Attualità
Poeti, navigatori e grassoni?
Un italiano su tre è sovrappeso, uno su dieci è obeso
Il congresso nazionale “Diabete-Obesità” rilancia l’allarme: sono i chili di troppo il principale fattore di rischio, l’anticamera del diabete e delle sue complicanze. Parola d’ordine: dimagrire per stare bene
Stiamo diventando un popolo di ciccioni? Se si guardano le stime più recenti, si è indotti a dare alla domanda una risposta affermativa: un italiano su tre è sovrappeso e uno su 10 è obeso, il che significa che ci sono venti milioni di persone con molti chili di troppo. Come sappiamo, l’eccesso ponderale è strettamente legato allo sviluppo del diabete (tanto che si parla ormai sempre più spesso di “diabesità”): oggi si ritiene che in Italia vi siano tre milioni di diabetici diagnosticati più un milione di silenti, ma è probabile che il dato sia sottostimato. La percentuale solitamente indicata del 5% sulla popolazione totale potrebbe essere già di fatto salita al 6-7%.
Il nesso tra obesità e diabete (soprattutto di tipo 2) è testimoniato dal fatto che -secondo fonte Amd- due terzi dei diabetici di tipo 2 sono obesi, l’80% è complessivamente in sovrappeso e meno del 20% è normale (nel diabete di primo tipo l’obesità riguarda invece un quarto del totale). E’ quindi evidente la priorità di aggredire il sovrappeso come strategia di prevenzione e cura. Su questo punto ha insistito il recente convegno nazionale “Diabete-Obesità” (giunto all’ottava edizione), tenutosi a Milano, denunciando il binomio del titolo come “la vera epidemia dei nostri tempi”.
Dice con franchezza Antonio Pontiroli, direttore della Divisione Medicina 2 dell’Ospedale San Paolo e presidente del congresso: “Se non esistesse l’obesità, il diabete di tipo 2 non sarebbe molto più diffuso del tipo 1, probabilmente riguarderebbe l’1% della popolazione. L’obesità si trascina dietro il diabete perché è il principale fattore di rischio, il più specifico, ancora più predisponente della familiarità”.
Molti studi hanno ormai dimostrato la correlazione fra diabete-obesità e mortalità: il rischio raddoppia per ogni cinque punti di crescita dell’indice di massa corporea; un diabetico in sovrappeso ha un rischio doppio di morte nell’arco di dieci anni rispetto a un normopeso; uno obeso doppio di uno sovrappeso. Perdere chili, quindi, allunga la vita, oltre a migliorarne la qualità.
Continua Pontiroli: “Dimagrire è una misura fondamentale per curare il diabete, prevenire le complicanze e incidere positivamente sui costi della malattia. Una misura più importante anche dell’impiego dei farmaci. Nelle persone sovrappeso e obese non diabetiche, è determinante per prevenire il diabete malattia. In quelle diabetiche e obese è fondamentale per combatterlo”.
Diversi studi dimostrano che la perdita di peso nel lungo termine riduce la mortalità con ancora maggiore efficacia della stessa terapia farmacologica intensiva, la cui importanza è peraltro chiaramente attestata. Rileva infatti Pontiroli, facendo riferimento agli interventi chirurgici per la riduzione del peso (ampiamente trattati su Tuttodiabete 1/2009): “Mettendo a confronto una serie di studi come Ukpds, Steno 2 e Proactive, che prevedono l’utilizzo intensivo dei farmaci, con lo studio McDonald che analizza il comportamento della chirurgia bariatrica in diabetici fortemente obesi, si nota che l’importante dimagrimento prodotto dall’intervento chirurgico riduce il rischio relativo di mortalità di quasi il 70% a fronte di una riduzione ottenuta dai soli farmaci antidiabete del 30-40%”.
Ma se la chirurgia è per ora una possibile ed efficace soluzione per i grandi obesi, diabetici da non più di cinque anni e non ancora in trattamento insulinico, per tutti gli altri è necessario impegnarsi per perdere peso con le altre classiche risorse disponibili: la buona alimentazione e l’esercizio fisico. Tenendo anche conto che vi sono ricerche da cui risulta che la perdita di peso ottenuta volontariamente, con cambiamento di abitudini e comportamenti, ha efficacia maggiore e più duratura di perdite di peso, anche cospicue, ma casuali, non intenzionali.
Il messaggio che emerge dal congresso -e che vale sia per i pazienti sia per i medici- è che non ci si deve preoccupare soltanto del pur fondamentale controllo della glicemia, ma anche di tutto il resto, pressione, lipidi e soprattutto il peso. Pontiroli sottolinea che oggi fortunatamente si parla di attività fisica molto più che in passato, ma esorta a insistere su questo punto anche di più, perché “l’attività fisica contrasta lo sviluppo del diabete, riduce i rischi cardiovascolari, diminuisce l’obesità viscerale, il colesterolo, l’ipertensione. Ma non c’è bisogno di andare sempre in palestra o di fare grandi sacrifici. Basterebbe già una mezzora di camminata veloce tutti i giorni”.
Attività fisica e corretto regime alimentare sono strumenti preziosi per far perdere chili superflui e dannosi (e mantenere i risultati) perché vari studi dimostrano che basta già un calo del 5-10% del peso iniziale -per una persona obesa o in sovrappeso- per ricavare benefici significativi,
I COSTI DELLA DIABESITA’
Una spesa in continuo aumento
Di diabete non soffrono solamente le persone, ma anche le casse del Servizio sanitario, che devono sopportare costi ingenti. Lo studio Spesa, condotto all’inizio degli anni 2000 dal Centro di Farmacoeconomia dell’Università degli Studi di Milano, indicava in circa 23 miliardi di euro il costo diretto per ospedalizzazioni e cure mediche riconducibili a sovrappeso, obesità e malattie collegate: un terzo circa di questi costi è da attribuire al diabete.
Quel che preoccupa è la tendenza alla costante crescita di queste cifre. Così sintetizza Antonio Nicolucci, capo dipartimento di Farmacologia clinica ed epidemiologia del Consorzio Mario Negri Sud: “Nel 1998, il costo del diabete per le casse dello stato si stimava in circa 5 miliardi di euro, pari al 6,7% della spesa totale per la sanità. Nel 2006, a fronte di un quasi raddoppio, dal 3 al 5%, del numero di persone con diabete siamo passati a oltre 8 miliardi, circa l’8% della spesa sanitaria. Per il 2010, l’anno prossimo, il numero di diabetici si ipotizza in crescita al 7%, con un costo che supererà gli 11 miliardi di euro: più che raddoppiato in meno di 15 anni”.