Una donna che racconta le donne. La storia di Giulia Mengolini

La prima cosa che vorrei dire di Giulia Mengolini è: leggete Giulia Mengolini.
È un giornalista, scrive per Lettera Donna e si occupa di donne. Ma anche di uomini. Perché femminismo, sessismo, femminicidio sono argomenti che dovrebbero – devono! – interessare tutti.
Diciamo quindi che Gulia Mengolini si occupa di esseri umani e anche di essere umani.

In questa sede, però, parliamo di diabete e, nello specifico, oggi, parliamo del suo (la sua pagina Instagram è Senza Zuccheri Aggiunti).
“Ho avuto l’esordio 6 anni fa. Non avevo sintomi. Stavo bene. Avevo fatto gli esami del sangue di routine: 130 di glicemia a digiuno. Il mio medico di base aveva sottovalutato il valore, reputandolo una conseguenza del Natale che era appena passato. Non c’era pericolo e non mi dovevo preoccupare. Poi, mi sono fatta consigliare da un nutrizionista che mi ha indirizzato verso una dieta povera di carboidrati. Intanto i mesi passavano ed era un calvario perché non si riusciva ad avere una visione d’insieme chiara.
Mi sarei dovuta trasferire a Milano da Forlì per uno stage di 2 mesi, ma mia madre mi diceva che prima di andarmene dovevamo assolutamente capire cosa stesse succedendo al mio corpo.
Ci siamo rivolte a un endocrinologo e in pochi minuti abbiamo avuto il responso che, per mesi, nessuno era riuscito a dare: diabete di tipo 1”.

Dal racconto di Giulia emerge che tutto questo tempo perso ha ritardato il lavoro sull’accettazione.
Per questo le chiedo: “Tu pensi alla tua vita, prima e dopo il diabete, oppure prima e dopo l’accettazione del diabete?”
“Io credo di essermi ritrovata dopo l’accettazione, che ha richiesto un paio d’anni, un tempo lungo; a quel punto è stato come riemergere da un buco nero e riappropriarmi di me.
La conoscenza è stata fondamentale, perché prima subivo il diabete, mi sentivo in balia, ora no.
Ricordo che dopo una domenica disastrosa in famiglia, nella quale non riuscivo a far quadrare in nessun modo le glicemie, ho pensato: ‘Adesso basta’.
Il giorno seguente ho contattato una psicologa, un’associazione di Milano, un diabetologo, ho scritto a Francesca Ulivi di Portale Diabete. Mi ha detto: ‘Ci prendiamo un caffè?’.
A questo è seguita una pizza con altre persone che non conoscevo. Mi sono resa conto che c’era una community di persone come me. Sono tornata a casa stupita e contenta”.
Ecco, sarà un caso, ma Giulia che da sempre si occupa dell’universo femminile, proprio da una donna è stata salvata.
Quanto è stato importante quel caffè? Come ha virato il suo sentire?
Come vira il sentire di tutti la consapevolezza che non siamo soli? Che non siamo gli unici a combattere contro o per qualcosa?

“Col sensore mi sento più serena. Un controllo costante per una presenza costante, ingombrante. La prima volta che sono andata in vacanza con il diabete e ho potuto staccare finalmente con lo stress del lavoro, mi sono resa conto che col diabete, invece, non potevo staccare mai. Ero a Favignana, una cornice splendida, ma se sbagliavo il calcolo dei carboidrati e poi prendevo la bicicletta andavo in ipoglicemia. E ogni ipoglicemia è una sconfitta, è un bastone tra le ruote”.
“Come definiresti il diabete?”
“Onnipresente, subdolo, imprevedibile. Non mi piacerà mai. Ma ora molte cose sono cambiate. Nel periodo della non-accettazione mi sono negata molte esperienze: rinunciavo per paura di non saperlo gestire. Ora non è più così. Recentemente sono stata a Cuba, perché non permetto più al diabete di definire le mie scelte”.

“Credi che per una donna il diabete abbia un effetto diverso rispetto a un uomo?”
“Ci sono due componenti in più che una donna deve gestire. Le mestruazioni, che inevitabilmente hanno un effetto sul nostro corpo e poi la questione della gravidanza. Un momento molto delicato, un grande impegno che necessita l’appoggio di un nutrizionista, una specifica dieta, una certa glicata… Ricordo ancora che al momento dell’esordio il mio medico mi disse, parlandomi di un’altra paziente: ‘Pensa che ha addirittura avuto un figlio’. Le parole contano, sono fondamentali. Una frase di questo tipo in un momento di estrema vulnerabilità ha la capacità di distruggerti”.

Lo sa bene lei che, proprio a seguito di articoli in cui accusa il modo becero, maschilista e denigratorio con il quale, spesso, viene raccontato il mondo femminile nei campi che spaziano dalla politica all’intrattenimento, è stata vittima di quella che il mondo di internet ha definito “shit storm”. Una serie di insulti feroci, violenti, che mirano a distruggere, emotivamente e socialmente parlando, chi li riceve.
Presente, i famosi leoni da tastiera? Ecco, loro.
Ci vuole un gran coraggio. E forse il coraggio è il tema portante di questa nostra intervista.
Ce ne vuole per non lasciarsi intimidire dalla violenza altrui e per continuare a raccontare la nostra verità. A gran voce, a testa alta, con la schiena dritta anche quando fanno di tutto per spezzarla.
E ce ne vuole anche per non lasciarsi intimidire dal diabete.
Ce ne vuole per uscire da quel buco nero, ritrovarsi, riconoscersi di nuovo e dire a sé stessi e agli altri: “Eccomi.

A cura di Patrizia Dall’Argine