Diabete e lavoro
Secondo un’indagine statistica recente, il 35% dei giovani diabetici ha avuto difficoltà al momento dell’assunzione in un posto di lavoro, mentre il 34% dei datori di lavoro non ha neppure preso in considerazione l’assunzione di chi è affetto da diabete. Si tratta di difficoltà e discriminazioni ingiustificate. La legge 115/1987 stabilisce infatti il divieto di qualsiasi discriminazione nei riguardi dei pazienti diabetici nell’accesso a posti di lavoro pubblico e privato e raccomanda la necessità di agevolarne l’inserimento nelle attività lavorative. I diabetici, infatti, se ben autocontrollati e in buone condizioni generali, possono svolgere quasi tutti i mestieri e le professioni (con pochissime eccezioni assolute, come il pilota d’aereo o il macchinista ferroviere) e l’esperienza e le statistiche dimostrano che la loro abilità, così come il rendimento lavorativo, sono pari, se non addirittura superiori, agli altri. Il diabetico, infatti, controlla la propria salute con una regolarità che sicuramente non è abituale tra le persone non diabetiche. Quanto al tempo da sottrarre al lavoro per curare bene il diabete, esso è soltanto quello necessario per le analisi di laboratorio (2-4 mattine l’anno) e le verifiche periodiche (2-6 volte l’anno). In proposito, la legge 104/1992 concede al diabetico, quando sia riconosciuta una situazione di gravità, tre permessi mensili (retribuiti) per effettuare i regolari controlli. I diabetici, non sono dunque esposti all’assenteismo più degli altri lavoratori. Oltre a superare le resistenze all’assunzione di persone diabetiche, in Italia occorre risolvere il problema di garantire, sul posto di lavoro, facilitazioni e assistenza specifica per il lavoratore affetto da diabete (come, per esempio, qualche piatto più adatto alle sue esigenze alimentari nelle mense aziendali). Per migliorare la situazione sotto questo aspetto sarebbe necessario introdurre anche nel nostro Paese una “Carta del lavoratore diabetico”, analoga a quella in vigore negli Stati Uniti.