Anno 20 – n.2
La polizza equa
Cari assicuratori, perché non venite incontro ai diabetici? Perché pensate che siano una categoria ad alto rischio e non investite su quella che invece può essere una buona opportunità di mercato? Questi sono alcuni degli interrogativi che scaturiscono dall’intervista che abbiamo fatto al presidente della Fdg Antonio Cabras (alle pagine 4 e 5), il quale segnala quanto difficile sia ancora oggi per chi abbia il diabete stipulare una polizza-vita. Infatti, anche se in via di principio non esistono preclusioni, i diabetici che si assicurano sulla vita sono in realtà pochissimi, perché incontrano di solito o un rifiuto preventivo oppure una barriera insormontabile costituita da un sovrapremio eccessivo. Non vi è forse in questi ostacoli, che dopo tanti anni non sono ancora stati superati, una inesatta valutazione di che cosa sia veramente il diabete? E, se è giusto considerare che si tratta di una condizione particolare, che presenta qualche rischio in più di cui una compagnia assicuratrice non può non tenere conto, perché non studiare una polizza ad hoc per i diabetici? E’ anche la proposta di Cabras: una forma di contratto che certamente tuteli l’interesse della compagnia, ma che non penalizzi ingiustamente il diabetico, specialmente quando, come spesso avviene, è una persona che sa correttamente autocontrollarsi e mantenersi in buona salute. Crediamo che questa sia una buona strada da percorrere e, d’altra parte, ci dice Cabras, alcune compagnie l’hanno, almeno a parole, accolta come una proposta positiva. Perché dunque non passare ai fatti, magari prendendo a modello esperienze straniere interessanti come quella tedesca? Noi pensiamo che se assicuratori, pazienti e diabetologi avranno la pazienza di mettersi a discuterne insieme, una soluzione soddisfacente si potrà trovare.
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DIABETE E ASSICURAZIONI: UN PROBLEMA ANCORA APERTO
Voglio una vita assicurata
Non è facile per un diabetico stipulare una polizza-vita: non ci sono preclusioni di principio, ma ostacoli di fatto che portano spesso al rifiuto di aprire la pratica oppure a premi altissimi. Ne parliamo con il presidente della Fdg, Antonio Cabras, che con le compagnie ha aperto un dialogo per cambiare la situazione
In teoria si può, in pratica è molto difficile o molto oneroso. Stiamo parlando delle barriere che tuttora i diabetici incontrano nel campo delle assicurazioni sulla vita, un problema che in realtà si trascina da anni, anche se non se ne parla spesso. In via di principio, non esiste alcun veto che escluda i diabetici in quanto tali dalla possibilità di stipulare una polizza-vita. E neppure è automatico che i premi siano necessariamente altissimi, perché, per i casi di diabete come per tutte quelle situazioni che possano teoricamente presentare rischi particolari, esiste un sistema di valutazione predisposto per tenere conto della situazione del singolo assicurando, basato, oltre che sui dati della persona, su statistiche e parametri periodicamente aggiornati.
Esiste anche un’ulteriore garanzia, rappresentata dal Consorzio italiano per l’assicurazione dei rischi tarati (il Cirt), costituito dalle maggiori compagnie per distribuire rischi ritenuti particolarmente onerosi fra tutte le consorziate, senza farli pesare unicamente su una sola compagnia, consentendo così anche di ridurre al minimo i casi di rifiuto di copertura. In seno al Cirt, opera una commissione medica che, a richiesta, esamina la domanda del soggetto in base alla documentazione che lo riguarda (nel caso di un diabetico, età, tipo e durata della patologia, presenza di eventuali complicanze eccetera) e valuta il rischio di mortalità, successivamente tradotto in eventuale sovrapremio. Quindi, sempre in teoria, un diabetico ben compensato, giovane e in buona salute, dovrebbe trovarsi a pagare un sovrapremio irrisorio o addirittura nessun sovrapremio. Guardata da questo punto di vista, la situazione non sembrerebbe particolarmente critica. E invece?
