Tanti bambini speciali, due psicologi e una narrazione: “Lino e il Diabete, storia di un amico coraggioso”, è un libro prezioso costruito a 4 mani da Stefano Bartoli e Fabiana Cardarelli, con le illustrazioni di Fabrizio “Pluc” Di Nicola. Il progetto, voluto da A.G.D. Italia, Associazione Giovani Diabetici e realizzato in collaborazione con Trudi, Giochi Preziosi e Giunti Editore, ha l’obiettivo di aiutare i bambini affetti da questa patologia e sostenere le loro famiglie: sono infatti diciottomila in Italia i giovani pazienti ai quali è stato diagnosticato il diabete e per i quali il rischio di discriminazione da parte della società è alto, soprattutto se l’informazione manca.
La storia di Lino si snoda in due parti: la parte della diagnosi e della scoperta, spesso critica e difficile, e la parte in cui si acquista consapevolezza della propria condizione, si diventa più responsabili e si condivide l’esperienza con altri bambini. “Il libro si trasforma quindi in un dialogo tra pari”, spiega Stefano Bartoli, psicoterapeuta, “quando i bambini iniziano a raccontarsi uno con l’altro il proprio vissuto di malattia, ecco che iniziano davvero a capire cosa si prova e come si può affrontare”. La fiaba e la metafora diventano quindi uno strumento per far uscire allo scoperto le paure, i dubbi, le preoccupazioni, ma anche i successi e le vittorie nella vita e nella terapia.
ll testo è costruito in modo sapiente, con la giusta precisione dal punto di vista tecnico e scientifico, arricchito con le esperienze acquisite sul campo fatte proprie dalle figure degli psicologi. Lo scopo ultimo è quello di dare dei messaggi a diversi livelli: supportare il bambino e la sua famiglia durante l’esordio della malattia, incoraggiare il bambino a esprimere ciò che prova, approfondire il livello emotivo e il contatto umano. “Lino deve sentirsi libero di dire che non gli piace stare in ospedale, che non ama le pratiche a cui è sottoposto, come le somministrazioni di insulina, deve poter dire che prova disagio e paura”, commenta Cardarelli, psicologa e dietista. Sia i piccoli pazienti, sia i genitori devono quindi poter essere liberi di dire ciò che provano in quel momento, nella delicata fase della diagnosi.
«L’arrivo del diabete modifica inoltre il clima familiare. Per questo è importante che le regole non cambino e che i genitori continuino a correggere il bambino che sta crescendo», aggiunge la psicologa.
Ma non basta. Il libro infatti è scritto anche per medici, infermieri e dietisti, affinché sappiano porre attenzione non solo alla scientificità, alla cura e alla gestione dell’urgenza, ma anche ai dettagli e al lato umano. “I silenzi, le lacrime e le paure sono importanti quanto lo sono esami e terapie. Una carezza o sedersi accanto a lui per parlare, sono gesti che possono fare la differenza e costruire un clima che sia più possibile simile a quello di casa”, spiega Cardarelli, “portare i suoi giochi o fare in modo che gli amici possano andare a trovare il piccolo paziente sono gesti essenziali”.
Un altro target importante e che è ancora in difficoltà nel recepimento delle corrette informazioni sul diabete è proprio la scuola. Si tratta del primo ambiente sociale al quale torna il bambino subito dopo la diagnosi. Ed è lì che il genitore deve lasciare il figlio, con la preoccupazione che possano esserci crisi ipoglicemiche, difficoltà nel farsi l’insulina o nel misurare la glicemia. Per questo, e per evitare la discriminazione da parte dei compagni è importante che tutti – insegnanti e compagni – siano informati, che conoscano la malattia per garantire che il bambino diabetico non provi vergogna e non si senta escluso.
Per colmare una mancanza di sensibilità da parte del sistema scolastico, alle scuole viene in aiuto un Documento strategico, presentato in senato il 7 novembre, e nato dalla collaborazione tra Ministero dell’Istruzione e quello della Salute, di cui ADG si è fatto promotore. Il suo scopo è quello di garantire la corretta accoglienza del bambino a scuola. “La maggior parte della popolazione italiana non sa cosa sia il diabete in età evolutiva. Spesso siamo intrisi di idee vecchie che non riguardano l’aspetto clinico, ma la quotidianità” commenta Paola Pisanti, medico igienista dell’area prevenzione di Sanità Pubblica, “Lino e la diffusione della conoscenza del diabete possono anche contribuire a rendere più veloce la diagnosi, evitando di arrivare all’ospedale con un elevato livello di criticità”.
Lino non è quindi un progetto da archiviare, ma un’idea da sviluppare continuamente, che coinvolge e abbraccia le diverse fasi terapeutiche e tutti gli ambiti sociali. “Si può pensare di leggere insieme il libro, in classe o con gli infermieri e i genitori, si possono fare giochi legati a Lino, o attività di role play e infine far scrivere ai ragazzi, durante i campi scuola, come prosegue la storia”, commenta Cardarelli.
Per ora tra i giochi a disposizione abbiamo il peluche di Lino, che non ha solo un valore simbolico, ma anche terapeutico: alcune zone colorate indicano al bambino dove può farsi l’iniezione. Può essere un metodo ludico e rassicurante per superare qualche paura iniziale.
Lino, da insuLINO-dipendente, è infine un bambino coraggioso, nel quale tutti i bambini con diabete possono ritrovarsi per linguaggio, semplicità, vissuto.
Eleonora M. Viganò
Fonte: ADG Italia e Lino e il diabete