Che cos’è la chetoacidosi? Lo dice la parola: è una situazione di notevole impegno generalmente dovuta al fatto che il sangue diviene acido per il crescente accumulo di corpi chetonici. Ma forse sarà opportuno spiegarci meglio.
Nella prima lezione, quella sull’insulina, imparammo che quest’ormone è per il glucosio come una chiave senza la quale non si apre la porticina della cellula. In mancanza d’insulina, il glucosio non entra nelle cellule, è costretto a rimanere fuori e così si concentra nel sangue e nelle urine dando luogo a iperglicemia a glicosuria.
Ma non dicemmo che cosa fanno le cellule rimaste senza glucosio: da dove prenderanno il nutrimento per la loro vita? Per fortuna le cellule possiedono una fonte energetica alternativa di alto valore nutritivo, vale a dire il grasso, che, come tutti sanno, è un tessuto motto esteso e rappresenta quindi una riserva di energia molto valida.
Quasi tulle le cellule “si nutrono” in continuità di grassi insieme al glucosio, tanto le loro riserve si riformano in continuazione ogni qualvolta noi mangiamo. Per ciò, quando per mancanza d’insulina il glucosio non può entrare nelle cellule, queste non hanno bisogno di cambiare le proprie abitudini perché non fanno altro che attingere il loro nutrimento esclusivamente dai depositi di grasso.
Ciò comporta però delle conseguenze molto importanti perché la combustione all’interno delle cellule dei grassi comporta la formazione di quei corpi chetonici di cui parlammo prima. Spieghiamoci meglio. Mentre il glucosio rappresenta un’energia “pulita”, un po’ come l’energia elettrica, i grassi sono invece un’energia “sporca” come il carbone che fa fumo e ceneri. In presenza d’insulina, quando la cellula “va” ad energia elettrica mescolata a carbone, cioè glucosio a grassi insieme, le scorie vengono rapidamente eliminate. Ma quando la cellula per mancanza d’insulina deve fare a meno del glucosio, subito si formano fumo e ceneri, vale a dire corpi chetonici.
Questi ultimi sono acidi forti a accumulandosi nel sangue, finiscono per renderlo acido e ciò comporta una situazione molto preoccupante che, a lungo andare, non è compatibile con la vita stessa. Occorrono giorni perché questa situazione si instauri, ma quando si cade in questo giro di cose, se non si interviene subito con alte dosi di insulina è davvero un brutto affare.
Adesso il problema è più chiaro: la chetoacidosi insorge solamente in mancanza d’insulina, come nei diabetici che ancora non sanno di esserlo a quando ci dimentichiamo di fare la nostra dose quotidiana di insulina. Ma ricordiamoci anche di talune situazioni che possono favorire la chetoacidosi, soprattutto quando insorgono in soggetti nei quali la dose d’insulina non è stata bene regolata.
Una di queste è la presenza di uno state febbrile, ad esempio un’influenza: in tal caso anche un diabetico tipo 2, quello che non ha bisogno di fare l’insulina, può vedere insorgere una chetoacidosi. Un’altra situazione di rischio, particolarmente in diabetici male regolati, può essere una forte emozione.
Come ci si accorge che c’è una chetoacidosi? Prima di tutto perché da alcuni giorni sono ricomparsi i segni di iperglicemia: sete, urinare tanto, stanchezza, prurito e compagnia bella. Se ci facciamo l’esame delle urine, Santa abitudine!, già in questa fase vedremmo diventare viola la parte reattiva ai corpi chetonici. Ma quando le cose vanno avanti, la sete diverrà arsura, insorgerà vomito, respiro pesante a spesso uno strano dolore di pancia.
I nostri famigliari, se sono un po’ attenti, avvertiranno nel nostro alito uno strano odore, come di mele cotte. Che è poi l’odore dell’acetone, uno dei corpi chetonici. La prova del nove è data dalla glicemia che risulta sempre così alta da non poter esser dosata con le strisce reattive a dalla forte positività della reazione per i corpi chetonici nelle urine.
In queste condizioni che cosa dobbiamo fare? La cosa più giusta è di non perdere tempo e metterci in contatto, anche solo telefonico, con il nostro medico che dopo aver controllato la reale presenza di questa situazione, certamente prenderà la decisione di farci ricoverare in ospedale.
Solo in ospedale, infatti, è possibile attuare la cura piuttosto complessa e intensa della chetoacidosi. Ma nel caso non ci fosse possibile rintracciare il nostro medico oppure se egli non avesse la possibilità di venire al più presto al nostro domicilio, allora non perdiamo tempo a rechiamoci al pronto soccorso del più vicino ospedale dove sapranno certamente valutare la situazione e, se necessario, ricoverarci in idoneo reparto ospedaliero. E se ciò dovesse succedere, non facciamone dei drammi: oggi l’insulina fa veramente miracoli.
Ora le cose dovrebbero esser più chiare. La chetoacidosi insorge soprattutto nei diabetici tipo 1, quelli che fanno insulina, quando una febbraccia o un’emozione sballa tutta la regolazione della glicemia. E soprattutto nei casi in cui l’insulina veniva fatta in quantità inadeguata o, peggio ancora, quando viene dimenticata od omessa con la scusa che in quelle situazioni generalmente non si mangia.
In ogni case il nostro salvagente sarà l’autocontrollo della glicemia e delle urine: il diabetico che con regolarità si autodetermina la glicemia ed esamina le proprie urine ogni qualvolta ha l’impressione di “sentirsi strano ” o sente i segni di glicemia elevata, non corre il rischio di chetoacidosi.
Perché, è bene ripeterlo, la chetoacidosi non è un vaso da fiori che ci cade all’improvviso sulla testa, ma è solitamente la conseguenza di un periodo più o meno lungo di cattivo controllo della nostra glicemia. I trascurati e i dimenticoni sono qui chiaramente invitati ad avere un po’ più di consapevole responsabilità.