Gestire il diabete a scuola: il “protocollo felice” della provincia di Biella

Solidarietà, collaborazione, professionalità. Queste tre parole riassumono l’esperienza della Scuola dell’Infanzia di Mongrando Curanuova, in provincia di Biella. Un “protocollo felice”, caso virtuoso di accoglienza, gestione e integrazione di bambini con diabete a scuola

A darne testimonianza sono innanzi tutto i genitori dei piccoli interessati. Come Simona, mamma di un bambino di sei anni ex allievo dell’asilo di Curanuova : “Quando a mio figlio fu diagnosticato il diabete restai a casa un intero anno, assentandomi dal lavoro – racconta. “Aveva solo due anni: chi poteva assisterlo, se non io? E invece la soluzione era praticamente dietro casa. Dopo l’iscrizione alla scuola materna, si è attivata una rete decisamente perfetta: mi si è aperto un mondo di supporto e di assistenza, che mi ha permesso di riprendere in mano la mia attività commerciale, affidando il bambino alla migliore delle cure che potessi immaginare”. 

La chiave di volta è il protocollo regionale 50-7641, precursore delle mozioni parlamentari che proprio in questi giorni promuovono la messa in atto di strategie nazionali unificate per la gestione del diabete a scuola, specie per quanto riguarda la la somministrazione dei farmaci in orario scolastico. Il caso piemontese dimostra la possibilità di avviare un percorso coordinato ed efficiente di presa in carico del bambino. Ma oltre le indicazioni formali, a far la differenza è la disponibilità delle persone. Dai responsabili della ASL di Biella, all’équipe infermieristica dell’Unità Operativa Territoriale di Mongrando, passando per l’operato di un gruppo di maestre: le combattive Anna Rita, Marina, Ivana, Giannina, Miriam, la gestione della glicemia del bambino è facilitata da una staffetta senza falle. Le maestre imparano a somministrare l’insulina collaborando con un’infermiera specializzata, che garantisce in orario scolastico controlli puntuali e quotidiani.

Ma c’è di più. Sono i bambini stessi, i preziosi professionisti che garantiscono l’efficacia del protocollo. Basta un fischietto, e una responsabilità condivisa: a rotazione un alunno della classe ha il compito di tenere d’occhio la glicemia del compagno, che oltre al microinfusore porta con sé un sensore glicemico. Se i livelli di zucchero scendono o salgono, è il momento del fischio. Come in uno schema da fuoriclasse, l’azione passa agli adulti, pronti all’azione contro la temuta ipoglicemia. E ad ogni fischio, la squadra festeggia una vittoria.

Il diabete entra così a far parte di un percorso di condivisione, una lezione che i bambini recepiscono rapidamente, senza resistenze. L’occasione è formativa su un piano umano ed educativo: le fiabe di sempre vengono affiancate a storielle che utilizzano gioco e narrazione per prendere confidenza con quella che non è presentata come “malattia”, ma come una “caratteristica che alcuni bambini hanno”. Il bersaglio è la discriminazione, l’arma l’integrazione.

Il sistema messo a punto incarna i migliori auspici promossi nelle aule parlamentari, e la soluzione funziona. Lo dimostra il fatto che la strategia si è rapidamente estesa anche alle scuole primarie: “A pochi mesi dall’iscrizione del mio bimbo alla prima elementare – garantisce mamma Simona – ho trovato nelle nuove maestre la stessa disponibilità già sperimentata all’asilo”.

Il pensiero di Simona corre alle famiglie del resto d’Italia, che fronteggiano una diagnosi segnata da sfide e complicazioni: “Mi chiedo cosa succeda in quelle realtà dove manca il sostegno per rendere effettive linee guida e protocolli formali”.

La domanda attende precise risposte istituzionali. Ma la strada sembrerebbe aperta.

Aura Tiralongo