Nel 2013, Mauro Talini, ciclista insulino-dipendente, iniziava il suo viaggio “Dal sud del mondo all’Alaska”.
Per sud del mondo s’intende l’ultima città del mondo, che si trova nella Patagonia Argentina: Ushuaia. Mauro ha iniziato lì, nella terra dei pinguini e dei cormorani. Si è messo a pedalare. In solitaria. Tutto ciò che serviva, abbarbicato sulla sua bicicletta. Beni di prima necessità, e beni irrinunciabili per il corretto funzionamento del suo corpo di persona con diabete.
Ha iniziato a pedalare, sapendo che da quel viaggio, da quella esperienza sarebbe tornato diverso. Tornava diverso sempre. Cambiava sempre qualcosa. In lui, negli altri. Negli altri che sono specchio di noi, dentro i quali ci riflettiamo, per scoprire chi siamo davvero, per rispondere con verità alla nostra chiamata.
La sua chiamata era l’altrove e si concretizzava attraverso l’andare.
Quel viaggio si interrompe in Messico. Il 13 maggio 2013, a Trincheras Caborca, Mauro viene investito da un camion.
«Quando Mauro è venuto a mancare, abbiamo pensato che avremmo portato avanti il suo sogno. È nata l’associazione “Ancora in viaggio“, attraverso la quale Mauro continua a viaggiare insieme a noi. Il viaggio prosegue anche se non fisicamente con lui. Ci ha passato il testimone e noi l’abbiamo raccolto», dice Massimiliano Talini, fratello di Mauro.
Per questo l’11 aprile diversi ciclisti, messicani e italiani, alcuni dei quali col diabete, riprenderanno il viaggio di Mauro, là dove si è interrotto, in Messico. Ripartiranno dal luogo dell’incidente e in 5 tappe, ognuna delle quali realizzata almeno da una coppia di ciclisti, consegneranno di volta in volta il testimone, fino al raggiungimento della meta: Prudhoe Bay, Alaska, il 12 luglio 2022.
«Quando ci è stato chiesto di partecipare come ANIAD (Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici), non ci abbiamo pensato due volte. Sentivamo un debito di riconoscenza nei confronti di Mauro, che raccoglieva fondi per ANIAD e che ha iniziato queste imprese in anni nei quali c’era estremo bisogno di parlare di diabete e attività fisica. Lo sport avvicina, impone una disciplina, una regolarità. E queste sono caratteristiche che possono essere adattate anche nella gestione del diabete», dice Marcello Grussu, presidente di ANIAD, «Le motivazioni di questo viaggio sono forti. Certamente si vuole dare un messaggio rispetto al diabete e farlo a livello internazionale. Credo sia estremamente importante. Dobbiamo considerare che l’accesso alle cure del diabete non è uguale dappertutto; accesso ai dispositivi, alla tecnologia, ai farmaci. L’insulina che ricordiamo essere un farmaco salvavita non è accessibile a tutti e oggi, nel mondo, cinquecento milioni di persone sono affette da diabete di tipo 1 e 2. Attraverso “In viaggio verso l’Alaska” vogliamo affrontare altri due temi che ci stanno particolarmente a cuore: la sicurezza stradale e la salvaguardia dell’ambiente».
Mentre Massimiliano e Marcello mi parlano, mi interrogo su Mauro. Un uomo che ha saputo fare della sua vita un’impresa straordinaria e che anche ora ispira altri a fare lo stesso, a mettersi in sella a una bici e a iniziare a pedalare.
«Mauro aveva questa “stranezza” che lo accompagnava. Era in cammino. Era il cammino che plasmava Mauro, che lo faceva crescere. Aveva tanti obiettivi, portava a casa un insegnamento da ogni percorso. Umanamente cresceva. La sua stranezza stava nel cimentarsi in grandi imprese, avventure complicate, che facevano parte di una ricerca personale».
Massimiliano usa con infinita dolcezza questa parola, “stranezza”, che ha a che fare col mistero di Mauro, delle sue scelte. Col mistero, io credo, di tutti coloro che seguono un percorso non convenzionale, complesso, attraverso il quale si misurano o misurano la propria esistenza. La stranezza di cercare altro, più di quello che ci offre una vita sicura e al sicuro, la stranezza che si paga attraverso il confronto con l’ignoto e che a Mauro è costato il prezzo più alto.
Eppure, mi raccontano, non avrebbe potuto vivere diversamente. Non poteva.
«La qualità della vita di una persona si misura attraverso la sua passione. Se ho il diabete, potrò comunque sviluppare la mia passione attraverso gli strumenti che avrò a disposizione. Se accetti la malattia, hai trovato l’opportunità di ricavare qualcosa di migliore. Hai un limite ma puoi comunque progettare, pensare e realizzare. E questo porta appagamento», dice Marcello.
L’11 aprile un gruppo di ciclisti partirà dal Messico, raccogliendo il testimone di un altro uomo. Raccogliendone il sogno. Facendolo proprio, nel profondo, tanto da portarlo a compimento per lui.
A cura di Patrizia Dall’Argine