Una puntata verso l’alto

11-12-13/7/04 Una puntata verso l’alto

Nella più completa più completa incertezza per quanto riguarda le condizioni metereologiche, domenica 11 luglio siamo nuovamente saliti verso l’alto. Nikki, che sta seguendo i suoi ritmi di acclimatamento, ha raggiunto l’Half Camp, il così detto campo intermedio a 5340 mt. posto all’uscita del couloir (canale ghiacciato con forte pendenza) della parte inferiore dello sperone ovest. Patrizia, Daniele e Marco sono partiti con l’intento di trascorrere due notti ai campi alti. Il programma di lavoro prevedeva infatti il trasferimento delle tendine del campo 1, esposte alla caduta di valanghe lungo gli irti pendii, in un luogo più protetto e sicuro. Il Broad Peak è una montagna particolare per la forte pendenza ininterrotta fin sotto la cresta terminale e dunque scarseggiante di buone piazzole dove sistemare le tendine. Dopo tre ore di alacre lavoro, le tendine del campo 1 sono state riposizionate su un magnifico balcone roccioso a riparo da qualsiasi pericolo. In un raro pomeriggio di sole, riscaldati dai raggi e confortati dall’assenza di vento, i nostri si sono rilassati, quasi fosse stata una gita domenicale in alta montagna. Il panorama irradiato da una luce diamantina meritava la fatica: a sud il Circo Concordia con il Chogolisa che troneggiava imperioso; dall’altra parte del ghiacciaio Goldwin Austen l’inviolata parete nord del difficile Marble Peak e a nord incombente ed incommensurabile, il K2. Lunghi silenzi in contemplazione, straniati come per magia da qualsiasi obbiettivo e mira alpinistica, sospesi a mezz’aria. Tre amici che si sono divisi cibo, bevande e tenda: libertà leggera e assoluta. L’indomani mattina, di buon ora, con un discreto carico nello zaino, si sono infilati lungo le corde fisse (posizionate per rendere più facile e sicura salita e discesa della montagna) dei pendii superiori che dal campo 1 portano al campo 2. La notte appena trascorsa, troppo calda, è stata foriera di un immancabile peggioramento: Questa stagione pakistana ha assunto una brutta piega: tempo repentinamente mutevole con brevi schiarite di uno, due, al massimo tre giorni e poi nuvoloso con conseguenti copiose precipitazioni nevose, almeno sopra i 6000 mt. I nostri tre baldi giovani già verso le 8.30 del mattino erano al campo 2 dove hanno incontrato Alberto un altro componente del gruppo, che il giorno precedente era salito direttamente dal campo base in compagnia del suo portatore d’alata quota. Dopo una breve sosta, poichè il tempo non si decideva a peggiorare in modo più marcato, Patriazia, Daniele e Marco hanno deciso di proseguire verso l’alto. Nessuno in circolazione, neve pesante fin sotto al ginocchio, insomma una bella lotta! Sono riusciti a portare una tendina verso il teorico campo 3 (quota presunta 7200 mt) in quanto non ancora installato arrendendosi tra i 6500 ed 6700 mt.Un altro piccolo passo in avanti è stato compiuto, qualcosa in meno da caricarsi sulle spalle la prossima volta. La voglia e le energie non mancano, purtroppo le cattive condizioni metereologiche e della montagna soffiano in direzione opposta. Per la cronaca, su consiglio del capo spedizione, Gian Paolo, i tre dalla massima quota raggiunta sono scesi direttamente al campo base sotto una fitta nevicata proprio come succede in autunno, quando sulle nostre Prealpi, magari dopo una giornata uggiosa, verso sera una timida neve compare.

Inshallah.

Dissertazioni in ambito di diabete: un concetto di normalità

Domenica 11 e lunedì 12, Daniele e Marco insieme, si sono spinti fino o forse oltre i 6500 mt., sobbarcandosi i lavori più gravosi e compiendo le maggiori fatiche siano esse state battere traccia nella neve sprofondante oppure caricarsi di grandi pesi e tutto in completa autonomia ed autosufficienza. Marco lunedì mattina, dopo una rapida salita al campo 2, ha accusato una iperglicemia di 292 mg/dl prontamente registrata con tre unità di insulina rapida. A differenza di quanto si è verificato durante il trekking di avvicinamento, Marco ha ripreso la dose abituale di insulina lenta a causa della modificata efficacia dell’insulina in alta quota. Daniele e Nikki che utilizzano il microinfusore, hanno aumentato pure loro le dosi giornaliere di insulina rapida. Per un diabetico di tipo 1 che si dovesse trovare all’improvviso calato nella realtà che stiamo vivendo, dovrebbe prestare attenzione ad alcune considerazioni:

a) la scalata di una montagna di 8000 mt. prevede di norma uno, due forse tre giorni di intensa attività fisica in stato ipossico alternati da almeno altrettanti giorni di riposo e recupero (inattività pressoché totale);

b) la cucina dei campi base, sia essa nepalese o pakistana, è in prevalenza costituita da carboidrati, con presenza marginale di proteine e minima di sali minerali contenuti nelle verdure e frutta fresca. Certo, l’uso di integratori ovvia in parte il problema, ma non riequilibrano i capi saldi nutrizionali;

c) il controllo glicemico frequente (ogni due ore circa), indirizza versa una corretta comprensione dell’andamento metabolico orientando gli adeguamenti della terapia insulinica. I primi giorni si tratta di una navigazione “a vista ” poi, con il ripetersi degli eventi, si riacquista una certa normalità.

Nonostante la fatica prostrante del salire in alta quota, Marco e Daniele, hanno già ottenuto un loro piccolo successo: essere adeguati alla vita d’alta quota affrontando senza affanni gli altalenanti andamenti glicemici. Prevedere e prevenire, e quando non si riesce in ciò, correggersi. Salire ad una velocità di 300 mt. di dislivello all’ora tra i 5500 e 6500 mt. è frutto senz’altro di tanta preparazione atletica ma anche di una efficace, se non addirittura, di una corretta gestione del diabete e questa è una soddisfazione in più perché si tratta di una normalità raggiunta rispetto agli altri alpinisti d’alta quota non diabetici.

ADIQ