“Se pensiamo a questo progetto come a una pura tappa ciclistica, allora quanto accaduto potrebbe considerarsi un insuccesso”.
Inizia così la call con Massimiliano Talini e Marcello Grussu.
Inizia con una parola che non vorremmo mai ascoltare: insuccesso.
Una parola ostile, complessa, respingente, che inesorabilmente ci allontana dal lieto fine che crediamo di meritare e a cui tutti auspichiamo. Eppure, è come se ci dimenticassimo – volontariamente – che il fallimento, inteso come fragilità, perdita o sbaglio, è parte irrinunciabile della nostra vita. Una parte grossa, che la si voglia guardare oppure no. La perfezione, a quanto pare, non abita questo mondo. E meno male.
Ma poi, cosa è fallimento e cosa non lo è?
Ed è proprio la frase con cui prosegue Massimiliano a offrire una risposta: “Se andiamo più a fondo la questione si rovescia e possiamo dire che è stato un successo, per quanto è riuscito a smuovere in termini di sensibilizzazione su vari temi, dal diabete alla sicurezza stradale. E poi c’è stata la crescita di un gruppo”.
Facciamo un passo indietro. Avevamo parlato di “In viaggio verso l’Alaska” qualche mese addietro [trovate l’articolo qui].
In ricordo di Mauro Talini, ciclista e avventuriero insulino-dipendente, un gruppo di ciclisti avrebbe ripreso il viaggio iniziato da lui nel 2013 a Ushuaia, in Patagonia, e interrotto a causa di un tragico incidente stradale il 13 maggio 2013, a Trincheras Caborca, in Messico.
Cinque tappe, 10 ciclisti, dal Messico fino alla meta finale: Prudhoe Bay, Alaska, il 12 luglio 2022.
A Prudhoe Bay l’ultima coppia, composta da Alberto Fiorin e Dino Facchinetti, non è mai arrivata. Alberto ha subito un distacco della retina all’occhio destro. In mezzo al nulla, a Fort Nelson, un comune di circa 4000 abitanti, in Canada. Fortunatamente i due sono riusciti ad arrivare a un centro medico in tempo per salvare l’occhio.
“Abbiamo seguito con passione tutte le coppie di atleti, dalla partenza degli amici messicani, fino alla vicissitudine di Alberto. Al traguardo non ci siamo arrivati, ma abbiamo innescato un coinvolgimento della politica, delle amministrazioni comunali e del CONI. Abbiamo raccolto la forte partecipazione di chi stava a casa attraverso i social e abbiamo creato sinergie tra associazioni che hanno collaborato tra di loro“, dice Marcello Grussu (presidente ANIAD, Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici), “In più, attraverso l’incidente di Alberto ci siamo resi conto del valore del nostro sistema sanitario. Ricordo ancora l’apprensione provata per la lunga attesa prima che si decidessero ad operarlo; attesa dovuta alla valutazione dell’assicurazione. Inoltre ci siamo resi conto di come in Messico l’accesso ai farmaci sia molto limitato, benché l’incidenza del diabete sia altissima, 12-13%, a fronte del 6,2% in Italia”.
Ascoltando le loro parole, ripenso alla domanda con cui è iniziato questo articolo. Cos’è un fallimento e cosa non lo è? Io me lo sono domandata spesso, ogni volta che partivo per lunghi viaggi in solitaria, che nella mia testa avevano una meta finale ben precisa. La meta è un luogo fisico e simbolico che ci aiuta a chiudere un cerchio e che sottende l’inizio di un viaggio.
Ma sono sempre più certa, e la storia che mi viene raccontata da Massimiliano Talini e Marcello Grussu me lo conferma, che il passo più importante non sia mai l’ultimo, ma il primo. Perché il primo passo coincide con la volontà di un’azione concreta. Il primo passo è il salto nel vuoto, ed è sempre, per sua natura, incendiato di coraggio.
Se facciamo quel primo passo, non possiamo dire in nessun caso di aver fallito, perché il successo di un progetto sta tutto in quel rischio che un giorno qualcuno decide di prendersi.
“I ragazzi si erano preparati al peggio: a pedalare sotto la neve, ad attraversare posti pericolosi, a incontrare orsi. È stato un problema inaspettato, in nessun modo prevedibile, a farli fermare. È stato accolto, come parte della vita, come parte di quel mistero di cui non sappiamo nulla”, dice Massimiliano e, pensando a suo fratello, continua: “ogni volta che Mauro tornava da un’avventura si chiedeva: Come fa questo straordinario a diventare ordinario, a diventare il quotidiano? Forse la risposta sta nel vivere coltivando relazioni, vivere creando progetti condivisi, vivere la vita onorandola in ogni singolo giorno, qualunque cosa accada”.
A cura di Patrizia Dall’Argine