“E invece il problema è sempre aperto e in tutti questi anni non è cambiato niente”, dice Antonio Cabras, presidente della Federazione italiana diabete giovanile, che sa bene di cosa parla, essendosi ripetutamente occupato del tema, con la sua associazione, e che tuttavia non ha perso le speranze di ottenere un cambiamento positivo.
Allora, secondo lei, una discriminazione esiste?
La discriminazione di fatto c’è, perché i diabetici sono considerati una categoria ad alto rischio e dunque evitano di assicurarli: le compagnie non vogliono rischiare niente e quindi la valutazione nei loro confronti è quasi sempre negativa. Quando è positiva, il premio da pagare quasi raddoppia. E finora è mancata la volontà di cambiare le cose.
Ma le compagnie non fanno una valutazione sul singolo individuo?
Sì, loro esaminano la situazione della singola persona e chiedono una documentazione sulla durata del diabete, le complicanze, eccetera. Su queste basi la compagnia sceglie se assicurare la persona o no, ma comunque sempre aumentando il premio da far pagare, Il fatto è che di solito le domande sono respinte anche quando il rischio è bassissimo. Noi abbiamo anche fatto prove concrete in varie città italiane (Napoli, Bari, Roma) proprio l’anno scorso: abbiamo mandato nostri soci di diverse età presso agenzie di varie compagnie assicurative a chiedere se potevano stipulare una polizza-vita e il rifiuto è stato netto. Normalmente le agenzie, sentendo che si trattava di persone diabetiche, rispondevano subito no, non si degnavano nemmeno di esaminare il caso o di aprire un discorso. In qualche caso facevano calcoli sui premi che alla fine prevedevano sempre forti aumenti.
Quindi, solitamente la barriera principale è rappresentata dalle agenzie?
Nella maggior parte dei casi già l’agenzia locale respinge la richiesta di assicurazione. Infatti spesso gli uffici centrali delle compagnie dicono che gli agenti possono sbagliare e rifiutarsi di aprire polizze che invece dovrebbero aprire. Ma quando il titolare dell’agenzia dice sì e manda la richiesta alla compagnia, questa di solito rifiuta, Se invece la compagnia accetta il caso, il terzo passaggio è quello del Cirt, con l’interevento della commissione medica alla quale è inviata la proposta con la documentazione sul richiedente. La commissione esamina i dati e fa una valutazione che è definita personalizzata. In realtà, non è così, perché quando, come abitualmente accade, il costo della polizza aumenta del 30-50% rispetto alla norma, non stanno più personalizzando: stanno semplicemente applicando un sovrapprezzo per il rischio che, a loro giudizio, la persona può portare alla compagnia. Ma senza fare una valutazione obiettiva, fondata su un rischio accertato.
Ma qualche diabetico che si assicura sulla vita c’è?
Sì, c’è qualcuno che la fa lo stesso, però pagando cifre altissime, E sono pochissimi. Oppure c’è chi la fa nascondendo la propria condizione, ma sbaglia: rischia di essere scoperto e di vedere quindi invalidata la polizza e di incorrere in un processo civile.
Per gli infortuni le cose vanno meglio?
No. Le compagnie non soltanto tendono a non assicurare i diabetici sulla vita, ma neanche sugli infortuni, per il timore di incidenti causati dal diabete. Anche se non è affatto dimostrato che al diabetico capitino più infortuni che agli altri.
Pensa che queste difficoltà dipendano da carenza di informazione sul diabete?
Secondo me, non è questa la ragione, perché l’informazione c’è e, comunque sia, le compagnie possono procurarsela o richiederla. E’piuttosto un pregiudizio, che va superato.
Voi avete qualche proposta precisa?
