La fertilità nei soggetti diabetici maschi è generalmente ridotta rispetto alla popolazione generale. Una ovvia considerazione può essere tratta riflettendo sulla prevalenza di disfunzione erettile (DE) nei diabetici. Tuttavia, altri motivi indicano come la fertilità possa essere un problema per gli uomini con il diabete.
Prescindendo dalla DE e dalle complicanze correlate alla neuropatia autonomica, alcuni dati recenti suggeriscono che nella popolazione diabetica i problemi di fertilità abbiano anche altre origini: in particolare, l’analisi del liquido seminale dimostra che la motilità spermatica è significativamente più bassa, e, al microscopio elettronico, lo sperma dai diabetici esibisce una più alta percentuale dei difetti apoptotici e di immaturità rispetto allo sperma dei controlli non-diabetici.
Quanto sopra ha portato a concludere che il liquido seminale dei maschi con diabete presenta difetti strutturali severi in paragone allo sperma dei controlli e ad ipotizzare che l’eventuale danno riproduttivo riconosciuto negli uomini con il diabete possa essere il risultato di interferenza della malattia metabolica in modi differenti. Le possibili spiegazioni attualmente accreditate comprendono le ipotesi che:
- il diabete mellito influenzi l’asse ipotalamo-pituitarico-testicolare mediante la capacità, legata all’azione insulinica, di mantenere la normale pulsatilità delle gondotropine (LH in particolare ed FSH); fenomeno questo normalmente fisiologico e necessario ai fini della “sensibilizzazione” recettoriale e quindi della fisiologica secrezione-azione ormonale;
- il diabete mellito influenzi negativamente la spermatogenesi mediante un effetto testicolare diretto dovuto all’iperglicemia che creerebbe un medium tubulare seminifero inadeguato non tanto alla produzione degli spermatozoi, quanto alla morfologia e vitalità degli stessi;
- l’obesità, così frequentemente presente nel diabete mellito, possa essa stessa costituire un fattore di rischio aggiuntivo dal momento che può determinare un ipogonadismo ipogonadotropo.
Resta da chiarire se la durata della malattia diabetica e/o la qualità del controllo metabolico possano influire in maniera decisa su quanto argomentato, anche se i pochi studi in proposito – due – ipotizzano che tra i parametri seminali valutati dopo compenso metabolico pare osservarsi un miglioramento soltanto relativo alle percentuali di spermatozoi morfologicamente normali e non in termini di concentrazione e/o motilità degli stessi.
Nella donna diabetica numerosi progressi sono stati fatti per assicurare che concepimento, gravidanza, parto e puerperio siano qualitativamente vicini a quelli delle donne non diabetiche. È bene ricordare che tra le donne diabetiche non vi è evidenza di subfertilità e che queste hanno circa il 95% delle probabilità di avere un bambino sano se controllano con cura i propri livelli glicemici durante tutta la gravidanza.
Sono infine moltissime le donne diabetiche che, saggiamente, programmano la gravidanza in un periodo di ottimale controllo metabolico, minimizzando così la possibilità di influenze teratogene dell’iperglicemia già allo stadio embrionario.
In ultima analisi e sintetizzando, se il controllo metabolico ottimale rimane l’obiettivo principale per il diabetico, questo concetto è ancora più penetrante nella diabetica gravida, dove l’ottimale equilibrio riduce le possibili complicanze della gravidanza.
Molte coppie, dove uno dei due partner, o entrambi, hanno il diabete, si chiedono se sia giusto decidere di avere un bambino, col rischio di trasmissione genetica della propria malattia diabetica. Esiste un certo grado di rischio quantificato da alcuni studi che dimostrano come, all’età di 20 anni, il rischio di sviluppare diabete tipo 1 sia pari a 5.3%, 10 volte superiore a quello della popolazione generale, mentre il rischio risulta del 4,07% per il diabete di tipo 2.
Va infine segnalato che la percentuale di coppie infertili con almeno uno dei due partner affetto da diabete mellito e che si rivolge ai centri di procreazione medicalmente assistita è in costante aumento e nella quasi totalità dei casi è il partner maschile ad essere affetto da diabete mellito tipo 1.