SKI ALP
“Adelante Pedro,si puedes, ma cum cum juicio”
Alessandro Manzoni, “I Promessi Sposi”
Crono-pro-logo: XXVIII^ Rally della Presolana, 6 febbraio 2005
Passo, spinta, passo, spinta; alza tacco, blocco tallone, cambio pelli e via. Non è un rebus e nemmeno un refrain senza senso di qualche canzonetta debosciata del momento (ahimè non ho più l’età e mi manca la voglia di farmi aggiornare dai nipoti!), quanto piuttosto si tratta di gesti meccanici, automatismi rituali della pratica dello sci alpinismo elevati a parossistici ritmi quando si tratta di gareggiare. Già, sto parlando dello sci alpinismo, una attività, come si definisce oggi outdoor, che potrebbe ben rappresentare quella nascosta e particolare via d’accesso all’intimo profondo della montagna in veste invernale, alle sue valli ed ai suoi boschi accoglienti in spirituale silenzio, ammantati magari di neve immacolata, fresca, polverosa, impalpabile, un mondo ovattato infranto solo dall’affanno del respiro teso allo sforzo in salita e dalle sinuose scie in discesa, tracce di tortuose serpentine e di ripide emozioni.
Tutto ciò appartiene ad una visione romantica e più intimistica di questa disciplina; ma come spesso accade il tempo cede il passo alle evoluzioni od involuzioni (a seconda dei punti di vista) degli ideali, delle umane aspirazioni ed allora, in alcuni dei frequentatori dell’alpe, può capitare di cambiare opinione e pensiero così come i tempi ed i modi propri dello sci alpinismo tradizionale con una versione prestazionale ed agonistica di più alto livello. Le competizioni di oggi non sono paragonabili per difficoltà, durata, dislivelli affrontati, ritmo, velocità e qualità di performance a quelle di nemmeno quindici anni fa: l’allenamento specifico, i materiali ed il tecnicismo poi hanno soppiantato “il cuore gettato al di là dell’ostacolo”, relegando a sporadiche eccezioni l’improvvisazione e l’estro dettato dall’impeto irrazionale.
I preparativi
In gara non ci si può permettere di sbagliare calcoli nella gestione perché se sei atleta che compete con i primi rischi di rimanere fuori dall’agone e se invece sei ad un livello più mediocre rischi addirittura di essere escluso al primo cancello di controllo.
Come tanti in questi ultimi periodi anch’io mi sono lasciato irretire, attratto dalla velocità d’esecuzione e dalla ricerca di nuovi stimoli per allenarmi, sperimentare insomma una nuova forma di sci alpinismo, quello che con leggerezza te lo fa vivere tutto d’un fiato. Oggi si percorrono le montagne leggeri e veloci, con poca attrezzatura addosso, in tempi infinitamente più contenuti rispetto al normale procedere e l’elevato allenamento ne costituisce una componente imprescindibile. Mentore di questo nuovo orizzonte è stato Mattia, ve lo ricordate? è quell’atleta ed alpinista diabetico protagonista del progetto “Patagonia Dreaming” che nel Natale del 2003 lo ha visto impegnato nell’attraversata dello Hielo Continental Sur, in Patagonia, tra i più grandi ghiacciai al mondo, con gli sci e trascinandosi una slitta in completa autonomia ed autosufficienza.
