La storia del Cho Oyu ( Dea del Turchese)
La montagna
Tra le montagne più affascinanti della catena himalayana, la più occidentale della triade che racchiude la Madre della Valle o dei Venti (il Chomolungma o Monte Everest), la Dea della Pietra Turchese si eleva lungo il confine nepalese-tibetano anticipando per il viaggiatore che giunga da ponente la grande mole delle più alte montagne della terra, l’Everest (8848 m), il Lhotse (La Cima al Sud, 8516 m) e il Makalu (Il Grande Nero o Monte della Valle del Kama, 8463 m). Lasciando per conto proprio nel lontano Karakoram il K2 o Chogori, La Montagna Grande, secondo con i suoi 8611 metri, di lì a poco, continuando a oriente sulla linea di confine, s’incontrano I Cinque Tesori della Grande Neve, il Kanchenjunga, terza montagna per altitudine (8585 m) ma non per difficoltà. Il Cho Oyu è quindi sesto per altezza misurando 8201 metri. Toccarne la vetta significa affacciarsi sulle più grandi montagne del mondo.
La storia alpinistica del Cho Oyu.
Le prime spedizioni.
Nell’anno in cui il K2 viene conquistato dalla spedizione nazionale italiana guidata dal prof. Ardito Desio, nell’autunno seguente una piccola spedizione privata con a capo l’austriaco Herbert Tichy s’accampa ai piedi del Cho Oyu. Insieme con lui il forte alpinista Sepp Jöchler e il geografo Heuerberger. Si pensi che il dott. Tichy spese circa 1/16 di quello che costò la spedizione italiana e divenne celebre per il suo andare “su e giù per il Nepal come un alpinista per le Alpi” in compagnia del fedele amico Pasang Dawa Lama. A fine settembre del 1954 inizia il primo attacco alla montagna, per il versante Ovest-Nord-Ovest, che si ferma a quota 7000, dove una spaventosa bufera di neve mette in serio pericolo gli alpinisti. Tichy riporterà dei congelamenti alle mani e ritornato al campo base troverà ad attenderlo la spedizione franco-svizzera guidata da Raymond Lambert. Tichy tuttavia non demorde e fa valere i suoi diritti di esplorazione sulla montagna e con grande determinazione, nonostante la difficoltà di progressione per via delle mani, il 19 ottobre solcherà la vetta accompagnato da Jöchler e Pasang. La spedizione franco-svizzera, di cui fa parte la brava alpinista francese, Claude Logan ha ora via libera. Le condizioni avverse della montagna, dovute soprattutto alla stagione avanzata, respingono il tentativo della cordata Logan-Lambert. L’intraprendente alpinista francese ritornerà nel 1959 a capo di una spedizione tutta femminile, con le migliori donne alpiniste dell’epoca. La cordata di punta formata dalla stessa Logan e dalla giovane belga Claudine Van der Stratten sarà purtroppo travolta da una valanga a una quota di 7700 m.
Scorci di storia
Diverse vie sono state tracciate lungo i fianchi del Cho Oyu oltre alla classica via del versante Ovest-Nord-Ovest. Ricordiamo qui le salite che sono parte importante della storia dell’himalaysmo. Nel 1985 la salita per la normale dei cechi Jaromir Steískal e Dusan Becík è ricordata come la prima salita invernale in stile alpino di un ottomila. Lo stesso inverno vede impegnata la spedizione polacca guidata da Andrzej Zawada sul Pilastro Sud-Est: il forte gruppo polacco, tra cui figura il grande alpinista Jerzy Kukuczka, traccia la prima via nuova aperta in Himalaya nella stagione fredda. Nel 1995, invece, una cordata femminile non accompagnata da uomini apre per la prima volta un nuovo itinerario su un ottomila (variante della via Kurtika-Loretan-Troillet). Le due alpiniste sono le giapponesi Kakeo Nagao e Yuka Endoh e hanno già al loro attivo quattro ottomila.
Alberto Peruffo