Lettere
Il nostro piccolo grande impegno
Quando si parla di prevenzione primaria, nell’ambito sanitario, ci si riferisce a quelle azioni svolte dalle istituzioni e dalle associazioni di medici, operatori socio-sanitari e da associazioni come la Adol (Associazione diabetici Ostia e litorale) che hanno l’obbiettivo di informare, sensibilizzare e fare riflettere il cittadino sull’enorme importanza della conoscenza, o meglio della ‘’cultura del sapere”. Il cittadino che si informa manifesta una coscienza matura rispetto alla sanità personale e pubblica, diritto- dovere di tutti coloro che vogliono migliorare la loro qualità della vita.
Quante volte, purtroppo, si ha un malessere e non se ne capisce la causa? Il diabete può manifestarsi in molteplici forme, che costringono il paziente a svariati controlli prima di farsi ‘’scoprire’’; purtroppo spesso accade che alcuni danni sono già presenti nell’organismo.
Nel nostro piccolo, noi ci impegniamo a dare una svolta, a rendere più vicina la conoscenza di questo problema: così abbiamo fatto lo scorso 13 maggio, a Fiumicino, sulla Darsena. Alle ore 10 era già montato il gazebo, il personale volontario dell’associazione, medico e infiermeristico era pronto per il contatto con i passanti. Come già in passato, è stato quindi offerto, a chiunque volesse -diabetico o no- un controllo istantaneo e gratuito del suo valore glicemico; una semplice precauzione, una parola per consigliare chi già soffre per via di questa condizione e forse, ahimè, la scoperta di valori critici che prima ignorava.
Ogni anno, l’Associazione diabetici di Ostia e litorale, organizza nella provincia di Roma, diversi momenti di screening gratuito, e spesso i risultati testimoniano il valore di questo nostro impegno.
Purtroppo non è certo il nostro piccolo intervento a risolvere le problematiche che derivano dal diabete, ma portare all’attenzione di tutti questa malattia sociale, tramite un gazebo e un controllo, informare sulla sua gestione, ma soprattutto farla entrare nella realtà quotidiana dei passanti, è il nostro scopo e al contempo il principio più importante del nostro statuto.
Ignazio Parisi
Presidente dell’Associazione Diabetici Adol di Ostia
(corso Regina Maria Pia 26 – 00122 Roma – tel. 06.56305158)
Sul trapianto di pancreas
Sento parlare spesso di trapianto di pancreas per chi è affetto da diabete, ma non conosco persone diabetiche che abbiano fatto ricorso a questa cura e il mio diabetologo non me l’ha mai proposta come cura per il mio caso, che è quello di un diabete di tipo 2 con buon equilibrio metabolico, almeno sino a oggi. Vi risulta che sia un rimedio molto usato per risolvere il problema-diabete?
Manlio B.
Roma
In realtà, anche se in teoria il trapianto di pancreas risulta essere l’unica soluzione che permetta la normalizzazione della glicemia (almeno nella maggioranza dei pazienti che hanno subito questo intervento), non è ancora considerata una risposta valida per tutti ed è suggerita soltanto in condizioni particolari. Si tratta certamente di una delle strade più promettenti su cui la ricerca è impegnata, ma è ancora lungi dal diventare “la” soluzione, specialmente in casi come il suo, cioè di diabete di tipo 2 in situazione di buon compenso. Secondo i dati dell’Iptr, il Registro internazionale dei trapianti di pancreas, dagli anni Sessanta (dal 1966, per la precisione) a oggi sono stati eseguiti nel mondo 23.000 trapianti di pancreas, 17.000 dei quali soltanto negli Usa e 500 in Italia: quasi sempre si è trattato di diabetici di tipo 1 e nella maggior parte dei casi è stato realizzato un trapianto congiunto rene-pancreas, perché era già presente una insufficienza renale cronica; in molti altri casi, il paziente era un soggetto che aveva già avuto in precedenza il trapianto del rene. Secondo gli specialisti, questo intervento è consigliabile anche in pazienti affetti da un diabete molto scompensato e instabile che rende molto scadente la qualità della vita.
Le tecniche di trapianto stanno progressivamente migliorando e si fanno sempre più sicure ed efficaci, ma si tratta pur sempre di un intervento chirurgico molto pesante, a cui non tutti i soggetti possono sottoporsi (per esempio, in caso di patologie vascolari gravi, per ragioni di età eccetera), e che richiede l’impiego costante di farmaci immunosoppressivi antirigetto che possono comportare significativi effetti collaterali. Senza contare il problema della scarsa disponibilità di organi da trapiantare.
Allo stato attuale delle cose, quindi, non sorprende che il suo diabetologo non abbia menzionato l’ipotesi del trapianto pancreatico per una persona che, come lei dice, riesce a mantenere un buon controllo metabolico. La ricerca però continua a lavorare su questo filone e domani -chissà?- il trapianto pancreatico potrà essere indicato per un maggior numero di diabetici rispetto a oggi.