«Ho avuto una vita movimentata».
Così me la descrive Jessica Casula.
E per avere un’idea di cosa intende, bisogna immaginarsela che gira i palchi di tutta l’Italia, per 22 anni, con un gruppo che fa cover. E che poi li gira con canzoni sue, scritte dal marito, musicista, e poi che arriva alla vittoria di Sanremo NewTalent Winter del 2017.
Insomma, ha iniziato a 15 anni e non si è più fermata.
Ma è iniziata, questa sua vocazione per il palco, molto prima. Quando alle cose non si danno nomi, perché siamo troppo piccoli per le definizioni e quello che facciamo è semplicemente la risultante di un qualcosa che poi, man mano, si perde, ma che vorrei definire – per lo meno per quei primi anni di vita – “il modo naturale in cui stiamo al mondo”. Ovviamente sono i nostri genitori che lo avvistano per primi.
E poi ce lo raccontano, quando siamo grandi, e quel modo naturale di stare al mondo è inevitabilmente un po’ meno naturale, un po’ più schermato, un po’ più elaborato, con qualche sovrastruttura in più, con qualche spontaneità in meno.
«Eri così», ci raccontano.
«Eri così», le raccontano. «Eri una bambina che amava stare in mezzo alla gente. Una bambina allegra, che ballava e cantava sui tavoli».
E poi ci sono i suoi ricordi, di quando più grande registrava i suoi pezzi in camera, cantando di fronte allo specchio.
Insomma, quella era la strada. Per alcuni è più tortuoso riconoscerla, per molti cambia col tempo, per altri è visibile soltanto dopo molti bivi e sensi unici.
Jessica respirava palchi anche quando i palchi erano i tavoli di casa o del ristorante.
Era lì che voleva stare, e lì è stata.
«Il diabete ce l’ho da 41 anni. Era luglio del 1980. Avevo 5 anni, e il medico pensava che il mio malessere fosse una sorta di gelosia nei confronti di mio fratello che era nato il 16 luglio. Il consiglio è stato quello di allontanarmi da casa per un po’, di portarmi dagli zii e di assumere ricostituenti. Ma poco dopo la situazione è ovviamente peggiorata. Quando sono arrivata in ospedale avevo 900 di glicemia.
Credo che sia stato un bene per me avere il diabete da piccolissima. Non posso dire di aver sperimentato un anno zero, un prima o un dopo. Ci convivo da sempre.
Quarant’anni fa era certamente più complicato. La tecnologia ora ci aiuta tantissimo. Ora se ho un’ipoglicemia mio marito lo vede dal telefono. Per questo credo sia importantissimo avere accesso a questo tipo di dispositivi che servono a vivere meglio e facilitano radicalmente la gestione del diabete».
«Io ho sempre considerato il diabete uno stato fisico. Ti porta, volente o nolente, a vivere una vita sana. A fare sport e a non esagerare. Ho passato momenti molto duri. Penso al momento in cui sono rimasta incinta e il medico si è rifiutato di seguire la mia gravidanza. Ce l’ho fatta solo grazie all’aiuto del mio ginecologo. Ho rischiato l’aborto ed ero spesso in ipoglicemia. Ma alla fine, è nata Denise».
Denise che ora ha 25 anni, perché Jessica ha avuto sua figlia giovanissima e anche questo fa certamente parte di una vita “movimentata”. Una vita intensa, vissuta pienamente. E la pienezza non è mai casuale, la pienezza è voluta, è una scelta coscienziosa.
«Il mio motto è: Non fare domani quello che puoi fare oggi». E credo le calzi a pennello. Non si può dire che Jessica abbia i tratti della procrastinatrice. È l’oggi che le interessa. È l’oggi il suo palco.
Meglio sola è l’ultimo disco di Jessica Casula. Quello precedente si chiama Do ut Jes, un titolo che vuole parafrasare la famosa locuzione latina “Do ut Des”.
«Alla musica ho dato tanto, e allo stesso modo alla musica devo moltissimo. Mi ha dato la forza di andare avanti».
Uno scambio più che equo.
A cura di Patrizia Dall’Argine