Parlare o non parlare di diabete? Un dilemma fondamentale esplorato con Giorgia.

Io e Giorgia abbiamo preso accordi di sentirci durante la pausa pranzo, quando mi risponde la trovo seduta in macchina, una scelta per nulla casuale, mi spiega con spumeggiante simpatia, e che ci introduce immediatamente a un tema su cui riflette da giorni: quanto ci si sente libere di parlare di diabete?

Per tutta la chiamata cercheremo di esplorare insieme questo sfuggente concetto di libertà e cosa la nutra: sicuramente, concordiamo, una rete di supporto forte, salda e presente.

“Mia mamma, diabetica a sua volta, era il mio punto di riferimento: quando è venuta a mancare (ndr: per altre cause) ho perso la mia prima guida. L’ho ritrovata solo in parte nel mio medico, un amico di famiglia sempre pronto ad ascoltarmi e consigliarmi. Sono molto fortunata perché so che non sempre c’è questa disponibilità.”

La rete territoriale che circonda la persona con diabete ha infatti una forte rilevanza.

Giorgia parla appassionatamente di come non sia un caso che abbia scelto di mantenere il medico di base e anche lo specialista a Belluno, la sua città natale, nonostante viva a Bologna. Dopo una serie di episodi spiacevoli, ha deciso che era più semplice tornare a casa una volta al mese, invece che affidarsi a un sistema più respingente del previsto.

“Ci sono stati diversi episodi che hanno minato il mio spirito, come la volta in cui ho provato a prendere le penne per l’insulina a Bologna, dato che l’esenzione è nazionale. La farmacista bolognese continuava a insistere che dovevo pagarle, è dovuta intervenire un’altra collega.”

Mi racconta questa e altre storie perché, riflette amaramente, lei stessa non si è mai informata più di tanto sul funzionamento del sistema sanitario finché non ne ha avuto davvero bisogno.

Dunque, se già la libertà di azione sul proprio diabete è percepita come limitata, di certo non sarà più semplice parlare di diabete al lavoro.

In questo campo la visione della mamma è sempre stata netta: sul lavoro non bisogna parlare del proprio diabete, meglio che non si sappia. Temeva molto i pregiudizi dovuti all’ignoranza e che potesse diventare, in un qualche modo, un ostacolo per la carriera.

Giorgia invece si sente combattuta: era proprio lei a replicare “Ma non c’è niente di male” alla madre; nel luogo di lavoro precedente non aveva avuto problemi a condividere la propria condizione. Quando è stato il momento di rispondere a questa intervista, in questo nuovo lavoro, quella sicurezza è venuta meno “…perché mi sento bene con me stessa, ma sentirsi libera è un’altra cosa”.

Non c’è una sola motivazione: nel precedente lavoro i colleghi erano più giovani, era stato più naturale entrare in contatto e condivisione, mentre ora, in questo lavoro a cui tiene e in cui vorrebbe restare a lungo preferisce prendersi più tempo prima di lasciarsi andare. Colleghe e colleghi sono tutto sommato un ostacolo minore, molto diverso sarebbe invece trovarsi a discuterne con il proprio superiore. “Se hai un responsabile intelligente non dovrebbe avere alcun tipo di reazione, ma purtroppo non è sempre così” aggiunge pensierosa (ndr: riferendosi ovviamente a conversazioni di natura relazionale, non a dichiarazioni di iscrizione a categorie protette).

La domanda sorge spontanea: perché hai detto sì a questa intervista?

Perché la divulgazione è importante”, mi dice senza esitare. “Conoscere, informarsi, aiutare altre persone a sensibilizzarsi è sempre una cosa positiva. È stata una delle prime cose che mi hanno detto all’esordio: ‘devi dirlo ai tuoi amici’. Pensaci: se mi trovassi a una festa e avessi un improvviso malessere e le persone intorno a me pensassero che io sia ubriaca perché non sanno che ho il diabete? Chiaramente non sarebbero in grado di aiutarmi, o potrebbero farlo in modi che vanno solo ad aggravare la mia salute. Sapere cosa comporta il diabete e quali manifestazioni presenta è meglio per me e per tutti. Io mi sto prendendo il mio tempo, ma alla fine lo farò”

E così si è concluso il nostro incontro: con la speranza comune che parlare sarà sempre meno difficile. Ma anche quella personale di Giorgia di trovare contenuti di cucina per diabetici DA diabetici perché “mi fiderei solo di un’altra persona diabetica, ma con conoscenze autorevoli, chi mi dice che l’influencer di turno poi non vada a mangiare tutt’altro e mi suggerisce ricette che non sanno di niente?” ridiamo insieme. La divulgazione è importantissima, concordiamo, ma anche trovare cibo confort di cui non doversi pentire dopo vuole la sua parte.