Lo sport è utile: per la forma fisica, per la salute, per il senso di benessere e anche per il piacere che si prova nel praticarlo. Lo è ancora di più quando si convive con il diabete. Il sogno di molti diabetologi, e non solo, è che si arrivi a poter prescrivere l’attività fisica proprio come si fa con le medicine, utilizzando la classica ricetta rossa. Enzo Bonora, presidente della Società Italiana Diabete, ne è convinto e lo ha ribadito al convegno tenutosi a Rimini: «lo sport è un vero e proprio farmaco e anzi andrebbe prescritto prima ancora dei farmaci poiché è dimostrato che riesce a ridurre di un punto l’emoglobina glicosilata, come alcune medicine».
Il problema, nel caso di persone con diabete, consiste nel sapere quale sport scegliere e come praticarlo, proprio come avviene con altri aspetti dello stile di vita: l’alimentazione e la gestione della terapia farmacologica, per esempio. Il centro Curiamo (Centro universitario ricerca inter dipartimentale attività motoria) di Perugia ha avviato nel 2010 una sorta di esperimento inserendo 900 persone con diabete e obesi in una percorso che implica un’attività fisica strutturata e di gruppo. Questo modello è piaciuto, funziona e porta benefici a qualsiasi età venga “somministrato”: per questo è stato inserito tra le best practice europee per la prevenzione e la cura del diabete.
L’Università di Perugia ha suddiviso le persone diabetiche in due gruppi: il primo gruppo è stato seguito con terapia farmacologica e dieta, mentre il secondo gruppo ha avuto in più anche l’attività fisica supervisionata con supporto psicologico. Nel primo gruppo si è visto un aumento nell’utilizzo di farmaci del 10 per cento a fronte di miglioramenti modesti di glicemia e trigliceridi. Il secondo gruppo ha ridotto invece la spesa farmaceutica del 5 per cento dopo due anni, ha visto diminuire l’emoglobina glicosilata del 7 per cento e ha ottenuto risultati migliori della pressione arteriosa. Tutto questo si è tradotto in un innalzamento della qualità della vita, con vantaggi sull’umore. L’attività fisica è stata sostenuta senza gravare sulle persone coinvolte, grazie a una convenzione tra Curiamo e Asl. Come è stata impostata l’attività sportiva? La persona con diabete ha effettuato la visita in modo da inserirla nel programma più adeguato alle sue esigenze e valutare eventuali controindicazioni. Il percorso dura tre mesi e prevede un’ora e mezza di sport per due volte a settimana, secondo le indicazioni del medico dello sport e di uno specialista in Scienze Motorie, il tutto accompagnato da 90 minuti di educazione alimentare e incontro psicologico. Il controllo avviene ogni tre mesi per il primo anno e una volta l’anno per i successivi. Solo il 10 per cento dei diabetici (ma il 30-35 per cento degli obesi) si ferma a un anno dall’inizio.
«Chi entra nel meccanismo si sente subito meglio – racconta Pierpaolo De Feo, professore di Endocrinologia all’Università di Perugia e direttore del centro – può ridurre la terapia e in alcuni casi sospendere l’insulina. E poi organizziamo anche delle attività nel fine settimana, con camminate di 10 chilometri su percorsi collinari. L’ultima volta c’erano un centinaio di persone e abbiamo ideato una passeggiata, detta “da un mare all’altro”: abbiamo fatto a piedi i sentieri da Ancona a Talamone: 395 chilometri in 14 giorni. Molte di queste persone sei mesi prima erano sedentarie. Il nostro organismo ha grandi risorse, basta crederci».
In generale quali sono le regole? Le linee guida indicano almeno 150 minuti di attività aereobica per tre volte a settimana: camminata, nuoto, bicicletta, tapis roulant.., unita ad attività di contrazione, con i pesi per esempio.
Eleonora M. Viganò
Fonte: Repubblica