Più educati, più sani
Per curarsi bene, oltre ai farmaci giusti, sono necessarie la conoscenza della propria condizione e la capacità di cambiare gli stili di vita scorretti, imparando a nutrirsi con equilibrio, a fare movimento e a tenere sotto controllo il peso
Nella terapia del diabete un ruolo speciale è rivestito dalla educazione terapeutica. I primi provvedimenti riguardano la correzione dello stile di vita, il più delle volte caratterizzato da una condotta alimentare scorretta, sia per la quantità e qualità degli alimenti, sia per il difetto di attività fisica. Sul piano dietetico, sarà importante adeguare l’apporto di calorie al consumo energetico, ridurre sostanzialmente la quota di zuccheri semplici e di grassi, introdurre una quantità adeguata di carboidrati complessi (pane, pasta, legumi) e di fibre (preferire gli alimenti integrali), ridurre l’assunzione di alcolici a non più di un bicchiere di vino al giorno, abbondare nella assunzione di verdura e, ove possibile, dare ampio spazio all’uso di pesce. Fra gli obiettivi di una corretta alimentazione c’è, in primo luogo, una riduzione del peso corporeo, abitualmente in eccesso. Riduzioni anche modeste del peso consentono, infatti, di ottenere risultati eccellenti sull’equilibrio metabolico.
Nelle modificazioni dello stile di vita un posto fondamentale spetta alla introduzione, nel modello di vita individuale, di una quota di esercizio fisico. La raccomandazione è quella di eseguire un’attività fisica aerobica di intensità moderata come, per esempio, camminare a passo svelto, per almeno 30 minuti al giorno, per 5 giorni la settimana. In assenza di controindicazioni, viene anche incoraggiata l’esecuzione di esercizi di resistenza per tre volte la settimana.
Le modificazioni dello stile di vita fanno parte di un programma di educazione terapeutica che dovrebbe costituire la base di ogni trattamento dei pazienti. Dovrebbe essere compito di infermieri e dietisti facenti parte del team diabetologico e addestrati a questo compito. Manca ancora da noi la figura dell’educatore certificato che dovremmo peraltro acquisire.
Studi clinici come il Diabetes Prevention Program o Dpp hanno chiaramente dimostrato che semplicemente adottando le modificazioni dello stile di vita sopra descritte è possibile ridurre di quasi il 60% la comparsa di diabete in soggetti affetti da intolleranza al glucosio che, come abbiamo detto, è una forma di pre-diabete.
Si è molto discusso se, nei soggetti affetti da pre-diabete (intolleranza al glucosio e/o anomala glicemia a digiuno), sia opportuno intervenire, oltre che con le modificazioni dello stile di vita, con un trattamento farmacologico. Questa eventualità -secondo la linea guida dell’Ada- deve essere esclusa con l’eccezione dei soggetti ad alto rischio come quelli portatori sia di “intolleranza al glucosio” sia di “anomala glicemia a digiuno” e di almeno un ulteriore fattore di rischio fra quelli sopra elencati. Limitatamente a questi casi, può essere valutata l’opportunità di somministrare la metformina.
Quando la diagnosi di diabete è certa, ancora maggiore impegno deve essere posto nella correzione delle abitudini non salutari, ma l’opinione corrente è che si debba sempre, in ogni caso, associare fin dall’inizio una terapia con metformina. Il farmaco non deve però ridurre l’attenzione alle modificazioni dello stile di vita, ma deve integrarsi con queste per conseguire un risultato migliore e in tempi più rapidi.
In un prossimo numero del giornale avremo l’opportunità di definire le modalità e gli obiettivi della terapia farmacologia del diabete di tipo 2 alla luce della linea guida dell’Ada e del documento di consenso elaborato congiuntamente dall’Associazione americana e dalla Associazione europea per lo studio del diabete (Easd).