Quando per effetto della cattiva circolazione in queste matasse di vasellini la filtrazione glomerulare si riduce, si verifica un’intossicazione inizialmente lenta dell’organismo: nel sangue aumenta l’azoto ureico (iperazotemia), l’acido urico (iperuricemia) e la creatinemia. L’aumento di queste sostanze, all’inizio molto lento, diviene più veloce in un secondo tempo quando la quantità di urina si riduce malgrado un normale apporto di acqua. Si instaura così uno stato chiamato uremia, che sarebbe rapidamente letale se la moderna medicina non avesse inventato degli apparecchi, comunemente detti reni artificiali, che, applicati con frequenza rapportata alle necessità del diabetico, sono in grado di depurare il sangue come fanno i reni sani.
Naturalmente tutto questo non si verifica dall’oggi al domani, ma occorrono anni di cattivo controllo della glicemia per giungere all’uremia e alla indispensabile applicazione del rene artificiale.
Anche per i reni vale quel che è stato detto per gli occhi: chi ha e ha avuto un buon controllo della glicemia non deve temere questa poco simpatica evoluzione perché essa, come la retinopatia, è conseguenza di livelli glicemici rimasti elevati per periodi molto lunghi.
Siccome il buon controllo glicemico non è sempre facile da realizzare, ecco la necessità di fare di tanto in tanto degli esami per mettere a punto la situazione reni. Così, un po’ per sentirci rassicurati e un po’ per scaramanzia.
Se per fare il punto della situazione occhi abbiamo bisogno di un buon oculista, così per chiarire lo stato dei nostri reni dobbiamo ricorrere a un laboratorio. Gli esami da fare sono quelli già citati: azotemia, creatinemia, uricemia e, soprattutto, il dosaggio dell’albumina nelle urine. Quest’ultima può essere fatta da noi stessi con una semplice strisciolina reattiva (Albustix) oppure con metodiche più raffinate e precise, ma anche più lunghe e costose. Ma tanto per un primo orientamento l’Albustix è sufficiente.
Due volte ogni anno
Ogni quanto fare questi esami? Dipende dalla natura del nostro diabete: nei primi tempi bastano due volte l’anno, più avanti ogni due o tre mesi circa.
E quando l’Albustix dovesse risultare positivo che cosa faremo? Anzitutto occorre controllare le urine con maggiore completezza e poi andare a studiare altri punti di riferimento che il nostro medico sicuramente ben conosce. Talora, infatti, l’Albustix può essere positivo per una febbre o per un’infezione delle vie urinarie che sono così frequenti nel diabetico o per altri motivi non correlati con il diabete. In tal caso, tolta la causa accidentale, l’Albustix si negativizza.
Ma se ciò non è, e soprattutto, se azotemia e creatinemia tendono ad aumentare e il filtrato glomerulare scende al di sotto di un valore critico, allora è proprio il caso di riconsiderare con serietà la cura del nostro diabete alla ricerca di quel che può esservi di errato o insufficiente. Il dare una regolatina alla dieta o l’aumentare il numero delle somministrazioni giornaliere di insulina o le sue dosi ci permetterà, forse, di fermare l’evoluzione di questa preoccupante compromissione renale o quantomeno di rallentarla. In ogni caso non facciamone un dramma: l’evoluzione di questi stati solitamente è molto lenta e non è detto che il rene artificiale sia proprio dietro l’angolo.
Due altri buoni consigli devono essere intelligentemente ascoltati. Il primo riguarda la facilità con cui il diabetico e soprattutto la diabetica vanno incontro a infezioni delle vie urinarie. In tal caso i germi presenti nella vescica possono risalire fino al rene e causare delle nefriti interstiziali che possono contribuire non poco a compromettere la funzione renale. Poiché queste infezioni spesso decorrono senza alcun disturbo, è bene che ogni sei mesi circa (e se necessario con frequenza più ravvicinata), venga eseguita la coltura delle urine (urocultura). La sua positività farà prendere al nostro medico delle decisioni adeguate.
Infine, ogni qualvolta andiamo dal nostro medico, facciamoci misurare la pressione arteriosa. Meglio ancora se imparassimo a misurarcela da soli. Recenti ricerche, infatti, hanno dimostrato che nel diabetico la compromissione renale si evolve più rapidamente se la pressione arteriosa è elevata. Il curare l’ipertensione, invece, rallenta di molto la rapidità di evoluzione della lesione renale e questo ci deve stimolare ad essere molto assidui nella sistematica valutazione della nostra pressione e, eventualmente, nella sua cura.
Una “grana” di più? Nient’affatto! In fondo questo periodico controllo della pressione è quel che tutti, diabetici e non diabetici, dovrebbero fare.