IL PUNTO – IN RETE UN PORTALE SUL DIABETE INFANTILE

Attenzione ai nostri bambini

Un sito rivolto anzitutto ai pediatri di famiglia per diffondere l’informazione sulla patologia e contribuire alla diagnosi tempestiva del tipo 1 nei più piccoli e nei ragazzi e all’appropriatezza della terapia. Ne parliamo con un esperto, il dottor Stefano Tumini

Sappiamo che il diabete o, anzi, i diabeti -come suggeriscono molti medici per sottolineare le diverse forme della patologia- rappresentano un problema serio, che può però essere ben gestito e governato, a condizione di individuarlo tempestivamente e di curarlo correttamente. Per quanto riguarda il diabete di tipo 1, quello che si manifesta nei bambini e negli adolescenti, esiste oggi in rete una guida assai utile e competente, il portale www.diabeteinfantile.it, curato da un esperto gruppo di lavoro di specialisti in materia di diabetologia pediatrica, endocrinologia, pediatria generale e specialistica, che lavorano in ospedali e università di tutta Italia (Luciano Cavallo di Bari, Valentino Cherubini di Ancona, Giuseppe D’Annunzio di Genova, Patrizia Patera di Roma, Paola Pierangelini di Monterubbiano-Fermo, Stefano Tumini di Chieti); il sito è patrocinato dalla Siedp (Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica) e realizzato con il contributo non condizionato di Bayer.

Il portale offre una informazione a tutto campo, sistematica e al tempo stesso molto chiara, su tutte le problematiche del diabete di tipo 1 (dalla definizione e inquadramento diagnostico al riconoscimento dei “campanelli d’allarme”, dalla corretta gestione della patologia al rapporto fondamentale diabete-scuola, dalle terapie disponibili a come dare sostegno alle famiglie). Queste pagine web sono aperte e accessibili a tutti coloro che sono interessati alla tematica, ma sono in particolare intese a richiamare l’attenzione dei pediatri di famiglia, che sono spesso i primi soggetti a verificare i sintomi di un possibile diabete di tipo 1 nel ragazzo o nel bambino.

Di tutta la vasta problematica – diagnosi precoce, informazione, prevenzione- abbiamo parlato con uno dei membri del gruppo di lavoro di www.diabeteinfantile.it: il dottor Stefano Tumini, dirigente medico presso la Clinica pediatrica dell’Università degli studi di Chieti, pediatra endocrinologo.


Dottor Tumini, può dirci come è nata l’idea di un portale dedicato al diabete infantile e a chi è prevalentemente rivolto?

La divulgazione delle norme di buona pratica clinica rappresenta un momento essenziale nel modello di cura delle patologie croniche. In analogia con quanto avviene in altri Paesi, devono essere coinvolte tutte le figure professionali coinvolte nel processo di cura e il pediatra di famiglia svolge un ruolo cruciale. Più che di un’idea, parlerei di un approccio integrato alla cura quindi una vera e propria strategia.


Esiste un problema di inadeguata informazione sul diabete infantile sia nei pediatri sia nelle famiglie? C’è in questo una carenza attribuibile anche alle istituzioni sanitarie?

L’informazione istituzionale deve diffondersi molto più ampiamente. Soprattutto in riferimento allo stile di vita e alla prevenzione del diabete di tipo 2, che ormai colpisce anche nel nostro Paese la tarda adolescenza, specie nei grandi obesi. Nel diabete di tipo 1 devono essere attivate campagne di informazione con lo scopo di rimuovere alcuni “pregiudizi”, per esempio paura delle ipoglicemie che spesso condizionano la partecipazione ad attività di socializzazione come lo sport e la scuola. Il recente documento ministeriale per l‘inserimento del bambino con diabete nei contesti scolastici è un valido contributo, ma si devono attuare campagne regionali applicative. Certamente il pediatra di famiglia può svolgere un ruolo chiave nel rimuovere vecchi pregiudizi e ingiustificate paure nella scuola e in tutte le attività di socializzazione, favorendo una cultura dell’accoglienza. Le famiglie ricevono generalmente dai Servizi regionali di Diabetologia pediatrica una solida preparazione che dovrebbe trovare un ambiente fertile nei contesti scolastici e ricreativi dove il diabete dovrebbe essere più conosciuto.

