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NOVITÀ DAL CONGRESSO EASD DI AMSTERDAM
Sempre più umana
I progressi sul fronte dell’insulina migliorano la gestione sia del diabete di tipo 1, sia del tipo 2 quando i farmaci non bastano più. Buone nuove sugli analoghi da iniettare e sulla efficacia della via inalatoria
Si è svolto ad Amsterdam, dal 16 al 21 settembre, il Congresso annuale della Associazione europea per lo studio del diabete (Easd). Come era da attendersi, ampio spazio è stato dedicato alle novità emergenti nella terapia del diabete e, particolarmente del diabete di tipo 2, tipico dell’età adulta e abitualmente associato a obesità o sovrappeso. E’ infatti questa la forma di diabete che, a livello planetario, si sta diffondendo in modo epidemico, portando con sé un carico non indifferente di complicanze cardiovascolari che preoccupano non poco i sistemi sanitari di tutti Paesi.
Un richiamo ricorrente ma ancora non molto ascoltato è quello che invita a conseguire, in tutti i soggetti diabetici, valori di glicemia il più possibile vicini alla norma, perché ciò è necessario per ridurre il rischio cardiovascolare. Dalla Universita’ di Yale (Usa) giungono infatti i risultati di un nuovo studio retrospettivo che collega il rischio di eventi cardiovascolari con il valore di emoglobina glicata (HbA1c), che, come è noto, esprime il valore medio della glicemia. Infatti, secondo questa rilevazione, a un valore di emoglobina glicata inferiore al 6% corrisponde una frequenza di infarto del miocardio pari a 16,5 soggetti per 1000 soggetti/anno, mentre con valori compresi fra il 7 e il 9% la frequenza sale a 21,6 soggetti per 1000/anno.
Per realizzare l’obiettivo di una quasi normoglicemia disponiamo oggi di numerosi farmaci ipoglicemizzanti orali che rappresentano la prima modalità di approccio alla terapia del diabete di tipo 2. Tuttavia, come ha sottolineato il professor Holman (del Regno Unito), autore e relatore di un importante studio denominato 4-T (Treating to Target in Type 2 diabetes Trial), quando la terapia orale con le compresse perde di efficacia, è necessario passare subito a quella insulinica, vincendo la comprensibile ritrosia che ogni paziente prova nell’accettare una terapia iniettiva. Le modalità con cui la cura insulinica può essere attuata nei diabetici di tipo 2 è assai varia, ma l’opinione prevalente è che si debba cominciare associando alla terapia orale una dose di insulina ad azione ritardata (insulina basale), per poi aggiungere, se necessario, singole dosi di insulina ad azione rapida (boli), prima di uno o più pasti della giornata. Oggi, la terapia insulinica si avvale soprattutto degli analoghi dell’insulina umana ed è proprio nella messa a punto di tali analoghi ad azione ritardata che sono stati realizzati negli ultimi anni i maggiori progressi.
L’insulina Glargina è stata la prima insulina basale a essere disponibile. La sua azione si protrae per circa 24 ore e può essere somministrata con una sola iniezione nella giornata. Un intero simposio è stato dedicato all’impiego della Glargina in associazione alla terapia ipoglicemizzante orale nel diabete di tipo 2, da sola o in associazione a un analogo ad azione rapida. Le modalità di impiego della insulina Glargina non sono molto dissimili nel diabete di tipo 1 o infanto-giovanile. A questo proposito, uno studio multicentrico, condotto su un ampio numero di diabetici di tipo 1 e illustrato durante il congresso, ha dimostrato che i migliori risultati, in termini di controllo metabolico, si ottengono con la associazione dell’analogo ad azione ritardata Glargina e di un analogo ad azione rapida.
Di più recente introduzione e altrettanto efficace si è rivelato il nuovo analogo ad azione ritardata, Levemir. Anche in questo caso i risultati sono ottimi, sia nel diabete di tipo 1 sia nel diabete di tipo 2 non più sensibile agli ipoglicemizzanti orali.
Lo studio Predictive, presentato al congresso, è stato dedicato al diabete di tipo 1. Come per la insulina Glargina, anche l’insulina Levemir deve essere associata a un analogo ad azione rapida ai pasti. Rispetto alla Glargina, la Levemir ha una durata di azione minore, tanto che può essere necessaria una doppia somministrazione. Ma anche la Levemir, come la Glargina, presenta -rispetto alla vecchia insulina NPH- il grande vantaggio di ridurre il numero di episodi ipoglicemici e, aspetto peculiare ed esclusivo della Levemir, quest’ultima sembra non produrre un aumento di peso, così frequente, invece, in corso di terapia insulinica. Per queste sue caratteristiche, l’insulina Levemir è stata impiegata con successo per la terapia del diabete di tipo 2, nello studio 4-T, in confronto con una duplice somministrazione di insulina bifasica o con una triplice somministrazione di insulina ad azione rapida Aspart.
Un altro modo per facilitare l’inizio della terapia insulinica nei pazienti con diabete di tipo 2 è il ricorso alla via inalatoria, così come è stato illustrato da più relatori nel corso del congresso. L’insulina umana somministrata per questa via, grazie alla intensa vascolarizzazione polmonare, ha la stessa velocità di assorbimento e la stessa efficacia di un analogo rapido iniettato sottocute prima del pasto e consente di aggirare l‘ostacolo rappresentato dal timore della iniezione, spesso responsabile di un notevole ritardo nell’inizio della terapia insulinica. (P.B.)