“Il branco siamo noi”.
Questo lo slogan di Women in Run, società sportiva fondata da Jennifer Isella. Un esperimento che ha dato immediatamente i suoi frutti, rendendo possibile la creazione di una rete che sta coinvolgendo, man mano, tutta Italia. Le protagoniste sono le donne.
Donne che corrono.
“Donne che corrono coi lupi”, direbbe la meravigliosa Clarissima Pinkola Estés, che col suo libro ha raccontato il selvaggio nel femminile, la forza creatrice e istintuale della donna.
Anche chiudendo gli occhi e immaginando un gruppo di donne che corre, la si può sentire, l’energia indomabile che ne scaturisce. Donne che corrono coi lupi, perché sono loro il branco. E perché da nessun altro branco si lasceranno fermare, o intimidire o impressionare. Da nessuna forma di violenza si faranno discriminare.
“Abbiamo sentito l’urgenza di creare dei gruppi di allenamento in città, per alcune ragioni. La prima è stata la sicurezza. È importante che le donne possano correre sicure e che in nessun modo debbano temere per la loro incolumità. Secondariamente il gruppo è fondamentale anche a livello motivazionale. Ci sono molte ragazze che non corrono perché provano vergogna e non si sentono a loro agio in abiti sportivi… il running-network delle WIR sta crescendo sempre più e abbiamo una referente territoriale per ogni città”, mi racconta Jennifer Isella.
“Inoltre collaboriamo con diverse Onlus che portano avanti progetti di sostenibilità e impatto sociale”.
Ecco una cosa certa: un gruppo di donne insieme sposta le montagne.
Jennifer ha il fuoco dentro, un animo da lottatrice che emerge già dalle prime parole che sento al telefono.
A 16 anni il diabete di tipo 1 entra nella sua vita. Fin da piccola è circondata da sportivi, la mamma e la zia correvano a livello agonistico. Lo sport è sempre stata una questione famigliare.
Lei, dopo un periodo dedicato alla pallavolo, si avvicina all’atletica solo nel 2006.
Il suo primo allenatore è suo cugino e presto iniziano le gare con relativi risultati. Jennifer è campionessa italiana Aniad (Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabeti) di mezza maratona e campionessa europea sui 10 km nella competizione riservata ad atleti con diabete.
“Ma la grande soddisfazione è stata gareggiare con atleti normoglicemici, e vincere diversi podi.
Tre anni fa ho partorito e ho dovuto rallentare un po’, ora sono rientrata nei 4 allenamenti a settimana, poi torneranno ad essere 5”.
E così procede la sua vita di corsa, di donna e di mamma, tra lavoro, famiglia, una figlia piccola, un progetto al femminile di caratura nazionale, la voglia di non mollare e il diabete. Che non è una piccola cosa, trascurabile.
“Il fatto che sia una malattia invisibile, la rende spesso inesistente agli occhi di chi non la vive. Ma il diabete è una malattia subdola, complessa e minimizzarla non contribuisce alla sensibilizzazione del problema. Noi dobbiamo sempre ricordare che l’insulina per una persona col diabete è un farmaco salvavita”.
E aggiunge: “Quando ho deciso di correre, il medico che mi seguiva me l’ha vietato, dicendo che nelle mie condizioni era fortemente sconsigliato. Non mi sono arresa. Ho cambiato medico e da lì non mi sono più fermata. Una persona col diabete può fare sport a livello agonistico, se lo desidera, e la corsa mi ha sempre aiutato moltissimo con le mie glicemie. Mi ha forgiata, perché è uno sport di fatica. E quando corro sono concentrata solo su quello che sto facendo. È un’attività che pensavo noiosa, ma in realtà mi ha subito appassionata. Pensa che ho continuato a correre, con le dovute precauzioni, fino al sesto mese di gravidanza”.
E mi racconta di progetti, idee, voglia di fare e di cambiare le cose che vanno cambiate.
Con l’onestà di dire a sé stessa che non si può fare tutto e che a qualcosa deve e dovrà rinunciare.
Ma per il resto, per quello a cui non si può rinunciare, lei – potete starne certi – ci arriverà… correndo.
A cura di Patrizia Dall’Argine