Per i pediatri di famiglia sarebbe importante favorire una conoscenza più approfondita del diabete e stimolare un alto indice di sospetto della patologia soprattutto nei bambini più piccoli in cui i sintomi possono essere a volte poco specifici e conseguentemente la diagnosi troppo tardiva. In fondo, sarebbe sufficiente eseguire una glicemia in ambulatorio o addirittura a casa del paziente per porre diagnosi di diabete (evitando le conseguenze drammatiche di una diagnosi tardiva: chetoacidosi e possibili gravi conseguenze)
Il caso del piccolo Plinio Ortolani (di cui parliamo in questo numero a pagina 32) ha messo in evidenza il problema dell’importanza assoluta di una diagnosi tempestiva del diabete nel bambino: che cosa è necessario fare per evitare che il diabete non sia subito riconosciuto e causi danni gravi in mancanza di pronto intervento terapeutico?

Come dicevo, bisogna favorire soprattutto in età pediatrica un alto indice di sospetto nella diagnosi di diabete. In letteratura si segnalano ritardi diagnostici legati a sintomi quali il respiro profondo e rapido (respiro di Kussmaul) scambiati con attacchi asmatici. In generale, nei Paesi in cui il diabete è meno frequente, le diagnosi sono più tardive e il contrario accade dove la prevalenza di diabete è molto elevata. Inoltre, nelle famiglie in cui c’è già un caso di diabete l’eventuale comparsa di diabete in un altro fratello viene sempre riconosciuta molto precocemente. La campagna di informazione nelle scuole messa in atto dal professor Maurizio Vanelli in Emilia Romagna ha prodotto risultati stupefacenti. Nelle province in cui si era fatta informazione scolastica i casi di chetoacidosi grave all’esordio si sono notevolmente ridotti (o sono scomparsi). Per prevenire le possibili gravi conseguenze di un diabete diagnosticato tardivamente bisogna divulgare in tutta la popolazione, quindi non solo nella classe medica, ma anche in ambiente strategici quali la scuola, le società sportive, utilizzando tutte le risorse disponibili: ambulatori, media, farmacie, internet. Sono tuttavia del parere che la scuola debba costituire un ambiente privilegiato per divulgare più in generale e con maggiori ricadute la cultura della salute più in generale.


Quali sono i danni principali di una mancata diagnosi tempestiva? Risulta che vi siano casi frequenti di questo tipo di grave errore? Quali sono le ragioni per cui il diabete può essere scambiato per qualche cosa d’altro?

Esistono numerose peculiarità che rendono difficile la diagnosi di chetoacidosi nel bambino. Segni quali la poliuria e l’enuresi notturna possono essere difficilmente individuabili nei primi anni di vita. L’enuresi primaria non viene associata a un possibile diabete. Il respiro di Kussmaul può essere scambiato con bronchite asmatica, nei più piccoli con bronchiolite o polmonite e indurre la somministrazione di cortisonici che aggravano l’iperglicemia. La chetoacidosi viene sospettata più difficilmente nei bambini piccoli poiché  in età prescolare la prevalenza di diabete è inferiore rispetto alle epoche successive

La prevalenza di chetoacidosi non è diversa in Italia rispetto ad altri Paesi con eguale incidenza di diabete. Non ci sono dati sulla percentuale di diagnosi errate all’esordio del diabete e/o della chetoacidosi. La complicanza più temibile della chetoacidosi diabetica specie nei più piccoli è l’edema cerebrale, la cui patogenesi non è ancora del tutto nota. L’edema cerebrale si associa a un elevato tasso di mortalità o di complicanze neurologiche permanenti. Altre complicanze, vascolari, renali, eccetera, sono molto più rare


Oltre alla diagnosi precoce del diabete di tipo 1 per prevenire la chetoacidosi, esiste il problema della prevenzione del diabete di tipo 2 nei giovani, fenomeno segnalato in crescita negli ultimi anni? E quali margini vi sono invece per fare prevenzione primaria nel tipo 1?

La prevenzione del diabete di tipo 2 comincia in età pediatrica con la lotta al sovrappeso, all’obesità, alla sedentarietà e con la promozione di un corretto stile di vita. Da questo punto di vista, il pediatra di famiglia svolge un ruolo fondamentale sia come divulgatore sin dai primi mesi di vita di una sana alimentazione sia, successivamente, di un corretto stile di vita. Inoltre, spetta al pediatra lo screening dei paziente ad alto rischio di sviluppare diabete di tipo 2 nell’adolescenza: grandi obesi, familiari di I° grado con diabete tipo 2, adolescenti con segni di insulino-resistenza (per esempio, acanthosis nigricans) e il relativo invio a un centro specializzato.

Per quanto riguarda la prevenzione primaria del tipo 1, tutti i protocolli di studio portati a termine non hanno permesso di individuare farmaci in grado di garantire una cura primaria. Al contrario, la diffusione di nuove insuline e il miglioramento delle tecnologie applicate al diabete permetteranno di migliorare ulteriormente le cura e la qualità della vita e di prevenire le complicanze
 

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