Noi vogliamo che un diabetico possa essere assicurato come tutte le altre persone, fatta una valutazione delle sue eventuali complicanze e della sua conoscenza della patologia. Se si vuole tenere conto della sua particolare condizione, si può pensare a una polizza speciale pensata per i diabetici.
Esistono esperienze estere che possono valere da riferimento?
Sì, perché in altri Paesi polizze per i diabetici esistono e in alcuni casi coprono anche i familiari superstiti. In particolare, noi ci ispiriamo al modello della Germania. Lì le compagnie fanno davvero una valutazione sul singolo soggetto diabetico e sullo stato della sua patologia, ma considerano, oltre al compenso metabolico e allo stato di salute generale, anche l’interazione fra paziente e diabetologo: guardano cioè se c’è buona relazione con il medico e con la struttura diabetologica. Si instaura un discorso con il diabetico, valutando anche, se così si può dire, l’intelligenza del paziente, la sua capacità di gestione, perfino se il soggetto pratica o no attività fisica. Questo perché esistono dialogo e collaborazione tra compagnie, associazioni dei pazienti e società scientifiche. Sono cose che qui in Italia non si è mai pensato di fare.
Che cosa rispondono le compagnie alle vostre richieste?
Noi abbiamo avviato un dialogo con le assicurazioni. Ci sono compagnie che ci hanno detto che avrebbero formulato una proposta di polizza per diabetici, ce l’avrebbero sottoposta e noi, con l’aiuto dei nostri consulenti, l’avremmo valutata. Questa proposta però non si è mai vista.
Ma voi vi sentite scoraggiati?
No, no. Noi continuiamo a tenere aperto il discorso, perché abbiamo verificato che in realtà ci sono compagnie interessate ad aprire il mercato e quindi anche a occuparsi di questo problema. Però esistono resistenze che impediscono l’evolversi della situazione. In realtà, secondo noi, è un errore non investire in questo campo: quella delle polizze per diabetici è una opportunità, non un rischio. Si possono immaginare tante ipotesi per trovare una soluzione.
Vuol farci qualche esempio?
Si potrebbe ipotizzare che le compagnie, per dare maggiore possibilità all’accoglienza della pratica, chiedano e accettino una certificazione del diabetologo che il soggetto ha un ottimo compenso metabolico Si potrebbero studiare condizioni alternative all’aumento del premio: per esempio, il premio resta normale, ma il soggetto si impegna ad assicurare con la stessa compagnia anche l’automobile. Oppure, ancora, si potrebbe prendere in considerazione l’intelligenza, la conoscenza, la capacità di autogestirsi e tenersi in buona salute del soggetto e premiare il suo buon comportamento dando maggior valore alla sua assicurazione: questo sarebbe per la persona un incentivo in più a controllarsi meglio, ad avere maggiore cura di sé. Sono soltanto alcune ipotesi, ma si può discuterne.
Secondo lei, che cosa si può concretamente fare oggi?
Noi siamo del parere che le compagnie dovrebbero sedersi a un tavolo insieme con le associazioni dei diabetici e con le organizzazioni scientifiche: sarebbe l’ideale. Il mio è un appello rivolto a tutti. E’ necessaria una collaborazione fra tutti e tre i soggetti per studiare una polizza assicurativa che consenta finalmente al diabetico di usufruire per davvero di questo servizio,
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La polizza della Fand
Nell’ambito del tema “diabete e assicurazioni”, merita di essere segnalata l’iniziativa della Fand-Associazione italiana diabetici di una polizza assicurativa gratuita sugli infortuni, professionali ed extra professionali, a favore dei diabetici soci. La polizza copre i soggetti diabetici, di tipo 1 e 2, di età non superiore a 75 anni.
Il risultato ottenuto dalla Fand è importante perché la collettività dei pazienti diabetici è stata riconosciuta ente beneficiario di copertura assicurativa e perché ha sancito il principio che “il diabetico non è un diverso”. Per informazioni, rivolgersi alla Fand, telefonando ai numeri 02.2570176 oppure 800.820082.