Storie da curare e storie che curano
Ogni paziente ha una sua storia, una storia che a un certo punto è andata incontro a una frattura: la diagnosi. La Medicina Narrativa è lo strumento attraverso cui il medico e il paziente si prendono cura non solo della malattia come fatto bio-medico, ma di quella storia co-costruendo una nuova storia, una storia di cura che determina un nuovo senso, una nuova direzione.
Prendiamo una patologia a caso: il diabete.
Abbiamo una bella cartella clinica, anamnesi, diagnosi, i livelli della glicemia, glicosuria, gli orari e i dosaggi di somministrazione dell’insulina. Poi ci sarebbe anche Anna, la bambina “descritta” nella cartella clinica: Anna ha 10 anni, si è appena trasferita in Italia e non capisce bene quello che gli dice il medico che gli sta di fronte, perché lei non parla bene l’italiano. Così anche qui, come a scuola, Anna si sente diversa, perché arriva da un altro Paese e perché si è portata dietro anche questo scomodo compagno di viaggio. All’angolo opposto c’è il diabetologo, con il suo camice e i paroloni grossi. A dire il vero il diabetologo si chiama Carola, e oggi è molto stanca perché suo figlio adolescente, Stefano, questa notte è rincasato alle due di notte.
Cosa succederà tra queste due persone? Gli scenari possibili sono infiniti.
Lo scenario che delinea la Medicina Narrativa è quello in cui Carola accoglie Anna, la ascolta – non si ascolta solo con le orecchie, ma con tutti i sensi – e comprende non solo quello che legge nella cartella clinica, ma anche quello che legge negli occhi e nelle parole della bimba, le sue esigenze sociali, quello che la malattia significa per lei, le sue difficoltà nella vita quotidiana. Insieme a lei troverà un linguaggio comune e un percorso di cura per applicare le migliori conoscenze scientifiche a quel caso particolare di bimba con i capelli biondi, un fiocco nei capelli e le dita affusolate.
Come fa Carola a essere così brava, nonostante le difficoltà di convivenza con un figlio adolescente? Come fa un medico a comprendere la storia di Carola? Forse durante i suoi studi ha seguito anche qualche corso di Medical Humanities: riavvicinarsi alle scienze umane aiuta a sviluppare competenze ermeneutiche, migliora l’empatia e la consapevolezza dei propri vissuti e pregiudizi.
Storie con una marcia in più
A volte la nostra storia ha bisogno di ascoltare le storie di altri: possiamo parlare allora di “caring narratives”, narrazioni che si prendono cura, come nelle community che sorgono tra persone (i forum o i gruppi su facebook, ma anche i gruppi di auto-aiuto). Siamo animali sociali, abbiamo bisogno di condividere e di sentire qualcuno che ci offre il suo supporto, perché ha già attraversato le stesse difficoltà.
Nello storytelling la narrazione delle persone viene plasmata non secondo le finalità mediche, ma per far conoscere la patologia, raccontare il vissuto e i bisogni, offrire strumenti espressivi.
Un esempio di storytelling lo trovate anche qui su diabete.net, nel blog www.sweetalks.net.
Una delle caratteristiche dello storytelling è che le storie sono “scritte bene”. Mi spiego meglio.
Quando da malati raccontiamo la nostra storia, la stiamo vivendo in diretta, per questo spesso la narrazione è caotica, come è caotica la vita, spezzata da emozioni che non siamo ancora riusciti a mettere in ordine, interrotta da lacrime e fatica.
Pensate a quando in un momento di tracollo, vi siete sfogati con un amico, magari anche soltanto con un amico di carta. Nello storytelling quella materia grezza ha acquisito una sua “forma”, è passata attraverso una riflessione, una distanza, ed è rivolta a un lettore, che non siamo soltanto noi stessi.
Il paziente “narrativo” è un paziente più consapevole, un paziente “empowered” ed “engaged”, come dicono gli anglofoni. Come si traduce? Non l’ho ancora capito: a me piace tradurre come paziente potenziato – una specie di paziente “super-saiyan” – e responsabile. Che poi significa smettere di essere “paziente”, cioè persona che subisce, che patisce e assumere un ruolo attivo.
Proprio per questo non è raro che questo paziente si faccia portavoce anche delle storie dei suoi compagni di viaggio, di chi come lui sta viaggiando lungo la stessa strada. Questa è la Patient Advocacy: nascono associazioni per sensibilizzare la comunità e per rivendicare i diritti dei malati.
Francesca Memini