L’occasione propizia si è presentata domenica 6 febbraio 2005, giornata nella quale si è tenuto il 28esimo Rally della Presolana, nello splendido scenario della alta Val Seriana al cospetto del versante nord della Presolana, nelle Alpi Orobiche, quest’anno, a dire il vero, un po’ a corto di neve. Si è trattato di un buon banco di prova in vista del più impegnativo SellaRonda Ski Marthon, vero obiettivo agonistico comune della stagione per entrambi. Il percorso sci alpinistico si è snodato su di una distanza di circa 16 chilomentri con 1900 metri di dislivello positivo articolato su tre salite e relative discese e con due prove speciali a cronometro in salita e discesa, intervallate da trasferimenti entro tempi massimi, formula quest’ultima del tutto assimilabile a quella dei rally automobilistici per intenderci, il tutto da percorrere sempre a coppie. Mio compagno non poteva essere Mattia in quanto il divario in suo favore di tenuta in gara e di preparazione era troppo grande (ufficialmente i dodici anni che ci separano non contano, mah, sarà vero? l’importante è comunque non confessarglielo!) e poi, per Mattia, si trattava pure di un evento casalingo dove “campanili” ed orgogli personali hanno il sopravvento e con un neofita alle prime armi, il rischio di sfigurare era più che concreto. Scherzi a parte l’intesa e l’affiatamento nell’equipaggio costituiscono da sempre elementi fondamentali per correre in serenità ed in pieno accordo, per cui è diverso competere ed essere competitivi.
A livello personale poi preferivo un approccio più soft con un “socio” tranquillo, senza grandi ambizioni agonistiche, anche perché erano tre giorni appena che avevo innestato il microinfusore e Giampaolo (capo spedizione sul Cho Oyu e compagno di tantissime scalate) faceva al caso mio. Che bello, tante variabili tutte insieme e tutte in una volta. Durante la pratica sportiva di lunga percorrenza, secondo me si vengono a creare le condizioni ideali per mettersi in gioco e per un diabetico può rappresentare l’occasione per correre (sugli sci, a piedi o in bici non fa differenza) su di una sottile linea tra rischi e grandi potenzialità di approfondimenti introspettivi, nel imparare a valutare per esempio i propri limiti, i disorientamenti dettati dalle novità dell’azione che ci allertano o ci allarmano con quesiti (e se vado in ipo?…e le diminuzioni di insulina saranno adeguate? … quanto consumerò in 3 ore di gara? quante riserve portarmi appresso?…) che trovano risposta solo nella pratica, sospesi tra reazioni fisiche e mentali e comunque immersi nella fatica dinamica dello sforzo prolungato. Patatrac non se ne sono verificati e nemmeno macroscopici eventi circa l’andamento glicemico durante le 3/4 ore di gara, anche se mi sono ritrovato spesso in un precario e fragile equilibrio al limite dell’ipoglecemia; ma vediamo com’è andata nel dettaglio rapportando glicemie, profili di basale e di bolo del microinfusore e dei carboidrati a correzione in gara:
Alla fine mi sono e ci siamo divertiti molto riuscendo a vivere, respirare e penetrare una giornata stupenda, una domenica più attiva del solito con la Presolana a fare da sfondo. Per la cronaca siamo arrivati terz’ultimi (ebbene sì 42esimi su 45 equipaggi arrivati al traguardo, gran mazzata all’orgoglio di atleta!) stanchi e stracotti ma personalmente arricchito da un’esperienza assai utile da “mettere in cascina” in vista della puntata successiva …….
IX^ SellaRonda Ski Marathon, 25 febbraio 2005
…..che non si è fatta attendere!
Infatti l’appuntamento clou della stagione non si è fatto attendere , rappresentato da questa famosa maratona sugli sci in notturna ed a coppie, la XI° edizione del SellaRonda Ski Marathon. Si tratta del giro dei “Quattro Passi” Dolomitici, Pordoi, Sella, Gardena e Campo Longo, con uno sviluppo di 42 chilometri, 2700 metri di dislivello positivo distribuiti su quattro salite. La partenza e l’arrivo sono ospitati a rotazione tra i paesi di Canazei in Val di Fassa, Selva di Val Gardena nell’omonima valle, Corvara in Alta Val Badia e di Arabba nella alta valle del Cordevole. La singolare formula di questa maratona sciistica è diventato un vero must tra gli addetti ai lavori, ragion per cui il misurarmi con essa mi affascinava: si corre lungo le piste da sci che di giorno accolgono migliaia di sciatori, ma che la notte riacquistano fascino, freddo pungente (mediamente tra -10 e -15 gradi C°), regalando un’atmosfera un po’ meno addomesticata ai voleri dell’uomo. Ogni anno 1200 atleti, suddivisi in 600 equipaggi si confrontano sulla distanza con un tempo massimo di percorrenza di 6 ore e 30 ma con tre cancelli di sbarramento ad 1.30′, 3.00′ e 4.30′ dall’inizio della competizione.
