Pillole “di pancreas” per rispondere al diabete

 

medications-342481_1280Pochi mesi fa è iniziato e si è concluso positivamente, un test per verificare la sicurezza di un nuovo dispositivo per la lotta al diabete. E altri due trial dovrebbero partire a breve. Queste “pillole di pancreas” promettono infatti di modificare l’attuale terapia per il controllo della glicemia. In realtà, su questo fronte, le promesse, le ricerche e i tentativi sono molti: trovare un dispositivo che migliori la qualità di vita di coloro che hanno il diabete, la somministrazione di insulina e il controllo della glicemia nel sangue è una sfida che cattura e richiama molti centri di ricerca. Una di queste novità consiste in un dispositivo al cui interno si trovano cellule ricavate da staminali embrionali messo a punto da ViaCyte, azienda statunitense di piccole dimensioni.

Questa sorta di pillola utilizza cellule di pancreas parzialmente mature ricoperte da una membrana che lascia passare tutte le sostanze di cui hanno bisogno le cellule per sopravvivere, ma non le cellule del sistema immunitario che invece le distruggerebbero riconoscendole come materiale esterno. I primi device sono stati impiantati su tre pazienti di San Diego e per ora non si riscontrano problemi di sicurezza. Quello che tuttavia non si sa ancora con certezza è quanto duri il loro effetto. Prossimamente l’azienda stessa effettuerà impianti ripetuti per valutare altri parametri come l’efficacia. ViaCyte non è però sola in questa ricerca. In gara per il loro “pancreas in pillole” ci sono anche Johnson e Johnson e un gruppo di ricerca guidato da un biologo della Harvard University. Questi ultimi, per esempio, stanno sperimentando un sistema per impiantare nell’organismo cellule beta, proprio quelle che producono insulina. L’esterno della pillola – in questo caso – è formato da idrogel e sostanze antinfiammatorie.

Dal tatuaggio alle cellule staminali in pillole, sembra che il futuro del paziente con diabete sia nelle mani di device altamente bio e nanotech, in grado di evitare continue iniezioni e controlli quotidiani, con rischio di crisi di ipo e iperglicemia dovuti all’approssimazione necessaria. Ma è ancora presto per parlare di terapia.

Eleonora M. Viganò

Fonte: Ansa