Quando incontriamo Eleonora mancano pochissimi giorni alla giornata mondiale del diabete, così abbiamo potuto sentire in anteprima il progetto che avrebbe lanciato in previsione della giornata:
“Mi sono messa d’accordo con la pasticceria in cui lavora mia sorella, in provincia di Sondrio, per una settimana verrà fatto un cappuccino tutto blu e parte del ricavato verrà dato alla F.I.D. (Fondazione Italiana Diabete). Sono volontaria da quasi tre anni, ho fatto una raccolta fondi per il mio compleanno e aiutato con i banchetti. Per ora non ho fatto molto. Vorrei fare cose anche più in grande, non lo so, creare qualcosa di mio.”
Ecco, su questo “non aver fatto molto” avremmo qualcosa da ridire.
A soli 26 anni Eleonora lavora in banca, fa volontariato e tiene vivo un profilo Instagram per condividere la sua vita con il diabete, novità, consigli sui dispositivi e tanto altro.
Se il diabete è arrivato nella sua vita 13 anni fa, la voglia di raccontarsi è molto più recente:
“Vivevo in un paesino molto piccolo di mille abitanti, non c’erano altre persone con il diabete con cui confrontarmi. Io sono sempre stata molto autonoma nel gestirmi ma non ne parlavo con gli amici. Più crescevo, più questo voler ignorare di proposito la cosa è diventato difficoltoso, specialmente quando ho iniziato a uscire di più, magari per bere una cosa con gli amici.”
Eleonora per un po’ finge che il diabete quasi non esista: non ne parla mai, credendo che il suo silenzio sia la cosa più matura (“Roba che ora mi metto le mani tra i capelli”). Anche provare nuovi dispositivi come il microinfusore è fuori discussione, perché l’insulina va fatta subito, in fretta, per non mostrarsi troppo (“Tendevo a farmi delle insuline a bomba per andare e non pensarci più”).
È l’esame della patente a smuovere qualcosa: “Mi hanno dato un ultimatum, o miglioravo la mia salute o non mi avrebbero fatto il certificato. Alla fine, ho messo la testa un po’ a posto, addirittura decidendo di mettere il mio (ora amatissimo) microinfusore e più avanti ancora il sensore.”
Tanto lavoro psicologico e di forza volontà: spesso queste sono le uniche due armi a disposizione di chi, come Eleonora, non ha nessuno intorno che stia vivendo la stessa esperienza.
“Imparare tutto da zero e senza confronto è stato davvero difficile, sarebbe stato meglio sapere qualcosa in più, nel senso che mi sono trovata catapultata in questo mondo estraneo e io venivo da tutt’altro ambiente, una famiglia napoletana dove le porzioni per cultura sono abbondanti e nemmeno, che so, un nonno con il diabete tipo 2 che potesse aprire la strada.”
Per combattere questa solitudine Eleonora apre il suo profilo Instagram nel 2020, per cominciare a fare ricerca: “…non solo di persone ma anche di informazioni fondamentali: quando ho avuto l’esordio nessuno mi ha spiegato che, ad esempio, potevo iscrivermi alle categorie protette. Invece grazie ai social ho scoperto di avere questa possibilità e sono stata assunta proprio grazie a questo diritto. Mi si è davvero aperto un mondo.
Con i social ho capito veramente che solo parlando, confidandosi e scoprendo cose insieme ad altri, guarisce anche una piccola parte di te.”
Anche, o forse a volte soprattutto, condividendo le cose meno belle.
#NonSoloBeiGrafici, ad esempio, nasce proprio per raccontare i giorni di picchi glicemici.
“Per anni mi sono sentita come l’unica incapace nel gestire la glicemia dopo la pizza. Quando finalmente ho trovato altre persone diabetiche ho iniziato a fare le domande più ingenue come ‘ti capita di avere 250 di glicemia?’ ma anche a capire che non ero sola. È stato uno dei turning point più importanti del mio glow-up.”
Forte di una maggiore esperienza e di una community ben consolidata, Eleonora si è lasciata alle spalle la solitudine: è una giovane donna piena di energia e gratitudine e, nonostante esprima ancora qualche timore sul riuscire a portare avanti progetti più grandi, noi siamo certe che con il suo entusiasmo realizzerà qualunque obiettivo sceglierà.