Rispetto alla prima gara cambiava completamente il contesto: partenza alle 18.00, gara in notturna, temperature più rigide con una percorrenza medio-lunga stimata tra le cinque ore e mezza e le sei ore e tutto ciò da tradurre in termini di consumi e adeguamenti insulinici.
Marco e Mattia alla partenza
I timori erano più consistenti del solito anche perché mi infastidiva l’idea di ipotizzare problemi ed eventuali ritiri a causa del diabete. In queste situazioni vivo il diabete come un potenziale limite ma poi mi ripenso che un mal di pancia, una congestione, in gara, può avvenire a chiunque, e perciò nessuno, in nessun caso, può essere sicuro della propria salute fisica al cento per cento. A dire il vero quella inquietudine che profumava di eccitazione pre-evento era motivata anche dal fatto che le condizioni fisiche non erano ottimali (alla Mauro Sormani per capirci!). In sports con gradienti tecnici di un certo peso che richiedono esperienza, i neofiti cercano di sopperire al gap tecnico con la preparazione atletica ma se anche essa è carente, allora sono dolori. Come non dovrebbe succedere agli appuntamenti importanti ho compiuto alcuni gravi errori e ciò dovuti a mancanza di esperienza in gara circa la resistenza alla durata e la gestione di un evento agonistico con il microinfusore.
In dettaglio:
Epi-logo
Mattia: “che gara ragazzi … !!!” , affrontare il quinto Sellaronda in compagnia di Marco è stata un’esperienza indimenticabile sotto ogni punto di vista. La tensione era a mille e così anche la glicemia che dopo l’abbondante mangiata delle 14,00 e complice il lungo viaggio seduto in auto si era assestata su un 200 mg./dl. costante. Due ore prima della gara (16.00) inietto due unità di rapida per ripristinare le condizioni ideali ad affrontare lo sforzo ma complice la tensione agonistica cambia ben poco. Ai nastri di partenza siamo gli ultimi a partire così dalla prima salita inizia la nostra rimonta fino all’arrivo che avverrà 5 ore e 39 minuti più tardi. Partiamo con calma dato che è chiaro che non possiamo esagerare con la foga iniziale: la gara è proprio lunga. Sulla prima salita il mio socio è proprio in forma e tiene un buon ritmo mentre io stento a prendere confidenza con il passo da adottare. La mia mente macina pensieri glicemici e di allenamento mancato mentre ci buttiamo a tutta velocità nella discesa giù dal Passo Pordoi.
Mattia al Passo Pordoi
Giungiamo a Canazei un po’ infreddoliti, test glicemico (89 mg./dl. per me e 75 mg./dl. per Marco) e via dopo aver mangiato qualcosa.
Test glicemico
Affronto l’ascesa che porta fin su a Passo Sella un po’ più convinto cercando di trovare un ritmo ideale. Il freddo è pungente e l’umidità dell’aria mi fa sudare più del solito, madido e con il vento che soffia la sensazione di freddo aumenta.
