Pilota di linea con diabete: presentato a Monaco il protocollo che revoca il divieto

Avere il diabete non preclude la carriera aeronautica e non implica un rischio né per la salute del pilota né per la sicurezza dei passeggeri. Purché, ovviamente, il pilota segua un protocollo dedicato. Non lascia spazio a dubbi lo studio presentato questo settembre a Monaco nell’ultimo congresso Easd, l’associazione europea per lo studio del diabete: seguendo un protocollo messo a punto dall’autorità per l’Aviazione civile britannica (Caa), le prestazioni dei piloti con diabete 1 risultano identiche a quelle dei colleghi. Il che ha il valore di un via libera: rispettando un serrato iter di controlli della glicemia, è possibile fare dietro front sui regolamenti che in molti paesi vietano alle persone insulinodipendenti di diventare piloti di linea.

A mettere a punto il protocollo, uno staff di diabetologi esperti di ipoglicemia, sulla base di una ricerca condotta dallo staff medico del Royal Surrey County Hospital di Guildford, insieme alla Caa dell’aeroporto di Gatwick. Applicando una serie di rigorose misurazioni della glicemia prima e durante il volo, è possibile tenere sotto controllo il diabete in cabina di pilotaggio. Il che abbatte qualsiasi rischio, e riabilita i piloti in cura insulinica ai voli commerciali e di linea.

Il risultato premia la battaglia dell’associazione “Pilots with diabetes, fondata da Douglas Cairns, pilota scozzese e istruttore della Raf, la Royal Air Force britannica. Era il 1989, quando Cairns fronteggiò una diagnosi di diabete, vedendosi subito dopo sospeso dal lavoro. Da lì la collisione contro la mano pesante delle regolamentazioni europee, e la ferma ambizione di smantellare i pregiudizi nascosti dietro le normative. Ne nasce il volo dimostrativo Diabetes Worldwide Flight -un giro intorno al mondo di 22 paesi in 5 mesi- e una potente raccolta di fondi investiti in ricerca sulla malattia. Una pressione quasi trentennale che la Caa non ha potuto ignorare, mettendo sotto analisi il divieto. E infine revocandolo.

La ricerca britannica afferma su scala globale l’evidenza che Cairns aveva ragione: un pilota insulino-dipendente sottoposto a costanti monitoraggi terapeutici non costituisce un rischio per la sicurezza dei passeggeri. E dopo l’apertura di Canada, Gran Bretagna e Irlanda, anche oltreoceano qualcosa si sta muovendo. Negli USA, L’American Diabetes Association (ADA) suggerisce che anziché precludere tout court la certificazione necessaria per la licenza di volo alle persone con diabete, bisognerebbe valutare caso per caso, determinando l’idoneità o meno al volo. Partendo da questo principio, le autorità competenti stanno sviluppando delle raccomandazioni per individuare le persone con diabete, senza rischi particolari di inabilitazione al volo. Al momento tuttavia negli USA la diagnosi di diabete preclude ancora la possibilità di condurre aerei commerciali.

In Italia lo studio è stato bene accolto dalla Società italiana di Diabetologia, che ha confermato la disponibilità a collaborare con le autorità per sviluppare e mettere in pratica i protocolli suggeriti. Si allinea l’Ente nazionale per l’aviazione civile, che ammette la la necessità di un’innovazione della normativa, chiedendo l’intervento dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea. La breccia sembra ormai aperta.

Aura Tiralongo