sguardo!” “quel tono di voce!”) generano un senso di fallimento, frustrazione e isolamento.
Ci sono poi specifici eventi o fasi della vita che i blogger descrivono come catalizzatori del burnout: per molti si tratta del passaggio all’età adulta, ma altri descrivono il post-partum o il manifestarsi di altre malattie. E ancora problemi in famiglia, traslochi, lutti, divorzi: quando aumentano gli agenti stressanti anche il diabete diventa più difficile da tollerare.
Tutti i blogger descrivono la difficoltà di uscire dal burnout, che comincia dalla difficoltà di ammetterlo con sé stessi e di riuscire a chiedere aiuto. Il burnout viene descritto come pericoloso, spaventoso quanto la chetoacidosi, un incubo che può portare a conseguenze non volute e terribili. Qualcuno lo descrive come un tornado che devasta una città un tempo maestosa e la lascia in macerie. Si cerca di nascondere il burnout dietro a una maschera di falsa positività. Ma tardando nel farsi aiutare si finisce in una spirale negativa, che spesso culmina nel ricovero ospedaliero. Diventa quello il punto di svolta obbligato per risollevarsi.
Per altri fortunatamente la svolta arriva anche prima grazie ai gruppi di supporto, agli amici, ai familiari e anche ai curanti. Molti blogger riescono a trovare una risorsa proprio nello scrivere il blog, un comportamento proattivo che permette di riconoscere il momento di difficoltà vissuto e di togliere la maschera, per manifestare la propria vulnerabilità.
Secondo gli autori dello studio, sulla base delle esperienze descritte dai blogger si possono distinguere distress e burnout in base al modo di intendere il senso di impotenza. Nel distress da diabete, l’impotenza si riferisce alla mancanza di speranza associato all’inefficacia del controllo del diabete e allo sfinimento emotivo; nel burnout impotenza indica una mancanza di speranza nel prendersi cura di sé.
Gli aspetti di depersonalizzazione, di inefficacia, di distacco e di mancanza di motivazione descritti dai blogger sono molto simili a quelli descritti da Maslach per quanto riguarda il burnout professionale.
A cura di Francesca Memini
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