Studi sull’uso delle statine

Se il problema è il cuore

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Oxford ha analizzato una serie di 14 studi che hanno coinvolto più di 90.000 persone, di cui 19.000 diabetici, arrivando alla conclusione che un trattamento sistematico con statine esteso a tutti pazienti diabetici, indipendentemente dal valore del loro colesterolo, avrebbe prevenuto un terzo degli episodi di infarto del miocardio e di ictus cerebrale. Più precisamente, è stato calcolato che per ogni 1.000 soggetti trattati con statine per 5 anni, 42 avrebbero evitato un evento cardiovascolare maggiore. I benefici della terapia con statine sono indipendenti dall’età, dal sesso e dalla eventuale presenza di affezioni cardiovascolari.
Questi risultati si spiegano alla luce di alcune considerazioni. E’ noto innanzitutto che il diabete determina un rischio del 20% di provocare un evento cardiovascolare maggiore entro 10 anni. Ciò ha fatto equiparare il diabete a una malattia cardiovascolare anche in assenza di complicanze in atto. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che l’efficacia preventiva delle statine è tanto maggiore quanto più marcata è la riduzione del colesterolo Ldl, anche al di sotto del target stabilito di 100 mg/dl.
In realtà, il meccanismo di azione delle statine è assai complesso. Questi farmaci, nati come potenti farmaci ipocolesterolemizzanti, si sono rivelati dotati anche di altre importanti azioni. In particolare, è stata documentata una intensa attività anti-infiammatoria che, a livello della parete arteriosa, inibisce i meccanismi patogenetici di base della aterosclerosi.
Questo studio legittimerebbe l’estensione della terapia con statine a tutti i pazienti diabetici di età almeno superiore a 40 anni anche in assenza di affezioni cardiovascolari o di fattori di rischio aggiuntivi. Una interpretazione più cauta, ma perciò stesso anche più vincolante, di questi risultati induce a consigliare la somministrazione di statine a tutti i diabetici di età superiore a 40 anni, indipendentemente dal valore dei lipidi plasmatici, anche in assenza di complicanze cardiovascolari, purché portatori di uno o più fattori di rischio aggiuntivi.
Nonostante che negli ultimi tempi la terapia con statine abbia avuto anche nel nostro Paese una maggiore diffusione, dobbiamo riconoscere che non si è sviluppata ancora una sensibilità adeguata nei confronti di questo problema e che troppi pazienti mancano di questo importante presidio terapeutico.


Prof. Paolo Brunetti Direttore Dipartimento di Medicina interna Università degli Studi di Perugia