PREVENZIONE E TERAPIA – RAPPORTO DELL’ASSOCIAZIONE MEDICI DIABETOLOGI

L’avanzata dei capelli bianchi: il 60% delle persone con diabete di tipo 2 ha più di 65 anni, i pazienti anziani continuano ad aumentare. Hanno esigenze e caratteristiche specifiche, differenti da quelle dei più giovani, ma sono anche molto diversi tra loro.

Tra le persone con diabete di tipo 2 una su tre, il 60%, ha più di 65 anni e una su quattro, il 25%, è sopra i 75. Il paziente anziano rappresenta quindi una categoria rilevante, che tende a crescere in concomitanza con il progressivo invecchiamento della popolazione e che si caratterizza per problematiche proprie, diverse da quelle dei più giovani. Il Rapporto “Anziani con diabete”, redatto dall’Associazione medici diabetologi (su dati ricavati da 250 centri di diabetologia di tutta Italia, per un totale di quasi 415.000 soggetti), ha osservato analiticamente il fenomeno, mettendo in luce alcuni elementi importanti: la qualità dell’assistenza si può definire buona, dato che i valori di emoglobina glicata tra gli over 65 sono nel complesso migliori di quelli degli under 65; i rischi maggiori per l’anziano sono legati alle possibili ipoglicemie derivanti dall’uso di farmaci ipoglicemizzanti, che tende ad aumentare con l’età.

Più in particolare, il 30% degli over 65 raggiunge livelli di glicata del 7-8%, accettabili a fronte di un valore ottimale del 6,5%, mentre a questo risultato perviene soltanto il 25% degli under 65. Meglio gli anziani dei più giovani anche per quanto riguarda i valori più elevati, che indicano un cattivo controllo della glicemia: infatti, supera il 9% l’11% degli over 65, a fronte del 16,5% degli under.

Per quanto riguarda l’uso di medicinali, si rileva che sopra i 65 anni oltre il 40% delle persone diabetiche prende 5 o più farmaci, per il diabete e i disturbi concomitanti come pressione alta e ipercolesterolemia e per altre eventuali complicazioni legate all’età (reazioni avverse da politerapia, depressione, decadimento cognitivo e demenza, traumi da caduta, compromissioni funzionali).

Al di là delle osservazioni di carattere generale, è necessario ricordare che non si può parlare di un unico tipo di paziente anziano. Come spiega Maria Antonietta Pellegrini, coordinatrice del Gruppo Amd “Diabete nell’anziano” e dirigente medico della Società di endocrinologia e malattie del metabolismo – Azienda ospedaliero universitaria di Udine, esistono infatti tipologie distinte: i diabetici anziani e gli anziani che diventano diabetici. Le caratteristiche di questi pazienti e il conseguente approccio terapeutico sono inevitabilmente differenti. Per esempio, chi ha il diabete da molti anni si gestisce più facilmente anche con l’avanzare dell’età perché ha imparato da tempo a controllare la sua condizione; al contrario, chi diventa diabetico dopo i 60-65 anni si ritrova di colpo a dover cambiare modo di vita e abitudini profondamente radicati e richiede un intervento anche dal punto di vista dell’educazione sanitaria.

Il presidente di Amd Carlo Bruno Giorda, direttore della Struttura complessa Malattie metaboliche e Diabetologia della Asl Torino 5 fa il punto sulle principali problematiche del diabetico anziano, sottolienando l’importanza di un approccio personalizzato: “La complessità della cura del soggetto anziano appare evidente laddove si consideri il numero dei farmaci assunti. La politerapia, con i rischi e le conseguenze ad essa associate, è una condizione tipica degli anziani e proprio per questo risulta difficile standardizzare obiettivi e schemi di trattamento. Emerge, dunque, la necessità di attuare scelte terapeutiche estremamente personalizzate, che permettano a noi medici di intervenire su ciascuno con un’associazione diversa di farmaci, in base alle caratteristiche di ogni singolo individuo. L’ipoglicemia rappresenta la principale preoccupazione nella gestione del diabete nei soggetti anziani. L’obiettivo di una terapia individualizzata, che prenda in considerazione le comorbilità di ogni singolo paziente, è proprio quello di ridurre la frequenza degli eventi ipoglicemici, soprattutto in presenza di insufficienza renale, condizione molto frequente negli anziani”.


Rischio ipoglicemia

Il rapporto rileva che le sulfaniluree sono tuttora tra i farmaci più utilizzati: mediamente nel 36% degli over 65. Poiché il loro impiego espone a rischi di ipoglicemia, si raccomandano trattamenti che tengano accuratamente conto dell’età della persona e del suo grado di fragilità.

“Le crisi ipoglicemiche influiscono in maniera significativa sulla qualità di vita delle persone anziane -osserva Giorda- Si sospetta, per esempio, che una percentuale elevata di fratture del femore nell’anziano con diabete sia riconducibile proprio a episodi di ipoglicemia. L’introduzione delle terapie innovative, come le DPP-4, ha portato un minor rischio di ipoglicemie e conseguentemente di disabilità. Possiamo concludere quindi che le DPP-4, riducendo le ipoglicemie e i problemi a esse legati, siano da ritenersi farmaci ideali per l’anziano”.

Tra le altre tematiche, prosegue Giorda, “è ben nota l’associazione tra diabete e ipertensione, così come le pericolose conseguenze di tale combinazione. La pressione arteriosa, infatti, va tenuta fortemente sotto controllo perché può facilitare la comparsa di ictus; lo stesso vale per il profilo dei lipidi (grassi nel sangue), anche questi responsabili, se non ben controllati, di patologie cardiovascolari. I risultati di questa analisi hanno senz’altro evidenziato che la qualità dell’assistenza alle persone con diabete anziane in Italia è migliore che in altre nazioni europee. Tuttavia si riscontrano, oltre a un uso eccessivo di farmaci che causano ipoglicemia, poca attenzione ai livelli di insufficienza renale, al trattamento dell’ipertensione, così come agli screening delle complicanze del piede, del rene e dell’occhio, che nella popolazione anziana non sono effettuati con la dovuta frequenza, così come previsto dalle linee guida”.