Negli Stati Uniti si stima che la sindrome colpisca circa l’1% della popolazione. Nei diabetici aumenta il rischio di complicanze gravi, come indicato dai risultati di uno studio pubblicato sul numero di Agosto della rivista Diabetes Care.
Lo studio ha coinvolto 714 pazienti, ricoverati in una clinica per diabetici, il 10% dei quali dichiarava di assumere più di un quarto di tutte le calorie giornaliere dopo l’ora di cena. In questi pazienti, la probabilità di diventare obesi era da due a tre volte maggiore. Avevano inoltre uno scarso controllo glicemico o presentavano più complicanze della malattia, compresi disturbi cardiaci, disfunzioni renali e danni nervosi.
Mangiare di notte può essere un segnale della sindrome da alimentazione notturna, un disturbo alimentare che porta le persone che ne soffrono a ingerire una grande quantità di calorie dopo cena e ad alzarsi diverse volte per notte per mangiare qualcosa (di solito cibi grassi o dolci). I ricercatori pensano che la sindrome possa essere parte di una risposta allo stress. Studi recenti mostrano che, quando è presente nei diabetici, colpisce più frequentemente le persone depresse o quelle che mangiano in risposta a momenti di rabbia, tristezza o altre emozioni negative.
Secondo l’esperienza dei ricercatori dell’University of Washington, molti pazienti diabetici mangiano per regolare le proprie emozioni. Le persone sono particolarmente vulnerabili di sera, quando la vita quotidiana si calma e si hanno meno distrazioni dalle proprie emozioni.
Assodato il legame tra alimentazione notturna e complicanze del diabete, gli autori di questo studio si augurano che i diabetici con queste abitudini alimentari ne parlino con i propri medici.
Le psicoterapie di tipo cognitivo-comportamentale, utilizzate per le forme di depressioni latenti, sono una delle scelte terapeutiche. Inoltre alcuni antidepressivi di nuova generazione (gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) migliorano i sintomi nelle persone che soffrono di sindrome da alimentazione notturna.
FONTE: Diabetes Care, August 2006.