Marco al Passo Sella
Marco mi sta vicino con la determinazione che lo contraddistingue tiene un buon passo resistendo ad una piccola crisi a tre-quarti di salita. Sbuchiamo al Sella con buone energie in corpo e dopo aver messo le basi per un buon tempo finale. La discesa verso Selva di Val Gardena è lunga e poco pendente, questo ci obbliga a lunghi tratti in posizione rannicchiata fortemente esposti all’aria creata dalla velocità di discesa. A Selva di Val Gardena arrivo praticamente congelato, le mani dure e un po’ di stanchezza nella gambe, corro per attraversare la strada e vado verso il cambio laddove posiziono le pelli di foca sotto gli sci e aspetto Marco leggermente attardato. Il freddo e la stanchezza mi fanno dimenticare di provare la glicemia cosa molto importante per la gestione della seconda metà di gara. Marco arriva, gli do una mano con le pelli e si riparte. Stento di nuovo a prendere e il passo e circa a metà salita la luce si spegne, come potete ben capire non sto’ parlando del faro della lampada che ho sulla testa ma bensì del lumicino delle mie energie. Con movimenti scomposti cerco in ogni modo di assecondare il passo deciso del “CarroArmatoMarcoPeruffo” ma scollino a Passo Gardena con almeno 5 minuti di ritardo. Scendiamo velocemente a Corvara in Val Badia, pattinando per un chilometro sulla pista da fondo. Al cambio finalmente mi decido, complice l’insistenza di Marco, a riprovare la glicemia : 47 mg./dl. !!! “Allarme rosso”, penso tra me “cosa è successo?”. Mangio e bevo qualcosa mentre Marco preoccupato per i suoi valori glicemici inietta un bolo di 2 unità di rapida. Ripartiamo con passo un po’ più convinto ma dopo 20 minuti di salita il bolo si rivela di quantità elevate rispetto allo sforzo in esecuzione. Altra crisi della coppia Tanza – Peruffo che nel bellissimo bosco ai piedi del Passo di Campolongo si ferma a fare un lauto spuntino. Con movimenti ” robotici ” dettati dalla fatica che oramai si fa sentire nella sua totalità, raggiungiamo la cima del passo e poi a scendendo arriviamo alla fine di questa avventura nuovamente ad Arabba fermando il cronometro a 5 ore e 39 minuti.
Marco e Mattia all’arrivo
Per la cronaca da “Gazzetta” ci siamo classificati 218esimi, su 280 equipaggi arrivati; una trentina di squadre durante il percorso si sono ritirate. Chissà che l’anno prossimo non si riesca a rosicchiare qualche minuto e qualche posizione!
Considerazioni
Durante questa edizione della Ski Marathon Sellaronda ho effettuato una gestione un po’ approssimativa della mia situazione di diabetico, questo mi ha portato a fare degli errori che si sono riflessi sull’andamento della gara. Il lauto pranzo consumato nelle ore precedenti ha contribuito a mantenere i livelli glicemici elevati dandomi quella fastidiosa sensazione di “stento a prendere il ritmo” durante la prima ascesa verso Passo Pordoi.
Il pranzo
Le successive crisi ipoglicemiche sono imputabili presumibilmente ad “una coda” della rapida o semplicemente ad una alimentazione inadeguata (dato che avrei dovuto essere in fase di scopertura insulinica) e ciò ha contribuito a condizionare ulteriormente la mia prestazione. Le esperienze pregresse in situazioni di resistenza allo sforzo mi hanno consentito comunque di arrivare lo stesso all’arrivo ma la somma degli errori non ha di certo permesso alla mia squadra di esprimersi al meglio. Non c’è che dire, da questi errori si impara molto, si aggiusta il tiro per gli appuntamenti futuri, certi che il ricordo rimane vivo perché sperimentati in momenti nei quali si è sottoposti a grande stress fisico ed ad una alta tensione emotiva, dove la gestione glicemica richiede a noi diabetici un’ulteriore sforzo di concentrazione e precisione.
La stanchezza post gara
Il ruolo “educativo” della competizione è evidente: ci si trova a confrontarsi con atleti non diabetici, a gareggiare ad armi pari e questa parificazione esige da parte nostra più consapevolezza, più conoscenza delle proprie reazioni, più rigore nel proprio stile di vita.
La propria libertà non viene compromessa anzi, al contrario, se ne allargano i confini e gli orizzonti, perché se si sceglie il proprio “campo”, accettandolo fino in fondo, l’unico limite è imposto dalla fantasia, dai sogni da realizzare e dalla propria immaginazione.
Marco e Mattia.