Visita oculistica ogni due anni, anzichè una volta ogni 12 mesi: questa la proposta dei medici britannici del Peninsula College of Medicine and Dentristry, dell’Università di Exter, che hanno valutato un approccio diagnostico per la retinopatia diabetica tenendo conto dell’impatto economico sul sistema sanitario. Visite meno frequenti, secondo lo studio condotto, non corrispondono però a un ritardo nella diagnosi. Infatti, i ricercatori hanno elaborato un modello statistico, basato sui dati epidemiologici su territorio nazionale di retinopatia associata a diabete di tipo 2, in grado di fare previsioni sulla manifestazione di questa complicanza e la possibilità che controlli annuali possano determinare una diagnosi più tempestiva.
La retinopatia può manifestarsi dopo lungo tempo dall’insorgere del diabete ed è caratterizzata da lesioni ai capillari oculari che possono condurre a disturbi della vista e cecità. Inizialmente le aree oculari colpite sono periferiche, perciò il diabetico non si rende conto della complicanza e non percepisce alcun deficit della vista. Seppure possa condurre a gravi conseguenze, la progressione della retinopatia è però molto lenta: i ricercatori britannici hanno, infatti, messo in luce che la frequenza dei controlli oculistici, se eseguiti ogni due anni anzichè annualmente, non influenza la diagnosi precoce di disturbi alla vista. Una minore frequenza delle visite, secondo l’indagine proposta, può ridurre le spese sanitarie senza intaccare la qualità dell’assistenza al diabetico.
Cinzia Pozzi
16 maggio 2012 [FONTE: Diabetes Care]