Malattia e arti figurative: ritratto del diabete di tipo 1

Immagine di copertina ©Appleton

Il rapporto tra arti figurative e malattia è da sempre molto stretto, anche nell’arte contemporanea. L’esempio più noto è probabilmente quello della pittrice messicana Frida Kahlo che ha fatto della sua esperienza di malattia – un incidente che le lesionò gravemente la spina dorsale e alcuni organi interni, costringendola a convivere con la necessità di cure, di interventi chirurgici, con il dolore fisico e la sofferenza – il tema di numerosi autoritratti.

Anche il diabete attraverso l’arte può trasformarsi da limite a occasione per esprimersi e raccontarsi. L’arte diventa uno strumento di resilienza, un modo per ricomporre e dare nuova forma, visibile, a quella rottura biografica, che la malattia porta inevitabilmente alla nostra vita.

Per comprendere meglio in che modo si realizza questo peculiare rapporto tra malattia e arte, vogliamo raccontarvi alcuni esempi di artisti con diabete di tipo 1.

Un’identità fatta a strisce

Michael Natter
©Michael Natter

Michael Natter è un artista originario di New York, ha 31 anni quando decide di raccontarela sua identità con un autoritratto. Ma non usa colori a olio, carboncino o acquerelli. No, per il suo auto-ritratto crea un collage delle strisce con cui quotidianamente monitora il glucosio nel sangue, un collage della sua vita quotidiana con la malattia. Michael Natter, infatti, è anche una persona a cui è stato diagnosticato il diabete di tipo 1 all’età di 9 anni.

Racconta così la sua esperienza: “Crescere con il diabete di tipo 1 è una lotta, ma mi ha insegnato molte cose di me stesso. Quando sei costretto a gestire i tuoi livelli di glucosio nel sangue, impari ad apprezzare l’elegante e complessa sinfonia che il pancreas con grazia esegue per te – finché non smette di farlo.”

Ci accorgiamo di avere qualcosa di speciale, quando lo perdiamo. Ma la perdita può portare a nuova consapevolezza e la consapevolezza ci aiuta a orientare la nostra vita in direzioni inattese. Infatti è grazie al diabete, insieme alla sua sensibilità artistica, che Michael Natter ha deciso di diventare un medico: “È a causa del mio diabete che ho scoperto la mia vocazione, e non solo. Sono uno studente di medicina ‘non tradizionale’ perché il mio background è artistico non scientifico. Crescere con il diabete mi ha dato la passione per la scienza in un modo che mi ha permesso di vedere i punti di contatto tra arte e medicina. Il delicato equilibrio di insulina e glucosio non è un arido fatto sulla pagina di un libro di testo; è una complessa performance, è un’elegante coreografia, è un’orchestra di infinite molecole. È arte”.

Un viaggio fotografico nelle storie di diabete

James Clarke
©James Clarke

Diversa, l’esperienza di James Clarke, un fotografo inglese con diabete di tipo 1, che non ha sempre avuto un buon rapporto con la sua malattia: “Diabete e fotografia non sono naturali compagni di letto: avere il diabete non mi ha mai aiutato come fotografo. Oltre ai normali controlli del sangue, quelli che faccio prima di mangiare, allenarmi o guidare ho dovuto aggiungere anche quelli prima di svolgere un servizio fotografico. Alcuni shooting possono richiedere molta energia e adrenalina, che fanno innalzare i livelli di glucosio nel sangue”.

Nel 2010 Clarke ha provato a far convergere la sua esperienza con diabete e la sua carriera di fotografo: ha realizzato ed esposto una serie di ritratti di persone con diabete, sponsorizzata da Diabetes UK, che sono comparsi anche sul Times. “L’idea era di trovare persone con diabete interessanti e che potessero essere di ispirazione, e fotografarli in maniera positiva ed emozionante, per promuovere il fatto che avere il diabete non dovrebbe ostacolarti nella vita.”

L’esperienza artistica per Clarke è stata l’occasione per parlare apertamente del suo diabete: “La mostra è stata un successo e ha costituito un punto di svolta nella mia vita. Ho incontrato molte persone eccezionali, con diabete e non, e con loro ho parlato della malattia in modo ottimistico e aperto, come non mi era mai successo prima”.

Ma raccogliere i ritratti di altre persone con diabete è stato anche un viaggio attraverso i diversi modi di vivere con il diabete: “Il diabete ci colpisce in modi diversi, ma è l’atteggiamento verso la malattia il fattore cruciale per superarla e andare avanti con le nostre vite”.

Street Art: portare la consapevolezza del diabete nelle strade

Appleton
©Appleton

“La mia arte consiste nel portare la consapevolezza del diabete nelle strade”: così dichiara lo street artist Appleton, che negli ultimi 40 anni ha creato murales, graffiti, collage e sculture, a tema diabete, a New York, Miami e Los Angeles. Si tratta di opere di forte impatto, talvolta perturbanti, che ritraggono per lo più siringhe e flaconi di insulina.

Appleton è sopravvissuto a un coma diabetico all’età di 6 anni, un’esperienza che lo ha segnato profondamente: dopo quell’episodio ha cominciato a collezionare i flaconi di insulina, la prova concreta della sua malattia invisibile e spesso poco conosciuta.

La sua arte ha un’azione sociale di sensibilizzazione, che, per forza di cose, deve uscire dai musei e invadere gli spazi pubblici: l’obiettivo è rendere visibili a tutti i passanti gli oggetti che accompagnano la vita quotidiana di una persona con diabete, rendere visibile il diabete stesso.

E allo stesso tempo queste opere d’arte trasmettono un messaggio di solidarietà, anzi quasi di complicità, alle altre persone che, come Appleton, convivono con questa condizione: il disegno di un flacone di insulina può non essere capito da tutti, ma una persona con DT1 coglierà al volo come una strizzata d’occhio quel simbolo che dichiara “non sei solo!”.

A cura di Francesca Memini


BIBLIOGRAFIA
Michael Natter
James Clarke
Appleton